Il decreto esecutivo emanato il 27 gennaio 2025 dal Presidente Trump, che ordina lo sviluppo e la messa in campo di un sistema di difesa aerea e antimissile denominato Golden Dome per la protezione del territorio statunitense, rappresenta al contempo un’opportunità e una sfida per il ministero della Difesa. I vertici militari sono chiamati a rivedere il processo con cui vengono elaborate e validate le esigenze operative per un sistema integrato di difesa aerea e antimissile, al fine di conseguire gli ambiziosi obiettivi fissati dal decreto.
Attualmente, il territorio nazionale statunitense è esposto a una vasta gamma di minacce provenienti dal cielo e dallo spazio. Tra queste figurano i moderni missili balistici intercontinentali lanciati da terra, missili balistici e da crociera imbarcati su sottomarini o lanciati da bombardieri strategici, missili ipersonici e sistemi di bombardamento orbitale frazionato.
A ciò si aggiunge la crescente minaccia rappresentata dai sistemi aerei senza pilota di varia dimensione e complessità. Le difese attuali risultano del tutto inadeguate a fronteggiare tali rischi. Gli Stati Uniti dispongono infatti di capacità estremamente limitate per contrastare efficacemente sia i missili da crociera sia i droni. La postura difensiva antimissile americana è stata concepita quasi vent’anni fa e non ha saputo adattarsi ai significativi cambiamenti del contesto.
Il sistema terrestre di difesa contro i missili balistici offre una protezione contro un ristretto numero di missili intercontinentali nordcoreani, ma non è progettato per respingere attacchi, anche limitati, provenienti dalla Cina o dalla Russia, che a loro volta stanno sviluppando, collaudando e dispiegando armi avanzate, destinate a scoraggiare coercitivamente Washington dal reagire alle minacce rivolte alla sicurezza internazionale degli Stati Uniti. Inoltre, le lacune nella copertura dei sensori statunitensi consentirebbero ad alcuni avversari di condurre attacchi aerei o missilistici con scarso o nullo preavviso.
L’introduzione di un sistema integrato di difesa aerea e antimissile efficace apporterebbe molteplici benefici: rafforzerebbe la deterrenza rendendo più complesso il calcolo dei rischi da parte degli aggressori; negherebbe o ridurrebbe i vantaggi derivanti da eventuali attacchi; aumenterebbe la protezione delle infrastrutture critiche nazionali; consentirebbe una più agevole proiezione di potenza all’estero e ridurrebbe, tra l’altro, i rischi per la resilienza e la coesione sociale.
A coloro che dubitano della fattibilità di una difesa efficace del territorio nazionale, basti guardare alle recenti operazioni congiunte di difesa aerea e antimissile condotte con successo da Stati Uniti e Israele. La coalizione guidata da Washington ha infatti sostenuto Israele nella difesa contro massicci attacchi missilistici e aerei lanciati dall’Iran e dalle sue milizie, prevenendo così danni catastrofici e scongiurando un’escalation che avrebbe potuto sfociare in un conflitto su vasta scala in Medio Oriente.
Inoltre, le difese aeree e antimissile fornite da Stati Uniti e Nato stanno svolgendo un ruolo cruciale nel contrastare i raid russi contro le infrastrutture ucraine. La lezione centrale che i politici statunitensi dovrebbero trarre dai conflitti odierni, nel ridefinire il programma di difesa aerea e antimissile del territorio nazionale, è che tali difese sono imprescindibili, anche se imperfette e più costose rispetto ai missili e ai velivoli nemici che intendono neutralizzare.
Una delle principali sfide riguarda la definizione dei requisiti militari che determineranno quali sistemi verranno costruiti e, in ultima analisi, quanto sarà efficace il sistema Golden Dome nel proteggere il territorio nazionale da un’ampia gamma di minacce aeree e missilistiche. Secondo questa prospettiva, i vertici del ministero della Difesa sono chiamati a superare le tradizionali procedure basate sull’elaborazione di dettagliate prestazioni per sistemi che verranno attivati solo a distanza di anni, adottando invece un approccio più agile e flessibile.
