L'Iraq ancora privo di una 'normalità'
Gli Stati Uniti si oppongono alla "democratizzazione” dei terroristi in Iraq
Una norma del 2016 permette di legalizzare le milizie che riconoscano la prerogativa esclusiva dello Stato all'uso della forza ma Washington non si fida

Le forze armate della milizia al-Hashd al-Shaabi in Iraq, 15 settembre 2024.
Photo: Redazione Eti/Epoch Israele.
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In Iraq è in atto un acceso il dibattito politico sulla disponibilità delle organizzazioni terroristiche ad accettare il principio del monopolio statale sulle armi che prevede l’esclusivo diritto di uso e possesso delle armi unicamente da parte dello Stato.
Uno spiraglio è arrivato ieri, quando il presidente del Consiglio superiore della magistratura iracheno, il giudice Faiq Zidan (uno degli esponenti più potenti dell’Iraq) ha pubblicato un comunicato ufficiale ringraziando «i capi delle organizzazioni per aver accolto la richiesta di rispettare lo Stato di diritto e riservare la detenzione delle armi allo Stato». La milizia Al-Hashd al-Shaabi aveva infatti ottenuto – al contrario, ovviamente, delle organizzazioni terroristiche – la legalizzazione grazie alla legge “Autorità Al-Hashd al-Shaabi” del 2016, con riconoscimento della personalità giuridica, entrando di fatto a far parte delle forze armate irachene.
Recentemente quindi è seguito un certo consenso sull’applicazione del monopolio statale sulle armi da parte di alcune milizie mentre altre si sono fermamente opposte. L’esempio più eclatante è rappresentato dalla Kataib Hezbollah, che ha diffuso un comunicato, riportato dall’agenzia Al-Sumaria, in cui afferma che «le armi della resistenza» rimarranno in mano all’organizzazione e che non è prevista alcuna «intesa» con il governo iracheno finché «le forze di occupazione», come la Nato e l’esercito turco, non lasceranno il Paese. Altre organizzazioni combattenti invece, come l’Asaib Ahl al-Haq, hanno segnalato la loro disponibilità a rispettare la normativa, sottolineando di «credere» nel principio del monopolio statale sulle armi e di sentirsi ora più che mai «parte dello Stato».
La disponibilità alla legalizzazione e al riconoscimento dello Stato iracheno da parte di alcune milizie armate, può essere spiegata da diversi fattori, a partire sicuramente dal contesto politico iracheno attuale, caratterizzato dalle recenti elezioni parlamentari e dagli sforzi per formare un nuovo governo; inoltre, alcune organizzazioni hanno ottenuto una rappresentanza parlamentare significativa, aumentando di conseguenza l’incentivo a mostrare un processo di integrazione e istituzionalizzazione all’interno dello Stato.
Secondo quanto riportato da Radio Monte Carlo (emittente francese in lingua araba), Washington sta facendo pressioni sul governo iracheno affinché, nella formazione del nuovo esecutivo dopo le elezioni, non siano inclusi ministri o rappresentanti appartenenti a queste milizie. Il comunicato pubblico del presidente del Consiglio superiore della magistratura iracheno – che ringrazia i capi delle organizzazioni terroristiche per la loro «collaborazione» – riflette poi un tentativo delle autorità di Baghdad di dimostrare la volontà di includere queste organizzazioni integrandole negli apparati dello Stato.
In questo scenario, alcune organizzazioni terroristiche stanno pubblicamente comunicando la disponibilità a disarmarsi per mostrarsi più “moderate” e facilitare i rapporti del governo iracheno con gli Stati Uniti senza avere ancora però, di fatto, compiuto passi concreti. Per questo, si ritiene che l’amministrazione Trump continuerà a esercitare pressione all’Iraq affinché siano completamente disarmate e, soprattutto, escluse completamente dal potere politico.
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