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I terroristi islamici mirano al colpo di Stato

Il genocidio jihadista dei cristiani in Nigeria

I cristiani sono barbaramente perseguitati in Nigeria da venticinque anni. Ma questa tragedia umanitaria è rimasta quasi invisibile a livello internazionale, finché l'amministrazione Trump non ha denunciato l'attuale escalation di violenze, parlando di rischio «genocidio»

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Uomini nigeriani trasportano un cadavere nel villaggio di Kuru Jantar dopo giorni di violenze religiose a Jos e nei villaggi circostanti, nel distretto centrale di Plateau, Nigeria, 22 gennaio 2010. Foto EPA/STR via Ansa

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Tempo di lettura: 11 Min.

I cristiani sono barbaramente perseguitati in Nigeria da venticinque anni. Ma, stranamente, questa tragedia umanitaria è rimasta quasi invisibile a livello internazionale finché l’amministrazione Trump non ha denunciato l’attuale escalation di violenze, parlando di rischio «genocidio» e lasciando intendere di voler intervenire.
La Nigeria nega che sul proprio territorio sia in corso un persecuzione religiosa, e relega il fenomeno a una questione di sicurezza con radici socioeconomiche e politiche che colpisce tutte le diverse comunità nigeriane. Ma nella realtà l’ondata di attacchi contro villaggi cristiani è direttamente proporzionale alla crescita dell’estremismo islamista in tutto il Sahel, oggi area con il maggior numero di morti per terrorismo in tutto il mondo.​
L’elenco delle atrocità di cui sono vittime i cristiani nigeriani è lungo e raccapricciante: villaggi completamente distrutti disseminati di cadaveri in decomposizione​ e attacchi e civili inermi uccisi per il solo fatto di essere cristiani sono fatti normali in Nigeria. In un attacco della vigilia di Natale 2023, ad esempio, i terroristi islamici hanno ucciso oltre 200 persone in villaggi prevalentemente cristiani: i miliziani hanno colpito per prime le chiese e le case dei pastori, incendiandole, sequestrando famiglie e decapitando un pastore a colpi di machete mentre urlavano “Allahu Akbar” (Dio è grande) e “morte ai cristiani”.
I miliziani jihadisti sono spesso ben armati: mitragliatrici, fucili d’assalto di fabbricazione russa AK‑47 e lanciarazzi Rpg, armi più avanzate di quelle in dotazione all’esercito nigeriano.
Agli osservatori interni e internazionali è ormai evidente come esistano dei “soggetti esterni” che finanziano e indottrinano gli jihadisti. E alcuni denunciano il fatto che, in oltre vent’anni di persecuzione e violenza, il governo non abbia portato di fronte alla giustizia neppure uno solo dei responsabili di queste atrocità.​

CHI PERSEGUITA I CRISTIANI NIGERIANI?