In particolare, il ministro della Difesa, Pete Hegseth, e il capo di Stato maggiore congiunto generale, Dan Caine, dovrebbero disporre l’adozione di un metodo incrementale, che preveda obiettivi realistici per ciascuna delle quattro epoche di difesa del territorio nazionale delineate dall’agenzia per la Difesa Antimissile. La prima epoca riguarda le capacità da realizzare o acquisire entro il 31 dicembre 2026; la seconda entro la stessa data del 2028; la terza entro la fine del 2030 e la quarta entro il 31 dicembre 2032.
Questo percorso evolutivo evidenzia come il rapido schieramento di difese aeree e antimissile, anche modeste e imperfette, possa svolgere un ruolo decisivo nella deterrenza e nella difesa, che andrebbe a colmare fin da subito le attuali lacune operative. Esso inoltre apre la strada a un’era di difese integrate basate su piattaforme spaziali e terrestri, capaci di massimizzare l’efficacia complessiva grazie alla sinergia tra i vari livelli di protezione.
Una strategia imperniata sul principio «costruire poco per volta, testare molto e perfezionare man mano che lo schieramento avanza» consentirebbe di calibrare le scelte in funzione degli sviluppi tecnologici e dei risultati delle prove, decidendo quali combinazioni di capacità mettere in campo e con quali tempistiche e modalità. L’approccio incrementale qui raccomandato è perfettamente in linea con le direttive presidenziali che impongono al ministero della Difesa di definire requisiti basati sulle capacità per il programma Golden Dome. Si tratta anche di un’occasione per applicare in maniera concreta quelle modalità di acquisizione agile di cui spesso si discute ma che raramente vengono attuate.
Un simile approccio evolutivo si adatta meglio alla realizzazione del sistema Golden Dome rispetto all’imposizione di un insieme monolitico di requisiti universali per un sistema tanto complesso. Tentare ora di fissare specifiche onnicomprensive e rigide non farebbe altro che ritardare la messa in campo degli elementi fondamentali per concretizzare il progetto. Qualora i vertici politici e militari dovessero imporre requisiti eccessivamente stringenti o irrealizzabili per il Golden Dome, si rischierebbe di compromettere qualsiasi progresso significativo nella protezione del territorio nazionale durante il mandato presidenziale in corso. Le conseguenze sarebbero il protrarsi della vulnerabilità strategica statunitense e l’esposizione a potenziali attacchi mortali da parte degli avversari.
Il decreto presidenziale che sancisce l’istituzione del Golden Dome per la protezione degli Stati Uniti rappresenta un’occasione irripetibile per iniziare a colmare decenni di incoerenze strategiche. Esso segna una netta discontinuità rispetto alle politiche del passato, che per decenni hanno rifiutato qualsiasi misura di protezione del territorio nazionale contro minacce missilistiche provenienti da Russia o Cina, nella fallace convinzione che lasciare gli Stati Uniti esposti avrebbe indotto Mosca e Pechino a moderare i propri programmi di armamenti strategici, favorendo relazioni geopolitiche più distese. L’adesione a tali teorie ormai screditate sulla stabilità strategica ha disincentivato unilateralmente lo sviluppo di difese aeree e antimissile per il territorio nazionale, mentre i rivali americani hanno continuato a rafforzare le proprie difese interne.
Affidarsi esclusivamente alla forza offensiva per la deterrenza e la difesa, in un’epoca in cui gli avversari minacciano di colpire con attacchi limitati il territorio statunitense impiegando armi strategiche nucleari e convenzionali sempre più avanzate, significherebbe esporsi al rischio di coercizione e ricatti. La nazione si trova dunque a un bivio. La determinazione del Presidente Trump di difendere il territorio nazionale da minacce sempre più gravi è lungimirante e pienamente giustificata. Tuttavia, per riuscire in questo intento, sarà necessario superare l’inerzia burocratica e altri ostacoli che si frappongono alla rapida realizzazione delle capacità indispensabili per la difesa del territorio. La flessibilità nel processo di definizione dei requisiti militari dovrà essere la chiave per aprire la strada.
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