Nuove misure punitive in arrivo dall’America per chi tassa e censura i social media

di Redazione ETI
26 Agosto 2025 13:52 Aggiornato: 26 Agosto 2025 13:53

Secondo round fra Donald Trump e Bruxelles: il presidente americano ha annunciato l’ipotesi di limitare le esportazioni di semiconduttori statunitensi e di introdurre ulteriori dazi sulle importazioni provenienti dai Paesi che si rifiutino di abolire le imposte sui servizi digitali.
In un messaggio pubblicato su Truth, Trump ha espresso la sua opposizione alle tasse digitali, sostenendo che le normative sui mercati digitali adottate da altri Paesi siano concepite «per danneggiare o discriminare la tecnologia americana». Trump ha avvertito che i Paesi che mantengono tali imposte si troveranno a pagare «dazi aggiuntivi significativi» e che Washington imporrà restrizioni alle esportazioni di chip prodotti negli Stati Uniti. Nonostante la formulazione “generica”, è evidente come il principale destinatario del messaggio sia l’Europa.
«Questi Paesi, in modo scandaloso, esentano completamente le più grandi aziende tecnologiche cinesi. Questo deve finire, e deve finire ora» ha poi aggiunto Trump in riferimento alle nazioni che tassano i servizi digitali.

Diversi Stati europei tassano i ricavi delle vendite di fornitori di servizi digitali, tra cui Google/Alphabet, Facebook/Meta, Apple e Amazon. La questione ha rappresentato un punto di attrito con l’Europa per diverse amministrazioni statunitensi. Ma ora pare che Trump abbia detto basta: secondo Reuters, il governo americano starebbe valutando l’adozione di sanzioni contro funzionari dell’Unione Europea e/o di suoi Stati membri, che siano responsabili dell’attuazione del Digital Services Act, una normativa accusata di limitare la libertà di espressione degli americani e imporre oneri economici alle aziende tecnologiche statunitensi. La decisione sull’introduzione di misure punitive, che con ogni probabilità assumerebbero la forma di restrizioni sui visti, non è ancora stata presa ufficialmente.

Secondo una comunicazione interna del ministero degli esteri Usa, citato da Reuters all’inizio di agosto, l’amministrazione Trump avrebbe incaricato i diplomatici americani in Europa di fare pressioni in opposizione al Dsa, con l’obiettivo di modificarlo. In una direttiva di inizio agosto, il ministro degli Esteri americano Marco Rubio ha ordinato ai diplomatici americani di confrontarsi regolarmente con i governi europei e le autorità per i servizi digitali, per esprimere le preoccupazioni degli Stati Uniti sul Dsa e sui costi finanziari che comporta per le aziende americane. Già a maggio, Rubio aveva ventilato l’introduzione di divieti di visto per chiunque «censuri» gli americani – sui social media o meno – suggerendo che tale politica potrebbe riguardare funzionari stranieri che applichino certe normative alle aziende tecnologiche statunitensi. Un portavoce del Dipartimento di Stato, citato da Reuters, ha poi dichiarato: «Stiamo seguendo con grande preoccupazione l’aumento della censura in Europa».

Un portavoce della Commissione Europea, sempre sentito da Reuters, ha definito «del tutto infondate» le accuse del governo degli Stati Uniti, sottolineando che, secondo Bruxelles, «la libertà di espressione è un diritto fondamentale nell’Ue» e che «il Dsa stabilisce per gli intermediari digitali regole finalizzate a contrastare i contenuti illegali, tutelando al contempo la libertà di espressione e di informazione online». Ma le società controllanti di diversi social media americani, come Meta Platforms (proprietaria di Facebook e Instagram) ribattono che – al di là delle, più che condivisibili, enunciazioni di principio – nei fatti la normativa europea equivalga a una forma di censura.

Intervenendo alla Conferenza Internazionale sulla Sicurezza di Monaco il 14 febbraio di quest’anno, il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance ha “messo in imbarazzo” la platea dei leader europei evidenziando diverse normative e politiche che, in Europa, si stanno traducendo in una vera e propria attività di censura nei confronti, innanzitutto, dei cittadini europei.


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