Nessuna menzione al rispetto delle regole del libero mercato
L’Fmi bacchetta la Cina
Il direttore generale del Fondo monetario internazionale dice che la Repubblica Popolare Cinese deve riequilibrare il proprio modello di crescita, spostandolo dalle esportazioni e dagli investimenti verso i consumi interni

Quartier generale del Fondo Monetario Internazionale a Washington
Photo: foto REUTERS/Benoit Tessier.
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Il direttore generale del Fondo monetario internazionale dice che la Repubblica Popolare Cinese deve riequilibrare il proprio modello di crescita, spostandolo dalle esportazioni e dagli investimenti verso i consumi interni. La seconda economia mondiale ha ormai dimensioni tali da non poter più contare sulla domanda estera come motore stabile di sviluppo, perché «continuare a puntare su uno sviluppo trainato dall’export rischia di alimentare ulteriormente le tensioni nel commercio internazionale».
Intervenendo alla presentazione della consultazione annuale del Fmi ai sensi dell’Articolo IV sulla Cina — una sorta di “check-up” dell’economia cinese — Kristalina Georgieva ha invitato Pechino a affrontare «sfide rilevanti e urgenti» che riguardano l’impianto complessivo della politica economica, a partire dalla domanda interna cronicamente debole.
Un’inflazione più bassa rispetto a quella dei principali partner commerciali ha favorito una svalutazione dello yuan, rendendo le esportazioni cinesi più competitive e prolungando quella che il Fondo definisce una «dipendenza eccessiva» dalla domanda esterna. La necessità di collocare beni sui mercati esteri, osserva il Fondo, incontra una resistenza consistente sia negli Stati Uniti sia in Europa. Negli Stati Uniti, in particolare, restano in vigore dazi medi di circa il 47 per cento sulle importazioni cinesi, nonostante la recente tregua commerciale.
La Georgieva ha ricordato che la Cina contribuisce oggi per circa il 30 per cento alla crescita mondiale, ma con un tasso di produttività in calo, un eccessivo indebitamento e un invecchiamento della popolazione che non fanno ben sperare.
Il nuovo Quindicesimo Piano Quinquennale del Partito comunista cinese attribuisce maggiore importanza ai consumi e al settore dei servizi, cosa che piace all’Fmi: stimoli di bilancio, politiche monetarie più accomodanti, iniziative per ridurre il risparmio eccessivo e un graduale innalzamento dell’età pensionabile per ampliare la forza lavoro, aumento dei sussidi per l’assistenza all’infanzia e agli anziani, nel tentativo di sostenere lo sviluppo dei servizi. Tutti «passi incoraggianti, ma non ancora sufficienti» secondo il capo dell’Fmi Georgieva, che chiede al Pcc di fare ben altro.
Il nuovo Quindicesimo Piano Quinquennale del Partito comunista cinese attribuisce maggiore importanza ai consumi e al settore dei servizi, cosa che piace all’Fmi: stimoli di bilancio, politiche monetarie più accomodanti, iniziative per ridurre il risparmio eccessivo e un graduale innalzamento dell’età pensionabile per ampliare la forza lavoro, aumento dei sussidi per l’assistenza all’infanzia e agli anziani, nel tentativo di sostenere lo sviluppo dei servizi. Tutti «passi incoraggianti, ma non ancora sufficienti» secondo il capo dell’Fmi Georgieva, che chiede al Pcc di fare ben altro.
Innanzitutto di eliminare gli squilibri interni, in particolare le pressioni deflazionistiche: la Georgieva ha invitato Pechino a orientare la politica fiscale verso un rafforzamento del sistema di protezione sociale, soprattutto nelle aree rurali e per i lavoratori migranti ancora penalizzati dal sistema di registrazione della residenza, che discrimina fra cittadini rurali e urbani.
E se da un lato l’Fmi chiede al regime comunista un aumento dell’assistenzialismo di Stato a favore della popolazione, dall’altro chiede che siano dati meno aiuti alle imprese, riducendo il sostegno alla politica industriale e gli investimenti pubblici, per “migliorare l’allocazione delle risorse”, contenere la spesa pubblica e “liberare fondi” con cui affrontare le difficoltà persistenti del settore immobiliare.
Come un regime comunista possa fare tutto questo, è lasciato all’immaginazione. Ma c’è di più: la seconda area d’intervento, ha proseguito la Georgieva, deve riguardare le riforme strutturali per aumentare la crescita di medio periodo; l’Fmi raccomanda di ridurre gli oneri regolamentari, abbattere le barriere al commercio interno (in particolare nei servizi), garantire parità di condizioni tra le imprese e introdurre misure sul mercato del lavoro per ridurre i “disallineamenti” di competenze e la disoccupazione giovanile.
Tali interventi, secondo l’Fmi, aiuterebbero la Cina a sfruttare più efficacemente le nuove tecnologie emergenti, in particolare l’intelligenza artificiale e le innovazioni energetiche a basso impatto ambientale.
Infine, la terza area di priorità per l’Fmi è il contenimento dell’elevato livello di indebitamento interno: la Georgieva ha invocato una supervisione finanziaria più rigorosa e una maggiore disciplina di bilancio.
Tali interventi, secondo l’Fmi, aiuterebbero la Cina a sfruttare più efficacemente le nuove tecnologie emergenti, in particolare l’intelligenza artificiale e le innovazioni energetiche a basso impatto ambientale.
Infine, la terza area di priorità per l’Fmi è il contenimento dell’elevato livello di indebitamento interno: la Georgieva ha invocato una supervisione finanziaria più rigorosa e una maggiore disciplina di bilancio.
Da parte dell’Fmi nessuna menzione, invece, al rispetto delle regole del libero mercato, del commercio internazionale, delle leggi relative ai brevetti e, men che meno, dei diritti umani.
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