T.S. Eliot e come si riconosce un’Opera Classica

di Redazione ETI/Walker Larson
9 Ottobre 2025 21:18 Aggiornato: 14 Ottobre 2025 9:50

Parliamo spesso qui del grande patrimonio costituito dalla letteratura classica. Ma cos’è esattamente un classico? Come possiamo definire questa idea? E in che modo la sua definizione può approfondire la comprensione e l’apprezzamento di questo genere di opere?

Il poeta, drammaturgo e saggista britannico-americano Thomas Stearns Eliot (1888-1965) ha affrontato proprio questa questione in un discorso tenuto nel 1944 alla Virgil Society e pubblicato nel 1945 col titolo Che cos’è un classico, in cui  dà una preziosa definizione a difesa del concetto di “classico”. La sua analisi merita di essere esaminata come contributo per chiunque cerchi di capire cosa sia un classico e perché sia importante. Per spiegarlo, Eliot prende come modello l’Eneide di Virgilio, pur facendo riferimento ad altri grandi autori come Chaucer, Dante e Shakespeare. Usa il termine “classico” in senso stretto, non solo per descrivere ogni grande opera letteraria, ma un tipo specifico di grande opera.

T.S. Eliot in una foto d’epoca, 1920. Pubblico dominio.

Spiega: «Il classico deve, entro i propri limiti formali, esprimere il massimo possibile della gamma di sentimenti che rappresentano il carattere delle persone che parlano quella lingua. Lo dovrà rappresentare al meglio, ottenendo grande interesse nel mondo di cui fa parte, e troverà riscontro in tutte le classi e condizioni sociali».

In altre parole, un classico è un’opera che racchiude pienamente l’identità e la cultura di un determinato popolo, poiché utilizza la sua lingua nella misura più ampia possibile. In questo modo offre a un popolo una comprensione profonda e ricca del proprio passato, del presente e del futuro. Un classico nasce in un momento chiave della Storia, quando tutte le condizioni sono favorevoli; incarna una lingua e una cultura, rappresentando una testimonianza permanente del meglio di quella cultura e delle sue parole.

Proprio per questo motivo, si rivolge a un vasto pubblico. Un classico di una determinata nazione parlerà alle persone di tutte le età e condizioni di quella nazione, e un classico autenticamente universale parlerà alle persone di ogni età, condizione e nazione. Dice Eliot: «Quando un’opera letteraria ha, oltre a questa completezza della propria lingua, una rilevanza pari a quella di numerose letterature straniere, possiamo dire che ha anche universalità».

Ricardo Balaca, illustrazione di Don Chisciotte tratta dall’edizione del 1879 dell’opera Don Chisciotte. Questo classico è una delle opere più famose della letteratura spagnola. Dzlinker/CC BY-SA 2.0

Una delle qualità di un classico è la capacità di commuovere, toccare e illuminare un gran numero di persone appartenenti a una cultura e persino a culture diverse. Secondo Eliot, una tale opera deve nascere anche da un senso di Storia e tradizione, in armonia con «l’originalità della generazione vivente». Affonda cioè le radici nel passato e protende i rami nel futuro: così i più grandi classici trascendono non solo i confini culturali, ma anche i limiti del tempo.

Forse per questo Eliot affermava che «è solo col senno di poi, e in una prospettiva storica, che un classico può essere riconosciuto come tale». La testimonianza del tempo e delle generazioni successive ci aiuta a identificare i veri classici, opere non confinate in un unico luogo o epoca. Opere che esprimono l’essenza di una cultura, ma riconoscere la voce autentica di una particolare cultura non è sempre possibile se non a posteriori.

Tenendo presente questa definizione generale, quali sono dunque le circostanze che secondo Eliot devono convergere per dare origine a un classico? Nella sua analisi, l’elemento fondante è quello che chiama «maturità», che nasce simultaneamente nella cultura, nel linguaggio e nello scrittore. Scrive: «Se c’è una parola su cui possiamo fissarci, che chiarisce al massimo ciò che intendo con il termine ‘classico’, è la parola maturità. … Un classico può nascere solo quando una civiltà è matura, quando una lingua e una letteratura sono mature, e deve essere opera di una mente matura».

