Cina, oltre al genocidio la beffa

In Cina i prigionieri dei campi di lavoro e delle carceri vengono usati come banca d’organi vivente, a uso di facoltosi malati spesso provenienti dall’estero. Questo è già noto da tempo. Ma secondo il dottor Huige Li, del centro medico dell’Università Johannes Gutenberg di Mainz in Germania, le autorità comuniste cinesi con dichiarazioni incoerenti e false si stanno prendendo gioco della comunità internazionale.

Il dott. Li è intervenuto come relatore presso un congresso tenuto il 23 aprile a Roma dall’Associazione Medici contro il prelievo forzato di organi (Dafoh) insieme all’avvocato dei diritti umani David Matas e all’avvocato specializzato in bioetica Emanuela Midolo.

Nel 2007, racconta Huige Li, l’Associazione Medica Cinese ha inviato una lettera all’Oms promettendo di cessare il prelievo organi dai prigionieri. In sostanza è stata «una menzogna, in vista dei giochi olimpici del 2008», sostiene il medico. Huang Jiefu, la persona a capo del sistema dei trapianti in Cina, aveva anche affermato che entro il 2015 il sistema avrebbe previsto solo donazioni. Ma era «solo un annuncio mediatico – spiega il dott. Li – non venne promulgata né una legge, né un regolamento», solo propaganda pubblicata dalla stampa di regime cinese, insomma. Lo stesso Huang ha poi dichiarato al New York Times che «attualmente non è permesso prendere organi dai prigionieri, ma questo non significa che abbiamo smesso di farlo».

Inoltre, la versione ufficiale è cambiata più volte: nel 2001 la Cina affermava che tutti gli organi provenivano da donatori volontari; nel 2006 che venivano quasi tutti da prigionieri condannati a morte, e nel 2015 di nuovo da volontari.

PRELIEVO FORZATO DI ORGANI DA PERSONE VIVE

Come se il prelievo dai prigionieri condannati a morte non fosse abbastanza grave dal punto di vista etico, ci sono solide prove e numerose testimonianze che documentano l’uccisione di prigionieri di coscienza direttamente a scopo di trapianto.
Queste persone subiscono il prelievo mentre sono ancora vive, allo scopo di garantire la freschezza dell’organo, e muoiono durante il prelievo. Non si parla solo di reni, ma anche di cuore, fegato e cornea. Le principali vittime sono oltretutto oggetto, dal 1999, di una delle più feroci (e meno denunciate) persecuzioni della Storia: i praticanti della disciplina cinese del Falun Gong. Una persecuzione spietata e inumana, fatta di arresti, condanne senza processo (o infondate) e anni di detenzione illegale in carceri e centri di tortura, dove aguzzini specializzati perpetrano le più atroci e inimmaginabili tecniche di sevizia.

«Durante la mia visita a Pechino nel 2007 un ospedale ci ha invitato a osservare un’operazione di trapianto di cuore – ha riferito Franz Immer, presidente della Fondazione Nazionale per le Donazioni e i Trapianti di Organi della Svizzera, citato durante la conferenza – L’organizzatore ci ha chiesto se volevamo vederla nella mattina o nel pomeriggio. Questo significava che il donatore sarebbe morto o stato ucciso in un momento preciso, in base alla volontà dei visitatori. Ho quindi rifiutato di partecipare».

A sostegno dell’accusa mossa al regime cinese ci sono sia prove indirette che confessioni dirette. Per esempio Bai Shuzhong, ex ministro della Salute dell’Esercito di Liberazione del Popolo, ha affermato (durante una telefonata effettuata da investigatori che si fingevano autorità cinesi) che per i prelievi forzati «c’era un ordine, una specie di direttiva […] Dopo che il presidente Jiang ha emanato l’ordine, abbiamo fatto molto lavoro anti-Falun Gong».

Jiang Zemin ha governato la Cina come capo del Partito Comunista tra il 1989 e il 2002, ed è il principale responsabile della persecuzione del Falun Gong. Quella di Bai Shuzhong e altre affermazioni – come quella del dottor Chen Rongshan, il quale afferma che i 568 trapianti di rene da lui seguiti «erano stati autorizzati dai tribunali» – mostrano come il sistema di prelievo forzato di organi sia non solo tollerato, ma protetto e attivamente organizzato dallo Stato.

