Israele: Mamdani è un lupo travestito da agnello

di Redazione ETI/Yoni Ben Menachem
8 Novembre 2025 8:16 Aggiornato: 8 Novembre 2025 8:41

La vittoria di Zohran Mamdani alle elezioni a sindaco di New York non è stata una sorpresa. Il giovane musulmano ha conquistato la città più grande d’America, dando un’idea di Islam apparentemente moderato ma in realtà infarcito di antisemitismo e avversione per Israele. Al punto che importanti figure politiche israeliane sostengono che sarebbe giusto boicottare Mamdani e non avere alcun contatto con lui.

Mamdani, che ha iniziato il suo primo giorno da sindaco recitando un capitolo del Corano, è entrato nella Storia come il primo sindaco di New York musulmano e di origine sud asiatica, oltre che il più giovane in oltre un secolo.

Alti funzionari della sicurezza israeliana, che da tempo seguono la condotta di Mamdani, sottolineano come il mondo musulmano veda la sua vittoria come un importante risultato religioso e ideologico, una continuazione dell’ondata di successi dell’islam politico in Europa e un riflesso di un profondo cambiamento nella società americana, soprattutto tra le giovani generazioni.
Mamdani è stata una delle voci più influenti negli Stati Uniti a chiedere la fine della guerra nella Striscia di Gaza. Ha partecipato a manifestazioni e scioperi della fame per i palestinesi ed è stato persino arrestato durante una delle manifestazioni dopo gli eventi del 7 ottobre. È diventato un simbolo e ha ottenuto il sostegno di decine di migliaia di giovani, tra cui quasi la metà dei giovani ebrei della città, che si opponevano alla politica israeliana a Gaza.

Nel mondo arabo, la vittoria di Mamdani è vista come un “terremoto politico” che colpisce l’arena americana in vista delle elezioni di medio termine del prossimo anno. I commentatori sottolineano la sconfitta per l’area del presidente Donald Trump e per i sostenitori di Israele, e la vittoria per le fazioni filo-palestinesi.
Lo studioso palestinese affiliato ad Hamas, Ibrahim al-Madhoon, ha descritto la vittoria di Mamdani su X come «una vittoria morale e una violazione delle regole della politica americana», osservando che Mamdani «ha dichiarato il suo sostegno alla Palestina, ha rifiutato la distruzione e non è stato toccato dalle campagne diffamatorie» per poi chiosare: «una nuova generazione vede la Palestina come una questione di giustizia e di diritti».
Il giornalista egiziano Jamal Sultan ha descritto la vittoria di Mamdani su X come «un’umiliazione per la lobby israeliana in America, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti». Il giornalista qatariota Jaber Al-Harami ha osservato sempre su X: «La vittoria è stata ottenuta nonostante le campagne diffamatorie e le centinaia di milioni di dollari stanziati da decine di miliardari filo-israeliani».
Il noto commentatore palestinese Abdel Bari Atwan ha affermato in un articolo sul suo quotidiano Rai al-Youm che il risultato delle elezioni costituisce «uno tsunami di cambiamento e vittoria per il sangue dei martiri di Gaza, Libano, India, Yemen e Afghanistan, e una schiacciante sconfitta per l’impero di menzogne ​​e distruzione guidato da Netanyahu, a cui Trump si unisce […] Questo è l’inizio della fine dell’era dell’egemonia e dell’errore sionista».

Nel suo discorso di celebrazione della vittoria, Mamdani ha affermato: «Sono musulmano, sono un socialdemocratico e mi rifiuto di scusarmi per tutto questo».

Dall’altra parte della barricata, a Gerusalemme è opinione diffusa che Mamdani odi Israele in quanto stato ebraico e che, pur essendo sciita, sia un sostenitore dell’ideologia del movimento dei Fratelli Musulmani, “padre” di tutte le organizzazioni terroristiche jihadiste islamiche. Nello specifico, in Israele il nuovo sindaco di New York è considerato un abile praticante del “Principio dell’inganno” musulmano (chiamato Taqiyah nell’Islam): uno che ostenta tolleranza verso gli ebrei e avversione per l’antisemitismo. Mentre, in realtà, l’ideologia da cui il giovane neosindaco di New York proviene è l’esatto contrario.

I funzionari del ministero degli Esteri statunitense considerano i risultati delle elezioni di New York come l’espressione di un profondo cambiamento nella società e nella politica americana: lo “status speciale” di Israele negli Stati Uniti non è più dato per scontato, e le giovani generazioni stanno trattando la questione palestinese in accordo con la propaganda jihadista. Mentre in passato il sostegno a Israele era considerato quasi automatico, oggi è oggetto di aspre controversie pubbliche e di un acceso dibattito nell’arena politica americana.


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