Eliot evita di definire direttamente che cosa intenda per “maturità”. Si limita a dire: «Se siamo persone veramente mature, oltre che istruite, possiamo riconoscere la maturità in una civiltà e in una letteratura, così come la riconosciamo negli altri esseri umani che incontriamo». Sulla base del tenore generale del pensiero di Eliot, possiamo dedurre alcuni aspetti di questa maturità: essa include la consapevolezza del passato e del proprio posto nella Storia, l’interesse per argomenti seri, l’eleganza e la complessità del linguaggio. L’idea che una lingua possa maturare nel corso dei secoli è uno dei punti più sorprendenti e penetranti di Eliot. Sosteneva che «una letteratura matura ha quindi una Storia alle spalle: una Storia che non è solo una cronaca, un accumulo di manoscritti e scritti di vario genere, ma un progresso ordinato, anche se inconscio, di una lingua verso la realizzazione delle proprie potenzialità entro i propri limiti».

Una lingua matura è quella che si è sviluppata fino a raggiungere la sua massima espressione, realizzando tutte le sue possibilità intrinseche. Eliot osserva che sia i singoli scrittori che i periodi letterari nel loro complesso possono possedere vari gradi di maturità. In una certa misura, l’opera di qualsiasi autore sarà limitata dal contesto in cui appare. Gli scrittori riflettono la cultura in cui scrivono: «La maturità di una letteratura riflette quella della società in cui è prodotta; un singolo autore, in particolare Shakespeare e Virgilio, può fare molto per sviluppare il proprio linguaggio, ma non può portare quel linguaggio alla maturità, a meno che l’opera dei suoi predecessori non lo abbia preparato per il suo tocco finale».

Dopo aver esposto i principi generali, Eliot continua spiegando perché l’Eneide di Virgilio sia il classico per eccellenza: sostiene in modo convincente come il poema, che racconta la leggendaria fondazione di Roma da parte di Enea, possieda ogni forma di maturità necessaria per un classico, dando espressione al cuore della civiltà romana.

Una scena dall’Eneide di Virgilio: la Sibilla Cumana guida Enea attraverso gli inferi. Incisione. Collezioni iconografiche. (Pubblico dominio)

In primo luogo, Publio Virgilio Marone (70-19 a.C.) possedeva una conoscenza della storia romana che gli permetteva di riconoscere il ruolo ricoperto da Roma nella Storia mondiale, una visione d’insieme del suo significato e della sua storia. Aveva compreso il rapporto esistente tra Roma e la civiltà greca che l’aveva preceduta, e la sua capacità di portare in futuro ordine nel mondo. Aveva una visione del destino di Roma sulla scena mondiale, e questo è uno degli aspetti che distinguono e rendono classica la sua opera.

È proprio questo sviluppo di una letteratura, o di una civiltà, in relazione a un’altra che conferisce un significato particolare al tema dell’epopea virgiliana: dietro la storia di Enea si cela la consapevolezza di una distinzione più radicale, una distinzione che è al tempo stesso un’affermazione di affinità tra due grandi culture e, infine, della loro riconciliazione sotto un destino onnicomprensivo. «La maturità mentale di Virgilio e la maturità della sua epoca si manifestano in questa consapevolezza della Storia».

Insieme a questa visione della Storia della civiltà, Virgilio attingeva anche a una storia letteraria che stava raggiungendo la maturità. Il suo modo di scrivere nasceva dagli sviluppi precedenti, creando nel contempo uno stile unico che influenzerà i poeti successivi; in un certo senso, la sua poesia raggiunse l’apice di quello che la poesia latina poteva essere. Dice Eliot: «I poeti successivi vissero e lavorarono all’ombra della sua grandezza, così che li lodiamo o li biasimiamo secondo i criteri che egli stabilì». Sottolinea inoltre che il latino e il greco forniscono la base migliore per creare una letteratura “classica” veramente universale, perché costituiscono l’eredità comune della cultura occidentale. Appartengono a tutti, non a una singola nazione o popolo. L’Eneide di Virgilio fu scritta in un momento particolarmente cruciale per la letteratura, la Storia e la cultura. Come poema romano più importante, rappresenta il fondamento di quella civiltà che ha dato origine alla nostra.

Thomas Cole, Il corso dell’impero: il compimento dell’impero, 1836. New York Historical Society. Un impero deve essere maturo prima che possa nascere un classico. Pubblico dominio

Eliot conclude: «La completezza [di Virgilio] è dovuta alla posizione unica che l’Impero Romano e la lingua latina occupano nella nostra storia: una posizione che si può dire conforme al loro destino. … Come Enea sta a Roma, così l’antica Roma sta all’Europa. Virgilio rappresenta la centralità dell’autentico classico: è al centro della civiltà europea».

La profonda comprensione di Eliot dell’importanza di Virgilio e della natura di un classico ci aiuta ad apprezzare meglio i grandi libri del passato, in particolare quelli che, come l’Eneide, ci aiutano a capire sia da dove veniamo sia chi siamo oggi come cultura.

 


Iscriviti alla nostra newsletter - The Epoch Times