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John Elkann alla guida di Exor e la graduale deindustrializzazione

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Il segretario di Azione Carlo Calenda

Photo: foto di archivio, ANSA/ANGELO CARCONI.

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Tempo di lettura: 4 Min.

La storia di John Elkann alla guida di Exor, come successore del nonno Gianni Agnelli, è il racconto «di un percorso costante e graduale di deindustrializzazione e di disinteresse nei confronti del tessuto produttivo italiano soprattutto sull’automotive». Ecco che dopo aver venduto la Magneti Marelli, Comau e i camion di Iveco, il presidente di Ferrari sta per cedere anche Cnh, che produce macchine agricole.
Lo ha anticipato il leader di Azione, Carlo Calenda, in un’intervista a “Milano Finanza“. L’annuncio della vendita dei media del gruppo Gedi, da parte di Exor, «lo avevo previsto anni fa, a dire il vero quando Elkann decise di comprare “La Repubblica“. Un acquisto che già nascondeva l’intenzione di coprire, facendo ricorso ai media, la sua fuga dall’Italia. Seguendo lo stesso ragionamento ma in una fase diversa del progetto, in cui man mano vengono venduti gli asset industriali italiani del gruppo, perde valore il fatto di possedere i giornali per tenere buona la politica e i sindacati. Finora infatti tutto il processo di allontanamento degli Agnelli dall’Italia è avvenuto con l’assenso prima della sinistra, poi dei rappresentanti dei lavoratori e poi del governo di centrodestra ancora al potere», ha spiegato Calenda.
Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, «si è mossa per ricucire con il numero uno di Exor prima che Elkann riferisse al Parlamento. L’accordo tra i due si è imperniato sul destino di Stellantis. La premier ha dato il via libera alla chiusura degli stabilimenti in Italia purché tutto avvenisse con uscite volontarie degli operai e silenziosamente. Ma soprattutto il sipario deve essere calato solo dopo le elezioni politiche del 2027. I marchi italiani di Stellantis propongono modelli vecchissimi e costosi (dalla 500 alla Panda) o sbagliati come diversi dell’Alfa Romeo negli ultimi anni», ha sottolineato Calenda, che ha aggiunto: «Per me la vendita di “La Repubblica” e “La Stampa” è stata totalmente concordata con il governo. Altrimenti perché all’offerta italiana di Leonardo Maria Del Vecchio sarebbe stata preferita l’alternativa dell’imprenditore greco Theo Kyriakou, ai cui affari partecipa il fondo sovrano dell’Arabia Saudita che è più compiacente con Meloni & Co?».
Secondo Calenda, sarebbe stato necessario intervenire prima per fermare la exit strategy a cascata di Elkann: «Si sarebbe potuto far ricorso allo strumento del Golden power per Magneti Marelli, Comau, nonché Iveco. Ma dal 2018 nessuno ha fatto nulla, nonostante i segnali fossero chiari. E nonostante lo Stato sia intervenuto a favore di Fiat con 5,9 miliardi di garanzia solo per reagire alla crisi indotta dal Covid. Un’accusa di inazione che tocca la destra quanto la sinistra». Per Calenda, «dopo aver venduto i trattori di Cnh», John Elkann «potrebbe mettere sul mercato la Juventus e poi lascerà anche Stellantis. Penso che terrà invece la Ferrari, anche se non è riuscito neanche a vincere un gran premio e ha deluso gli analisti, mettendo in crisi la parte commerciale. Così Elkann potrà svestire i panni del manager e tornare a fare il finanziere, quello che è sempre stato».

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