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Salgono le importazioni in Europa dalla Cina

Crescono le esportazioni cinesi ma non verso gli Stati Uniti

L’avanzo commerciale della Repubblica Popolare Cinese verso il resto del mondo ha superato la soglia dei mille miliardi di dollari a novembre, battendo l'ultimo record del 2024. Ma le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti scendono, mentre l’avanzo commerciale della Cina con l’Unione Europea aumenta del 20 per cento

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Immagine aerea del porto di Qingdao, nella provincia dello Shandong, nella Cina orientale. Foto: Li Ziheng/Xinhua/Zuma Press via Ansa.

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Tempo di lettura: 6 Min.

L’avanzo commerciale della Repubblica Popolare Cinese ha superato la soglia dei mille miliardi di dollari a novembre battendo l’ultimo record, segnato nel 2024. L’exploit riflette un’ondata di esportazioni a prezzi stracciati che sta saturando i mercati globali, mentre la domanda interna rimane fiacca.
Secondo i dati resi noti l’8 dicembre dall’Amministrazione generale delle dogane di Pechino, le esportazioni complessive calcolate in dollari statunitensi sono aumentate del 5,9 per cento su base annua. Si tratta di una forte ripresa rispetto al calo dell’1,1 per cento registrato in ottobre.
Le importazioni sono salite dell’1,9 per cento, raggiungendo i 218,7 miliardi di dollari. Seppure in crescita, rispetto al modesto +1 per cento di ottobre, il dato resta inferiore alla previsione mediana del 3 per cento.
Nei primi undici mesi del 2025, l’avanzo complessivo cinese ha superato i 1.100 miliardi di dollari, con un aumento del 21,6 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Nel 2024, la Cina aveva chiuso con un surplus record di 992,1 miliardi di dollari.
La vigorosa crescita dell’export — e il conseguente squilibrio commerciale — destano crescente preoccupazione in tutto il mondo, considerato che l’invasione di prodotti cinesi sottocosto potrebbe causare un’ondata perdita di posti di lavoro e persino la chiusura di numerose fabbriche in tutto l’Occidente.
Diversi fra loro i provvedimenti presi sulle due sponde dell’Atlantico: mentre Il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, ha detto che l’ascesa economica della Cina «non deve avvenire a discapito dell’economia europea», negli Stati Uniti, Donald Trump ha direttamente imposto nuovi dazi sulle importazioni cinesi per controbilanciare questo picco di disavanzo commerciale. Ma in ogni caso le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti hanno continuato a diminuire: a novembre sono crollate del 28,6 per cento su base annua, segnando l’ottavo mese consecutivo di contrazione. E le merci che la Cina non vende in America vengono scaricate in Europa, dove Bruxelles appare più timida di Washington nel voler difendere i posti di lavoro e i consumatori.
Le riduzioni sui dazi concordate nella tregua Usa-Cina non hanno favorito le esportazioni verso gli Stati Uniti «ma la crescita complessiva delle esportazioni è comunque rimbalzata» osservato Huang Zichun, analista di Capital Economics, in una nota diffusa l’8 dicembre, dove conferma che si prevede «che le esportazioni cinesi continuino a restare robuste e che la Cina guadagnerà ulteriori quote di mercato mondiale nel prossimo anno».
A fronte del calo delle vendite dirette agli Usa, le esportazioni cinesi verso Africa, America Latina e Australia sono salite a due cifre. Più contenuta, invece, la crescita verso i paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico — il principale partner commerciale di Pechino — che si è attestata all’8,2 per cento. Le esportazioni verso l’Unione Europea sono aumentate del 14,8 per cento; la Francia che ha incrementato del 17,5 per cento gli acquisti di merci cinesi. Secondo gli ultimi dati doganali cinesi, l’avanzo commerciale della Cina con l’Unione Europea ha raggiunto i 266,8 miliardi di dollari tra gennaio e novembre, con un aumento di quasi il 20 per cento rispetto ai 223,1 miliardi dello stesso periodo del 2024.
I dati arrivano a pochi giorni dalla visita in Cina del presidente francese Emmanuel Macron, che ha esortato Pechino nella “missione impossibile” di stimolare la domanda interna al fine di ridurre l’enorme squilibrio commerciale tra Cina e Francia, minacciando poi – benché il commercio  nell’Ue internazionale sia competenza di Bruxelles – delle rappresaglie: «Ho detto loro che, se non vi fosse una risposta, noi europei saremmo costretti, nei prossimi mesi, ad adottare misure incisive e a procedere a un progressivo disaccoppiamento, come hanno fatto gli Stati Uniti, introducendo dazi sui prodotti cinesi», ha dichiarato Macron in un’intervista del 7 dicembre al quotidiano Les Echos. Macron ha poi precisato di aver discusso la questione anche con Ursula von der Leyen.
Il “rimedio” a questi problemi, considerato che la Cina è dominata da una dittatura comunista, non potrebbe che arrivare dalla Comitato Centrale del Partito comunista cinese, il Politburo, ha ribadito l’impegno a rafforzare la domanda interna nel corso della riunione dell’8 dicembre presieduta da Xi Jinping, secondo quanto riportato dai media ufficiali. Ma a parte il fatto che, come confermano sempre più analisti, sarà difficile convincere le famiglie cinesi a spendere di più, considerato che l’economia cinese è in declino dagli anni del Covid (e che va sempre peggio), il punto è che il regime cinese non ha alcuna motivazione per porre in essere politiche che alleggeriscano le esportazioni. Anzi: la pressione commerciale – basata sul dumping di merci di scarsa o infima qualità, spesso prodotte da operai sottopagati o ridotti schiavitù – è un pilastro della “Guerra senza restrizioni” del regime cinese contro l’Occidente.
Il Partito comunista cinese vede l’Occidente come un puro e semplice nemico da spolpare vivo e (in ultima istanza) da sottomettere alla propria tirannide. Non si vede per quale motivo il Pcc dovrebbe accettare gli appelli “alla moderazione” europei.
 
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