Trump alla Nigeria: fermate i massacri di cristiani o lo faremo noi

di Redazione ETI
2 Novembre 2025 8:54 Aggiornato: 2 Novembre 2025 9:11

Donald Trump avverte la Nigeria: se non ferma immediatamente il genocidio di cristiani gli Stati Uniti interverranno militarmente. Se il governo nigeriano continuerà a permettere il massacro dei cristiani, ha detto ieri il presidente americano su Truth, «gli Stati Uniti sospenderanno immediatamente ogni forma di aiuto e assistenza alla Nigeria» e potrebbero anche intervenire usando le armi «per spazzare via completamente i terroristi islamici responsabili di queste atrocità». Il ministero della Guerra americano è stato allertato, ha detto il presidente precisando anche: «Se colpiremo, lo faremo in modo rapido, feroce e risolutivo». In risposta al messaggio del presidente, il ministro della Guerra Pete Hegseth ha annunciato che il Pentagono si sta già preparando a intervenire.

L’avviso di Trump al governo nigeriano giunge il giorno successivo all’annuncio della sua decisione di dichiarare la Nigeria come una nazione da “attenzionare” ai sensi dell’International Religious Freedom Act, una legge che conferisce al presidente americano il potere di sospendere aiuti e scoraggiare ulteriori rapporti finanziari con nazioni che perseguitino i propri cittadini per motivi religiosi. Una norma che gli Stati Uniti applicano anche nei confronti della Repubblica Popolare Cinese fin dal 1999, anno in cui la dittatura comunista cinese ha iniziato a perseguitare, torturare e uccidere per motivi religiosi (o meglio: antireligiosi) 100 milioni di cittadini cinesi praticanti del Falun Gong. A cui si sommano le detenzioni di massa, i lavori forzati,  le torture inflitte dal regime ai musulmani uiguri, nella regione dello Xinjiang, e la persecuzione dei cattolici cinesi.

Il 31 ottobre, il deputato Riley Moore aveva già sollecitato il ministro degli Esteri Marco Rubio a applicare questa norma alla Nigeria, dopo l’attacco contro una congregazione della Chiesa Unita di Cristo nella comunità di Kaduna: «Notizie orribili dal nord della Nigeria. Un pastore è stato assassinato e venti cristiani sono stati rapiti – aveva scritto Moore su X – È il secondo attacco contro questa stessa comunità cristiana soltanto in questo mese».

In risposta alla decisione di Trump di classificare la Nigeria “Paese di particolare preoccupazione”, il ministero degli Esteri nigeriano ha diffuso una nota sabato, in cui afferma: «Rimaniamo fermamente impegnati nella lotta contro l’estremismo violento alimentato da interessi di parte che hanno contribuito a seminare degrado e divisione nei Paesi dell’Africa occidentale e del Sahel». E poi: «Piangiamo tutte le vittime dell’estremismo violento e rendiamo onore alle nostre forze armate che continuano a combattere contro avversari crudeli ma codardi. Il governo federale della Nigeria continuerà a difendere tutti i cittadini, indipendentemente da razza, credo o religione».

Ma la dichiarazione del ministero degli Esteri della Nigeria appare più come un impegno di principio a livello teorico, che una concreta strategia di contrasto agli estremismi violenti che imperversano nella nazione africana. La realtà è che la Nigeria affronta una sfida complessa e radicata, caratterizzata dalla presenza di varie organizzazioni terroristiche come Boko Haram, la fazione islamista Iswap,  gli estremisti fulani e altre milizie armate sparpagliate soprattutto nel nord e nelle aree del Sahel.

Diversi fattori incidono sulla difficoltà di una seria risposta delle istituzioni: corruzione interna, poche risorse e gravi inefficienze, sia a livello di ordine pubblico, sia di apparato militare.
Nonostante il governo nigeriano abbia adottato leggi antiterrorismo e creato unità militari specializzate, gli attacchi continuano a mietere vittime civili e a seminare il terrore in diverse aree della nazione.
Molte comunità cristiane infatti sono costrette a vivere in una condizione di costante minaccia e subiscono distruzioni di chiese, sequestri e omicidi, mentre la risposta dello Stato resta insufficiente e talvolta controversa anche a causa di accuse di “passività” e persino di “favoritismi”.

 


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