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Tutto quello che desideriamo per Natale è un ritorno alla civiltà

Quello che un tempo era un momento culturale e spirituale ampiamente condiviso sembra sempre più intrappolato in un vortice di risentimento politico, scontri culturali e conflittualità negli spazi pubblici. Il Natale però non è scomparso

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Foto da Pixabay. Pubblico dominio

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Tempo di lettura: 8 Min.

Per molte persone cresciute nel nord degli Stati Uniti e in Canada, il periodo natalizio evoca vividi ricordi d’infanzia: nevicate fresche, finestre ghiacciate, il profumo di un pino in un salotto caldo e quartieri illuminati da luci colorate che brillano nel buio della sera. Ricordiamo le funzioni religiose di mezzanotte, il calore delle mattine di Natale, l’emozione di scartare un nuovo paio di pattini e il delizioso profumo di un tacchino arrosto.
Per quasi tutti, il Natale era un periodo di buona volontà, un momento in cui le famiglie si riunivano, i vicini si fermavano per bere un punch e le comunità si sentivano temporaneamente unite da usanze condivise piuttosto che divise da rancori. Questi ricordi aiutano a spiegare perché il successo di Andy Williams dei primi anni ’60 potesse proclamare con tanta sicurezza: È il periodo più bello dell’anno.
Oggi, questi cari ricordi sono in netto contrasto con gli attuali mesi di dicembre. Quello che un tempo era un momento culturale e spirituale ampiamente condiviso sembra sempre più intrappolato in un vortice di risentimento politico, scontri culturali e conflittualità negli spazi pubblici. La stagione che un tempo avvolgeva le comunità in un calore comune ora mette a nudo le fratture della società. Il Natale però non è scomparso, le sue luci continuano a brillare, ma i legami che un tempo ci univano sono più difficili da distinguere nella confusione delle divisioni postmoderne.
In questo periodo, le espressioni di ostilità verso le persone di fede sono diventate una componente familiare delle attuali battaglie ideologiche. Gli analisti da tempo documentano nella vita pubblica l’opposizione di movimenti intellettuali antagonisti verso i valori cristiani. Negli Stati Uniti, organizzazioni come il Satanic Temple e la Freedom From Religion Foundation lavorano apertamente per contestare la presenza di simboli e tradizioni cristiane nei contesti civici. Le argomentazioni giuridiche costituzionali che invocano la clausola di separazione tra Stato e Chiesa sono abitualmente utilizzate per costringere a limitare le manifestazioni e le rappresentazioni natalizie alla sfera privata.
In Canada, le proteste hanno preso una piega anche più preoccupante: negli ultimi anni, accuse pretestuose relative alla storia delle scuole locali hanno fomentato un clima per cui oltre cento chiese cristiane sono state vandalizzate o bruciate, da Kamloops, nella Columbia Britannica, ad Halifax, nella Nuova Scozia.
Non si può ignorare che le tradizioni giudaico-cristiane, che un tempo sanavano le divisioni sociali, sono diventate oggetto di discordia. Anche i simboli religiosi più familiari provocano controversie. Quelli che un tempo erano sentimenti condivisi di pace e gioia sono ora coinvolti in conflitti più ampi sull’identità e il potere. Sentimenti un tempo ampiamente condivisi appaiono ora nettamente divisi, e decine di giovani vengono arruolati in schiere patologiche di un’epoca travagliata.

RITROVARE LO SPIRITO DEL NATALE

Qualunque sia l’opinione di ognuno sulla Storia o sulla responsabilità, la globalizzazione della violenza contro le persone di fede e i luoghi di culto rivela quanto sia diventato profondamente polarizzato il nostro panorama culturale. In un’epoca in cui la divisione domina i titoli dei giornali, per riportare lo spirito natalizio occorrerà qualcosa di controculturale: un consapevole ritorno alla civiltà.
Mentre ci avviciniamo al 2026, anno che probabilmente continuerà a portarci incertezza economica, politica e globale, gli individui e le comunità hanno tuttavia ancora l’opportunità di riprendersi questa stagione, dando priorità alla buona volontà piuttosto che al conflitto.
Un passo concreto è quello di far rivivere gli incontri sociali che colmano le divisioni. Ritrovi locali, incontri familiari o anche riunioni virtuali possono creare occasioni per mettere da parte la politica e privilegiare la conversazione, l’allegria e la condivisione. Come osservò una volta Eric Sevareid, corrispondente della CBS durante la Seconda Guerra Mondiale: «Il Natale è una necessità. Ci deve essere almeno un giorno all’anno che ci ricordi che siamo qui per qualcosa di più grande di noi stessi». Messaggi così, semplici e veri, possono attenuare i risentimenti, come nelle feste di Natale di una volta. Un altro modo per ritrovare lo spirito natalizio può essere la solidarietà: nonostante le pressioni economiche e l’isolamento sociale, il volontariato, le donazioni ai banchi alimentari o la raccolta di regali possono riportare il Natale alla sua tradizione di carità e speranza. Il presidente degli Stati Uniti Calvin Coolidge lo ha espresso bene scrivendo: «Il Natale non è un periodo o una stagione, ma uno stato d’animo … Amare la pace e la buona volontà, essere generosi nella misericordia, significa avere il vero spirito del Natale».
Anche fermarsi a riflettere è utile: partecipare a una funzione religiosa, rileggere opere tradizionali come A Christmas Carol di Dickens o A Child’s Christmas in Wales di Dylan Thomas può riportarci alle virtù dell’empatia e dell’umiltà che contribuiscono al vero significato del Natale. In un mondo così pronto a strumentalizzare le differenze, la riflessione ci ricorda invece quanto abbiamo in comune. Lo scrittore e sacerdote Norman Vincent Peale una volta affermò che «il Natale agita una bacchetta magica su questo mondo, ed ecco che tutto diventa più lieve e più bello».
Infine, potremmo scegliere di interagire in modo più “saggio” con la tecnologia moderna: usarla per connetterci con i nostri cari lontani o per condividere parole di incoraggiamento, prendendo le distanze dagli algoritmi alimentati dal rancore e a tutto vantaggio della divisione tra gli esseri umani.
Come osservò una volta il grande scrittore e umorista americano Mark Twain: «È mia speranza e aspirazione natalizia, che mi scalda il cuore e abbraccia il mondo, che tutti noi, gli alti, i bassi, i ricchi, i poveri, gli ammirati, i disprezzati, gli amati, gli odiati, i civili, i selvaggi (ogni uomo e fratello di noi tutti in tutta la Terra), possano alla fine riunirsi in un paradiso di riposo, pace e beatitudine eterni, tranne» scherzò, «l’inventore del telefono».
Se oggi il Natale sembra aver perso parte del suo significato, non è perché abbia fallito il suo messaggio, ma piuttosto perché noi abbiamo permesso che la civiltà si deteriorasse. Scegliere la buona volontà invece del risentimento non porrà fine a tutti i conflitti, ma può riportare il calore che un tempo rendeva questa stagione davvero meravigliosa. In questa scelta risiede un atto di speranza silenzioso ma potente.

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