La transizione alla seconda fase del piano di pace per Gaza del presidente sta incontrando non poche difficoltà. Nel frattempo proseguono gli intensi colloqui condotti dall’Egitto con le fazioni palestinesi, con l’obiettivo di formulare una posizione unitaria in merito al futuro controllo della Striscia di Gaza.
Secondo il piano americano, l’attuazione di ogni fase è subordinata al completamento dei requisiti della fase precedente, pertanto qualsiasi ritardo, anche tecnico, comporta un ritardo nell’attuazione dell’intero accordo. Uno dei ritardi più evidenti è la mancata restituzione di tutti i corpi delle persone rapite e poi uccise da Hamas. La fase attuale è considerata la più delicata e complessa del piano, e le sue ramificazioni stanno provocando forti disaccordi sia tra le parti coinvolte che tra gli stessi mediatori. Il fatto che il piano colleghi i progressi di ciascuna fase tra loro trasforma ogni ritardo in un ostacolo politico di ampia portata.
L’accordo stabilisce ad esempio che, dopo il disarmo di Hamas e la smilitarizzazione della Striscia di Gaza, Israele si ritiri quasi completamente da Gaza, a eccezione di una stretta fascia di sicurezza lungo il confine. Questo ritiro è subordinato al dispiegamento di una forza internazionale all’interno della Striscia. Il ritardo nel raggiungimento di un accordo sulla composizione della forza internazionale sta ritardando il ritiro e bloccando l’avanzamento dell’intero piano. Israele è fermamente contrario alla partecipazione dei militari turchi a questa forza di pace internazionale, a causa del fatto che la Turchia è uno degli Stati che appoggia Hamas. Questo disaccordo si accompagna alla necessità di raggiungere un accordo sul disarmo di Hamas e sulle modalità per ottenerlo. Ammesso che Hamas accetti davvero di disarmare (fatto obiettivamente poco realistico).
Per quanto riguarda la restituzione dei corpi dei rapiti israeliani, fonti militari israeliane sentite da Epoch affermano che Hamas possa già ora restituire i corpi di dieci delle tredici vittime rapite, tra cui il corpo di un ufficiale, Hadar Goldin, ma che non li restituisce perché sono l’ultima merce di scambio rimasta per cercare di guadagnare tempo estorcere altre concessioni a Israele. Inoltre, ormai è noto come Hamas stia approfittando del cessate il fuoco per ricostruire le proprie capacità militari, inclusa la ricostruzione della rete di tunnel e il reclutamento di nuovi miliziani.
L’amministrazione americana ha chiarito di aver chiesto a Israele di dare preavviso di qualsiasi azione militare insolita a Gaza e ha avvertito che «una mossa a sorpresa potrebbe mettere a repentaglio l’accordo». Ma Donald Trump ha anche più volte avvisato Hamas che se non rispetterà gli accordi verrà annientata.
Nel frattempo, l’intelligence egiziana sta conducendo un intenso dialogo al Cairo con l’obiettivo di formulare una posizione palestinese unitaria sul futuro della Striscia e di formulare una visione concordata. Il capo dell’intelligence egiziana, Hassan Rashad, ha tenuto la scorsa settimana una serie di incontri con alti funzionari palestinesi, tra cui il vicepresidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Hussein al-Sheikh, il capo dell’intelligence palestinese Majed Faraj, il segretario generale della jihad islamica Ziad Nahala e il suo vice Muhammad al-Hindi, nonché con rappresentanti del Fronte Democratico, dell’Iniziativa Nazionale e del Fronte Popolare.
Khalil al-Hayya, capo della delegazione di Hamas, ha incontrato i dirigenti dell’Autorità Nazionale Palestinese, tra cui al-Sheikh, per discutere un piano elaborato dall’intelligence egiziana. L’obiettivo del piano è raggiungere accordi pratici e calendari chiari che consentano di gettare le basi per una rinnovata unificazione tra Cisgiordania e Gaza, o in alternativa, di rimodellare la struttura del governo palestinese.
I funzionari dell’Anp hanno poi sottolineato che l’Egitto sta cercando di firmare un documento d’intesa tra Fatah e Hamas, con il sostegno dei principali Paesi arabi, in primo luogo gli Stati del Golfo. L’iniziativa egiziana mira a promuovere una formula di governo collettivo e di divisione dei compiti fino allo svolgimento delle elezioni generali per la presidenza e il parlamento, un obiettivo che, per ora, sembra ben lungi dall’essere raggiunto.
Il piano considera anche la possibilità di integrare figure e elementi non direttamente identificati con Hamas nella struttura di governo di Gaza, con l’obiettivo di garantire al nuovo governo legittimità internazionale e consentire un periodo di transizione stabile.
L’Egitto sta lavorando secondo un programma serrato e si sta impegnando per raggiungere un’intesa tra le fazioni palestinesi anche prima della conferenza sulla ricostruzione della Striscia di Gaza, che dovrebbe tenersi al Cairo il mese prossimo.Washington intanto adotterà una politica di visite brevi in Medio Oriente per preservare i negoziati. Ma attualmente non vi sono segnali di una svolta che consenta la rapida attuazione della seconda fase del piano. Tutt’altro.




