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Trovato in un numero del 15 febbraio 1936 di The Tablet un riferimento a poesie Tolkien

La ritrovata poesia del Natale di JRR Tolkien

La scoperta di una poesia di Tolkien ha portato alla luce una bella riflessione sul Natale

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All’inizio del 2013, gli appassionati dello scrittore fantasy John Ronald Reuel Tolkien hanno ricevuto una notizia sorprendente: due poesie dell’autore britannico che si credevano perdute, sono state ritrovate in uno sconosciuto giornale scolastico del 1936. Considerata la passione di Tolkien per mappe e manoscritti antichi, è una giusta coincidenza che la sua poesia sia stata scoperta da due studiosi dello scrittore, Wayne Hammond e Christina Scull, mentre spulciavano tra vecchi archivi.
I due ricercatori hanno trovato in un numero del 15 febbraio 1936 di The Tablet un riferimento a “una o due poesie” di Tolkien pubblicate in un periodico chiamato Abingdon Annual o Abingdon Chronicle e, dalle loro indagini, è emerso che in realtà il periodico era The Annual, pubblicato dalla Our Lady’s School di Abingdon (vicino a Oxford). Preso contatti con la scuola, gli studiosi hanno potuto ottenere una copia di quel numero del 1936, che conteneva due poesie di Tolkien ormai dimenticate: una prima versione di The Shadow Man (L’uomo ombra) poi pubblicata in una raccolta nel 1962, e la poesia natalizia Noel. Nel 1936 Tolkien era ancora un autore sconosciuto, la sua prima opera degna di nota, Lo Hobbit, sarebbe apparsa solo l’anno successivo. Lo stile tradizionale dei suoi versi gli rendeva difficile pubblicare su riviste letterarie importanti, che puntavano più sul modernismo letterario di moda all’epoca. È possibile che Tolkien conoscesse collaboratori della scuola, rendendola un luogo possibile per la pubblicazione.
In ogni caso, siamo fortunati ad aver recuperato la deliziosa piccola meditazione natalizia Noel che, a differenza della maggior parte dell’opera di Tolkien, è esplicitamente cristiana: la fede cattolica ha influito su tutta la sua produzione, ma qui tale presenza è inequivocabile e diretta. Tuttavia, l’ambientazione e le immagini rendono la poesia perfettamente in linea con l’opera fantasy di Tolkien ambientata nella Terra di Mezzo. Vi si può ritrovare una serie di collegamenti tematici e simbolici, include riferimenti a una spada, a sentieri selvaggi e a una grande sala, tutti elementi che ricordano le narrazioni della Terra di Mezzo.

Illustrazione di H.R. Millar tratta dal libro del 1903 The One Strand River, and Other Fairy Tales. Tolkien credeva che le fiabe fossero parte integrante della cultura letteraria di una persona a tutto tondo. Pubblico dominio

Nel saggio On Fairy Stories, Tolkien usa il neologismo eucatastrofe come elemento chiave di una narrazione fantasy degna di questo nome. L’eucatastrofe è il preciso momento in cui le cose sembrano essere al punto più drammatico e in cui un colpo di scena inaspettato porta a uno sviluppo positivo. Secondo Tolkien, la nascita di Cristo è stata la grande eucatastrofe della storia umana: nel momento in cui tutto sembrava precipitare, Dio si è manifestato in modo potente e inaspettato per portare nuova speranza nel mondo.
Questa progressione dalla disperazione alla speranza improvvisa è evidente nella struttura della poesia, che passa dalle iniziali immagini cupe, fredde, silenziose e desolate a immagini luminose, piene di speranza, luce e musica nella parte finale. Il momento di maggiore disperazione diventa improvvisamente il momento di maggiore speranza.