Fino al 2001, la convivenza cristiani-musulmani era stata pacifica. A scatenare le violenze è stato l’improvviso arrivo di bande di terroristi musulmani che attaccavano comunità cristiane; i musulmani erano minoranza ma ben armati, e costringevano i cristiani alla fuga.
Gli analisti fanno risalire l’attuale situazione all’ascesa di Boko Haram, un movimento eversivo sunnita jihadista nato nel 2002, che dal 2009 è a capo di una rivolta armata contro le legittime istituzioni nigeriane e ha allargato le proprie operazioni nel nordest e nei vicini Stati del Ciad, Camerun e Niger.​ Boko Haram perseguita i cristiani (e chiunque ritenga “infedele”) perpetrando massacri di massa. Dal 2013 è considerato organizzazione terroristica dagli Stati Uniti.
Ma attorno all’organizzazione jihadista locale si è unita una costellazione di altre organizzazioni terroristiche jihadiste (tra cui anche l’Isis e al‑Qaeda) bande armate e milizie di vario genere, che ha trasformato il nord della Nigeria in un mosaico magmatico di alleanze mutevoli, sotto l’insegna della “guerra santa” scatenata da Boko Haram nei primi anni duemila per eliminare fisicamente tutti i cristiani presenti in Nigeria. ​
L’Institute for Economics and Peace colloca la Nigeria al sesto posto nel Global Terrorism Index 2025, e calcola il numero di civili uccisi dal 2009 tra i 50 e i 100 mila, a cui si sommano milioni di sfollati. L’Onu ha calcolato nel 2021 che circa 350 mila persone siano morte, direttamente o indirettamente, a causa del conflitto ora in corso e iniziato nel 2009; i dati Acled mostrano che dal 2020 gli attacchi contro i cristiani sono in aumento  (per inciso: in questa folle carneficina, le vittime musulmane eguagliano e superano le vittime cristiane). Nel nordovest nigeriano, storicamente segnato dal banditismo, affiliati a al‑Qaeda e Isis hanno consolidato la loro presenza dal 2020 e reso operative delle nuove cellule dal 2024.
Lo scorso ottobre, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha reinserito la Nigeria nella lista statunitense dei «Paesi di particolare preoccupazione» per la libertà religiosa. E durante un’audizione del 20 novembre, i funzionari degli Esteri Usa hanno annunciato un piano straordinario di sicurezza per la Nigeria. Quasi a voler confermare la gravità della situazione, nelle ore successive uomini armati hanno assaltato una scuola cattolica nella Cintura centrale, rapendo oltre 300 studenti e 12 insegnanti e perpetrando il quarto rapimento di massa in una settimana, uno dei peggiori mai visti in Nigeria (secondo Amnesty International oltre 1.700 bambini sono stati rapiti da Boko Haram; bambini e ragazzi spesso costretti a combattere, a matrimoni forzati e persino alla schiavitù sessuale).​ Nella stessa settimana, tra il 15 e il 21 novembre, un attacco a una chiesa cristiana durante il culto ha provocato due morti e 38 sequestri, mentre 24 studentesse sono state rapite da una scuola secondaria, tre persone uccise e altre 64 rapite mentre erano nelle proprie abitazioni. Il 24 novembre la stampa nigeriana ha riferito che dei terroristi di Boko Haram hanno rapito 12 donne nello stato di Borno radendo al suolo un intero villaggio.
Il vescovo cattolico Wilfred Anagbe denuncia uno dei periodi più atroci della storia recente per i cristiani nigeriani. I miliziani operano effettuando dei  blitz di fronte a cui – secondo gli analisti – il governo nigeriano è ormai del tutto impotente, nonostante l’esecutivo in un recente comunicato affermi di aver neutralizzato dal 2023 oltre 13 mila 500 terroristi, arrestato più di 17 mila individui e liberato oltre 9 mila 800 ostaggi.​
Amnesty International denuncia che almeno 10.217 persone siano state uccise in attacchi armati nei due anni dall’elezione del presidente Bola Ahmed Tinubu, per lo più negli Stati cristiani della Cintura centrale come Benue e Plateau. Ma poiché queste violenze si innestano sul conflitto storico tra agricoltori (in gran parte cristiani) e pastori Fulani (semi‑nomadi in prevalenza musulmani), il governo sceglie di interpretare questi “scontri” come semplici dispute per la terra aggravate da siccità, scarsità di risorse e crescita demografica.​
Open Doors attribuisce ai miliziani Fulani il 55 per cento delle morti di cristiani registrate tra il 2019 e il 2023, mentre l’Osservatorio per la libertà religiosa in Africa stima che le milizie Fulani siano responsabili del 47 per cento delle 36.056 uccisioni di civili tra il 2019 e il 2024. Nel 2015, i miliziani Fulani erano classificati come la quarta organizzazione terroristica al mondo per massacri ma in seguito sono quasi scomparsi dalle principali classifiche, nonostante le indagini documentino una grave escalation di violenza a componente religiosa ed etnica nella Cintura Centrale della Nigeria.​
L’analista Héni Nsaibia (Acled) definisce la violenza nella Cintura Centrale «multidirezionale», dicendo che concentrarsi solo sulla persecuzione dei cristiani non coglie il punto: la vera minaccia è l’espansione delle organizzazioni terroristiche jihadiste eversive, che attirano segmenti della popolazione sempre più larghi.​
Alcune formazioni, come Islamic State‑Sahel Province, sono a prevalenza Fulani ma operano perlopiù in Stati musulmani, e uccidono soprattutto musulmani, e con l’allargamento del conflitto nella regione le organizzazioni più forti si sono consolidate in Mali e Burkina Faso, dove molti combattenti sono Fulani, in contesti in cui queste comunità pastorali sono storicamente emarginate e quindi più vulnerabili alla radicalizzazione.​
Secondo il Global Terrorism Index 2025, il Sahel centrale – che include la Nigeria e si estende dal nord Atlantico al Mar Rosso – è il teatro del 51 per cento di tutte le morti per terrorismo nel mondo, un’area in cui i terroristi jihadisti sono entrati in una nuova fase di espansione e di crescente cooperazione con l’Isis e al‑Qaeda. Islamic State‑West Africa Province controlla ampie zone di territorio e ha ucciso o sfollato migliaia di persone in Nigeria e nei Paesi confinanti. Mentre nel vicino Mali, secondo le analisi più recenti, i jihadisti sono sul punto di abbattere le istituzioni statali.
Dopo la transizione della Nigeria a democrazia costituzionale nel 1999, dodici Stati del nord hanno reintrodotto la sharia come codice penale. La legge musulmana viene usata per giustificare violenze di massa e condanne capitali, anche per reati teoricamente minori come la blasfemia, che sta vivendo un’escalation – denuncia Amnesty International – e che è punita con linciaggi, lapidazioni, torture e persino col rogo.
In tutto questo, gli jihadisti dichiarano esplicitamente di voler sostituire lo Stato nigeriano con una teocrazia islamica e rifiutano la democrazia. Ma diversi commentatori si ostinano – nonostante l’evidenza – a voler ridurre il conflitto in Nigeria a cause climatiche o socioeconomiche, evidentemente pur di non ammettere la matrice jihadista.
 
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