LA LEGGE ITALIANA

L’articolo 5 del Codice Civile – spiega l’avvocato Emanuela Midolo, dottore in bioetica – stabilisce come prerequisiti della donazione di organo, la libera, informata e pienamente cosciente espressione di volontà da parte del donatore, il cui unico fine è evidentemente quello di agire in nome di un Bene superiore. Inoltre vari documenti dell’Unione Europea stabiliscono la necessità di un’adeguata informazione e di attenzioni mediche a lungo termine, sia per il donatore che per il ricevente, oltre che l’assenza di ogni genere di compenso economico e di qualsiasi tipo di pressione.

Nonostante l’esistenza di alcune leggi, l’Italia non ha ancora completato la ratifica della Convenzione di Oviedo che nel capitolo 7 proibisce il compenso economico per la vendita di una parte del corpo. In Italia è anche ferma una legge – scritta dal senatore (e medico) Maurizio Romani – nata proprio per contrastare quello che avviene in Cina, che punirebbe sia il traffico di organi che i medici che consigliano ai pazienti di recarsi in Cina per effettuare un trapianto saltando le liste d’attesa. La legge è passata al Senato quasi all’unanimità da diversi mesi, ma è attualmente ferma, in attesa di calendarizzazione, alla Camera.

LA LOTTA DI POTERE IN CINA

«Nel 2006 – racconta l’avvocato dei diritti umani David Matas, candidato al Nobel per la Pace nel 2010 – io e David Kilgour [ex magistrato ed ex ministro degli Esteri canadese, i due hanno realizzato insieme il famoso Matas & Kilgour Report: la prima inchiesta a dimostrare il prelievo forzato di organi in Cina, ndr] siamo stati incaricati di indagare su delle dichiarazioni rese pubbliche a Washington nel 2006 riguardo ai praticanti del Falun Gong uccisi in Cina per i loro organi».
L’infaticabile avvocato Matas, viaggia ininterrottamente in tutto il mondo da dieci anni, senza risparmiarsi nelle indagini e nella sensibilizzazione sul problema del prelievo forzato di organi in Cina.

L’avvocato Matas, l’onorevole Kilgour e numerosi altri esperti di diritti umani e giornalisti, hanno collaborato in diverse indagini indipendenti che hanno dato vita a studi e libri, come Organi di Stato, disponibile anche in italiano.

La conferenza della Dafoh di Roma è solo una delle numerose attività di sensibilizzazione che David Matas e altri esperti di diritti umani, medicina e Diritto organizzano in tutto il mondo.

Nel suo intervento alla conferenza, Matas ha parlato degli ultimi sviluppi, citando i cambiamenti politici in Cina. Sotto il governo di Xi Jinping, attuale leader cinese, numerosi funzionari coinvolti nella persecuzione del Falun Gong sono in effetti stati arrestati, ma con la motivazione ufficiale di corruzione. Alla sua nomina a capo del Pcc, era diffusa la speranza che Xi Jinping avrebbe accusato questi fuzionari direttamente della persecuzione, ma Matas afferma di aver perso questa speranza, e di ritenere che Xi sia semplicemente un dittatore ‘alternativo’ che si oppone a Jiang Zemin: «Xi Jinping è contro Jiang Zemin, ma in realtà è contro chiunque si opponga al suo potere. Ha colpito giornalisti, sostenitori dei diritti umani e qualsiasi persona fosse contro di lui».

Matas ha annunciato la pubblicazione di un suo nuovo studio su questa immane tragedia: lungo centinaia di pagine, mostrerà anche tutte le statistiche per ogni ospedale cinese coinvolto nel prelievo forzato di organi.

«Il Partito Comunista Cinese è immune alle critiche – spiega Matas – ma i professionisti dei trapianti danno valore all’opinione che hanno di loro i colleghi esteri». È quindi importante che sia la comunità medica a muoversi. Ultimamente, a diversi dottori cinesi è stato negato di pubblicare ricerche all’estero, a meno che non dimostrassero incontrovertibilmente l’assenza di legami con il crimine dei trapianti di organi ottenuti con prelievo forzato.

Questo ‘Davide’ non ha nessuna fiducia in un cambiamento spontaneo del ‘Golia’ cinese: «più le cose cambiano e più rimangono le stesse», osserva asciutto riferendosi ai cambiamenti solo apparenti che avvengono in Cina.

Ma, nonostante questo gattopardesco ‘cambiar tutto perché nulla cambi’, l’avvocato Matas ha massima fiducia nel grande lavoro di sensibilizzazione che da tanti anni svolge (e, per inciso, gratuitamente: Matas si occupa del prelievo forzato di organi in Cina senza percepire alcuna remunerazione).

Anche una sola persona che conosce la verità può fare una grande differenza, ha commentato Matas dopo la conferenza. E lui, che di diritti umani si occupa ormai da quasi 40 anni, ne sa sicuramente qualcosa.

 
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