Hamas accetta solo la parte “comoda” del piano di Trump

di Giovanni Donato
4 Ottobre 2025 9:32 Aggiornato: 4 Ottobre 2025 9:32

Hamas accetta di liberare tutti gli ostaggi israeliani e alcune parti della proposta di pace americana, tra cui la rinuncia al controllo sulla Striscia di Gaza. Ma precisa che ulteriori disposizioni richiederanno approfondite consultazioni tra le diverse componenti palestinesi. La risposta è stata trasmessa da Hamas a Egitto e Qatar, nazioni arabe “vicine” a Hamas stessa e che stanno svolgendo un ruolo di mediazione con l’Occidente.

In una dichiarazione ufficiale, l’organizzazione terroristica afferma di accettare il piano degli Stati Uniti per porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza e di essere disposta a avviare negoziati, tramite dei mediatori, per discutere i dettagli dell’attuazione del piano. Hamas si definisce disposta a abbandonare Gaza: dichiarato di rinunciare a potere politico e di accettare di «trasferire l’amministrazione della Striscia di Gaza a un organismo palestinese indipendente tecnico, basato sul consenso nazionale palestinese e contando sul sostegno arabo e islamico».

Comprensibilmente, Donald Trump ha subito “cantato vittoria” sui social: «Sulla base della recente dichiarazione rilasciata da Hamas, ritengo che siano pronti per una pace duratura. Israele deve interrompere immediatamente i bombardamenti su Gaza, così da consentire la liberazione sicura e veloce degli ostaggi». In seguito, tramite un messaggio video pubblicato su Truth, il presidente americano si è espresso con toni più prudenti: «Vedremo come andrà a finire — ha affermato nel video — Serve che le intese vengano tradotte in fatti concreti. Io spero fortemente di vedere presto gli ostaggi riabbracciare le proprie famiglie».

Ma Hamas non sta accettando l’intero “pacchetto”: tutt’altro. Hamas sta solo accettando di riprendersi più di mille terroristi detenuti nelle carceri israeliane in cambio dei civili rapiti il 7 ottobre 2023.
È senz’altro vero che, nel suo comunicato, l’organizzazione terroristica ha detto di accettare di liberare gli ostaggi secondo la formula di scambio prevista dal piano di pace (poche decine di civili israeliani contro centinaia di terroristi palestinesi ergastolani), qualora siano soddisfatte le condizioni necessarie, ed è pure vero che Hamas si è detta d’accordo anche nel consegnare l’amministrazione della Striscia di Gaza a un organo palestinese composto da “tecnici” indipendenti, sulla base di una intesa nazionale palestinese e con il sostegno degli Stati arabi e islamici. Indubbiamente, che decine di persone tenute in ostaggio da due anni tornino a casa è una grande notizia (per usare un eufemismo), anche se in cambio saranno liberate centinaia di terroristi che, verosimilmente, potranno subito riprendere a uccidere persone innocenti (ma questa è una decisione presa dal governo israeliano).

Ma l’aspetto, a nostro avviso, più importante è che nella sua dichiarazione ufficiale, Hamas non ha affrontato le principali richieste di quello che non è un semplice accordo di “scambio prigionieri”, ma piuttosto un piano di pace onnicomprensivo per la totale riorganizzazione e rifondazione istituzionale della Palestina.
Un piano in cui figurano la richiesta di disarmo e di resa incondizionata, l’eliminazione di tutte le infrastrutture terroristiche o offensive (quali tunnel e fabbriche di armamenti), la rinuncia esplicita a qualsiasi ruolo politico, militare o amministrativo nella futura gestione della Striscia di Gaza (dopo il termine della fase di transizione governata dai “tecnici”), l’impegno a rinunciare al controllo su Gaza non solo formalmente, ma anche sostanzialmente, ossia in termini di influenza e/o di partecipazione indiretta al futuro quadro istituzionale palestinese.

Su tutto questo, Hamas tace. Astutamente. La sua dichiarazione recita infatti: «Quanto affermato nella proposta di Trump riguardo al futuro della Striscia di Gaza e ai diritti del nostro popolo è legato a una posizione nazionale che sarà discussa nell’ambito di un quadro nazionale palestinese completo. Le questioni relative al futuro della Striscia di Gaza saranno discusse nell’ambito di un quadro nazionale palestinese completo, con Hamas come membro e contribuendovi con piena responsabilità».
Dopo la diffusione della dichiarazione ufficiale, Musa Abu Marzouk, alto funzionario dell’ufficio politico di Hamas, ha dichiarato a Al Jazeera: «La priorità è fermare la guerra e il massacro e, da questa prospettiva, abbiamo risposto positivamente al piano». E poi: «La consegna degli ostaggi e dei corpi entro 72 ore è teorica e irrealistica nelle attuali circostanze […] Noi abbiamo concordato a livello nazionale di affidare la gestione di Gaza a individui indipendenti, affidando all’Autorità Nazionale Palestinese la responsabilità di questo. Definire il futuro del popolo è una questione nazionale, e Hamas non può decidere da sola». 

Lunghi giri di parole che, secondo chi scrive, potrebbero avvalorare la tesi secondo cui Hamas – vista la mala parata – ora starebbe solo cercando di guadagnare più tempo possibile per riorganizzarsi e ripiegare, forse in Cisgiordania forse in Pakistan, come questo giornale ha riportato negli ultimi giorni.
A ben vedere, infatti, Hamas accetta in modo esplicito – e senza problemi – l’unica parte dell’accordo che torna a suo totale vantaggio: la liberazione degli ostaggi (una cosa che “non costa nulla”) contro il ritorno a casa di centinaia e centinaia di compagni terroristi.

 

Iscriviti alla nostra newsletter - The Epoch Times