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Dietro la maschera ufficiale del rifiuto al terrorismo molti esponenti islamici lo fomentano

Il doppio volto delle comunità islamiche in Australia

L’attentato terroristico sulla Bondi Beach a Sydney, compiuto da due uomini di origine pakistana, ha suscitato diverse condanne "ufficiali" da parte delle principali organizzazioni musulmane australiane. Ma il quadro dipinto dall’analisi condotta dall’istituto Memri mostra una realtà diametralmente opposta

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Miliziani di Hamas in un'immagine di archivio. Foto EPA/MOHAMMED SABER via Ansa.

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L’attentato terroristico sulla Bondi Beach a Sydney, compiuto da due uomini di origine pakistana, ha suscitato diverse condanne “ufficiali” da parte delle principali organizzazioni musulmane australiane. Il Consiglio nazionale degli imam australiani e il Consiglio degli imam del New South Wales hanno pubblicato una dichiarazione in cui la comunità musulmana «condanna in modo netto e inequivocabile» la strage, ribadendo che «atti di violenza e crimini di questo genere non hanno posto nella nostra società». Analogamente, la Federazione australiana dei consigli islamici ha espresso «profondo dolore e pieno sostegno» alle vittime, sottolineando che «ogni persona ha diritto alla sicurezza e alla pace» e che «nella nostra società non c’è spazio per la violenza che strappa vite innocenti».
Ma il quadro dipinto dall’analisi condotta dall’istituto Memri – specializzato nel monitoraggio e nella traduzione di discorsi nel mondo arabo e nelle comunità musulmane occidentali – mostra una realtà diametralmente opposta per quanto riguarda i messaggi rivolti alle comunità musulmane in Australia dopo il 7 ottobre 2023. Dalle prediche di diverse moschee infatti emergono toni di incitamento all’odio antisemita e appelli alla Jihad. Tra gli esempi più gravi spicca la predica tenuta il 9 febbraio 2024 dall’imam Abdul Salam Zoud, membro del Consiglio nazionale degli imam australiani che riunisce vari imam sunniti. Nella sua predica, tradotta e analizzata dal Memri e dal Middle East Forum, Zoud ha descritto gli ebrei come «assassini assetati di sangue, traditori e barbari», affermando che il destino dell’Islam è «dominare» tutte le altre religioni: ebrei, cristiani, indù, buddisti, sikh e persino gli atei; e che l’unico «percorso indicato da Allah» per raggiungere questo obiettivo è la Jihad.
L’istituto cita anche la predica dello sceicco Youssef Nabha, tenuta il 2 novembre 2024 nella moschea Arrahman di Sydney. Nabha avrebbe affermato che «gli israeliani e i sionisti non riusciranno a rimanere in Palestina e il loro Stato non sopravviverà», sostenendo inoltre che «la Palestina appartiene a tutti i musulmani e nessun capo di stato arabo, nemmeno Yasser Arafat o Mahmoud Abbas, ha il diritto di rinunciarvi». Ha poi definito gli occidentali «terroristi che dovrebbero tacere quando parlano dei musulmani», accusandoli di “non rispettare” i diritti umani delle donne e dei bambini. Un altro esempio eclatante è quello del musulmano Kamal Abu Maryam, che il 24 novembre 2023 nella moschea di Roselands a Sydney avrebbe invitato al boicottaggio di ogni azienda legata al «regime sionista sostenitore dell’apartheid nazista», descrivendo gli ebrei come «predatori» e invitando a «ucciderli uno per uno. Non deve sopravvivere nessuno».
In sostanza, queste analisi mettono in luce una profonda contraddizione tra le condanne ufficiali delle organizzazioni musulmane australiane e i messaggi di odio e violenza diffusi da diversi imam influenti all’interno delle comunità. Dietro la maschera ufficiale del rifiuto netto al terrorismo infatti, i discorsi in diverse moschee rivelano un volto che incita alla violenza contro tutte le altre religioni.
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