Foto colorata di Tolkien risalente agli anni ’40. TuckerFTW/CC BY-SA 4.0

Tolkien compone con la metrica della ballata, un tipo di versi tradizionalmente associato a storie e narrazioni e riflette il fatto che Tolkien considerava il Natale come una narrazione centrale nella storia del cosmo. Attingendo alla tradizione dell’inglese antico, fa ampio uso dell’allitterazione. Osservando la prima strofa si nota come certi suoni riecheggino all’interno di alcuni versi:
Grim was the world and grey last night:
The moon and stars were fled,
The hall was dark without song or light,
The fires were fallen dead.
The wind in the trees was like to the sea. 
Il mondo era cupo e grigio ieri sera:
La luna e le stelle erano scomparse,
La sala era buia, senza canti né luci,
I fuochi si erano spenti.
Il vento tra gli alberi era simile al mare.
I suoni allitterativi della “s” nell’ultimo verso imitano il sibilo e il sospiro del vento, contribuendo a creare l’atmosfera fredda e desolata del primo. Ma seguendo il motivo dell’eucatastrofe, anche la prima strofa termina con una nota di speranza:
And over the mountains’ teeth
It whistled bitter-cold and free,
As a sword leapt from its sheath.
E sopra i denti delle montagne
Fischiava freddo e libero,
Come una spada che balza dal fodero.
Considerando il contesto della poesia e altri scritti di Tolkien, la spada ha probabilmente una connotazione positiva: suggerisce l’idea di una resistenza eroica all’assalto del male e dell’oscurità. L’importanza della spada come simbolo di speranza è evidente in una poesia dedicata al personaggio di Aragorn nel romanzo Compagnia dell’anello, in cui recita: «Dalle ceneri si risveglierà un fuoco / una luce sboccerà dalle ombre / La lama spezzata sarà rinnovata / Il senza corona sarà di nuovo re». Il riforgiare la lama e la sua rinascita segnano il ritorno del vero re e la sconfitta del male. Il parallelo con il Natale è qui evidente.
La seconda strofa continua con lo stesso ritmo cadenzato della ballata, segue più o meno lo stesso schema della prima: un paesaggio invernale desolato viene evocato con un linguaggio descrittivo vivido, ma proprio alla fine un improvviso barlume di speranza illumina la narrazione:
The world was blind,
the boughs were bent,
All ways and paths were wild:
Then the veil of cloud apart was rent,
And here was born a Child.
Il mondo era cieco,
i rami erano piegati,
Tutte le strade e i sentieri erano selvaggi:
Poi il velo di nuvole si squarciò,
E qui nacque un Bambino.
Questa strofa segna una svolta, qui Tolkien inizia a enfatizzare immagini e suoni più speranzosi come una luce lontana, una stella, le campane del Cielo e della Terra e una voce improvvisa canta. È la voce di Maria:
Mary sang in this world below:
They heard her song arise
O’er mist and over mountain snow
To the walls of Paradise.
Maria cantava nel mondo terreno:
Sentirono la sua canzone levarsi
Sopra la nebbia e sopra la neve delle montagne
Fino alle mura del Paradiso.
Il canto di Maria, simbolo di pace, gioia e amore per Dio, si eleva al di sopra del male simboleggiato dal freddo, dal buio e dalla neve, si eleva fino al cielo e fa suonare le campane celesti. Il canto di Maria, che appare per la prima volta a metà della poesia, inizia a permeare il resto dei versi, infondendo loro una luce e una gioia crescenti. L’immagine cupa, desolata e invernale svanisce sempre più, lasciando spazio al calore, alla luce e all’allegria natalizia. L’ultima strofa è lo specchio opposto della prima:
Glad is the world and fair this night
With stars about its head,
And the hall is filled with laughter and light,
And fires are burning red.
The bells of Paradise now ring
With bells of Christendom,
And Gloria, Gloria we will sing
That God on earth is come.
Felice è il mondo e bella questa notte
Con le stelle sopra la sua testa,
E la stanza è piena di risate e luce,
E i fuochi ardono rossi.
Le campane del Paradiso ora suonano
Con le campane della cristianità,
E Gloria, Gloria canteremo
Che Dio è venuto sulla Terra.
Mentre all’inizio della poesia il mondo era cupo, ora è gioioso: dove prima la stanza era fredda e silenziosa, ora è piena di risate e luce e di un fuoco scoppiettante e allegro. La ripetizione di Gloria risuona come le campane della cristianità ed esprime qualcosa dello spirito esultante della gioia natalizia. Un cuore pieno di tanta gioia e perso nello stupore ripete Gloria, Gloria!

La calda luce di una chiesa di campagna si diffonde nella nebbia. Vigilia di Natale a Old Rattray, Scozia. Mike Pennington/CC BY-SA 2.0

In questa piccola magica poesia, Tolkien ha creato un’opera ispiratrice che racchiude il rinnovamento, la rinascita e la speranza inaspettata del Natale. Allo stesso tempo, l’ambientazione suggestiva ci ricorda i paesaggi fantastici di suoi altri racconti. Sia in questa poesia che nella sua opera più ampia, Tolkien dipinge per noi un altro mondo che in qualche modo è anche questo mondo.