È lampante, le autorità cinesi stanno nascondendo i dati sull’epidemia

Le testimonianze degli addetti ai lavori non lasciano spazio a dubbi

Di Nicole Hao

Le testimonianze di medici, informatori e funzionari governativi hanno ormai dimostrato che la cultura dell’occultamento e dell’inganno tipica della burocrazia del Partito Comunista Cinese ha contribuito alla proliferazione dell’epidemia.

Il nuovo coronavirus, la cui esistenza è stata confermata dalle autorità cinesi solo il 31 dicembre – diverse settimane dopo la diagnosi del primo caso – si è ormai diffuso in tutte le regioni e province della Cina continentale; anche Hong Kong, Macao, Taiwan e altri 14 Paesi del mondo hanno registrato casi di infezione dal nuovo e letale virus.

Per evitare critiche politiche, le autorità non hanno rivelato ai cittadini cinesi importanti informazioni sulla malattia, né la vera portata dell’epidemia. Le notizie sulle prime persone infette dalla cosiddetta polmonite di Wuhan sono state occultate, mentre il governo ha proibito agli ospedali di diagnosticare la malattia, limitando così al minimo il numero di persone che potevano essere isolate per tempo.

Di conseguenza, molti cinesi non erano a conoscenza del pericolo finché non è stato troppo tardi.

Un caso esemplare è quello di Yang Jun, residente a Pechino e vice presidente della società di energia solare Trine Solar; l’uomo aveva iniziato a sentirsi male e a manifestare sintomi di polmonite il 15 gennaio, dopo il suo ritorno da un viaggio a Wuhan.
Yang non sapeva nulla circa la gravità dell’epidemia, e perciò non indossava una maschera facciale all’aperto. In quelle settimane le autorità cinesi sostenevano infatti che non ci fossero prove evidenti che il virus potesse essere trasmesso tra esseri umani.

Il 20 gennaio, Yang ha partecipato a un incontro con i genitori della scuola di suo figlio a Pechino, un incontro a cui hanno preso parte oltre 600 genitori; la malattia gli è stata diagnosticata solo il 22 gennaio.

Alla fine, cinque giorni dopo, Yang è morto all’età di 50 anni. Ed ora anche a sua figlia, studentessa delle scuole superiori, è stato diagnosticato il coronavirus.

Dati falsati

Il 24 gennaio la rivista medica The Lancet ha pubblicato uno studio basato sui dati clinici dei primi 41 pazienti infettati dal nuovo coronavirus a Wuhan, la capitale della provincia di Hubei. Lo studio è stato realizzato da un team di 29 medici provenienti da Pechino, Wuhan e da altre aree della Cina. I dati sono stati raccolti negli ospedali di Wuhan dal Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc).

Tuttavia, questi dati si sono rivelati molto diversi da quelli rilasciati inizialmente dalle autorità sanitarie di Wuhan.

Nel primo rapporto che ha confermato l’esistenza della nuova epidemia virale, la commissione sanitaria di Wuhan aveva inizialmente affermato che il primo paziente aveva manifestato i sintomi il 12 dicembre 2019. In seguito la commissione ha rivisto la data portandola all’8 dicembre, senza rilasciare alcuna spiegazione. Tuttavia, lo studio del The Lancet afferma che «i sintomi del primo paziente sono stati identificati per la prima volta il primo dicembre».

Le autorità di Wuhan hanno inoltre sostenuto che gran parte dei 41 pazienti iniziali fossero anziani e che avessero già altri problemi di salute. Mentre lo studio della celebre rivista scientifica inglese ha scoperto che l’età media delle vittime era in realtà di 49 anni e che tra queste «meno della metà presentava malattie croniche o gravi».

In un primo momento le autorità cinesi hanno anche negato la possibilità che la malattia potesse essere trasmessa tra esseri umani.

Il 20 gennaio, Zhong Nanshan, un importante esperto che lavora per il governo centrale, ha annunciato ufficialmente, durante una conferenza stampa a Pechino, che la malattia aveva limitate capacità di trasmissione da uomo a uomo.

Ma lo studio del The Lancet ha invece sottolineato che il primo caso noto di trasmissione da uomo a uomo era già avvenuto molto tempo prima.

La prima vittima del virus è morta il 9 gennaio; un uomo che era continuamente a contatto con il mercato alimentare che le autorità di Wuhan hanno indicato come la probabile fonte dell’epidemia.

Cinque giorni dopo il manifestarsi dei sintomi, anche «sua moglie, una donna di 53 anni che pare non fosse entrata in diretto contatto con il mercato, ha manifestato i sintomi della polmonite ed è stata ricoverata in ospedale nel reparto di isolamento». In seguito le è stato diagnosticato il coronavirus. Quindi, il virus deve aver infettato la moglie prima del 9 gennaio.

Occultamento dell’epidemia

Il 28 gennaio il capo del partito di Wuhan, Ma Guoqiang, ha fatto una rivelazione sorprendente.

In una conferenza stampa, ha dichiarato che il governo centrale non ha permesso al Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) dello Hubei di diagnosticare la malattia fino al 16 gennaio; fino a quel momento, i campioni dei pazienti dovevano essere rigorosamente inviati a Pechino. Ad ogni modo, Ma ha dichiarato che il Cdc dell’Hubei era in grado di eseguire appena 300 test al giorno.

Il 24 gennaio, Pechino ha finalmente permesso a nove ospedali di Wuhan e al Cdc della città di diagnosticare la malattia. Tutte queste organizzazioni avevano già le certificazioni necessarie, ma non erano autorizzate a fare diagnosi.

Allo stesso modo, il sindaco di Wuhan, Zhou Xianwang, ha accusato i suoi superiori di aver gestito male la crisi.

Durante un telegiornale andato in onda il 27 gennaio sull’emittente statale Cctv, Zhou ha dichiarato che il governo centrale aveva preso la decisione di non divulgare le informazioni sull’epidemia. Ed ha aggiunto che anche il governo della città non ha pubblicato le informazioni in tempo e non è riuscito a contenere adeguatamente il virus: «Le informazioni sull’epidemia non sono state tempestive. […] In qualità di leader di un governo locale, ho potuto pubblicare le informazioni solo dopo aver ricevuto l’autorizzazione dalle autorità».

Manipolazione dei dati

Long Can, un reporter indipendente cinese con sede a Los Angeles, ha condiviso screenshot di alcuni post sui social – pubblicati e poi cancellati – scritti da Meng Xin, ricercatore dell’Istituto nazionale cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie virali di Pechino. Meng aveva dichiarato che lui e i suoi colleghi hanno ricevuto dei campioni da Wuhan il 2 gennaio e che avevano isolato con successo il virus già il 7 gennaio: «Abbiamo lavorato giorno e notte. Nel giro di una settimana, abbiamo isolato il virus e ottenuto la sequenza del genoma. […] Nelle due settimane successive, abbiamo sviluppato dei kit di diagnosi e li abbiamo distribuiti ad ogni Cdc provinciale».

«Tuttavia… Wuhan ha continuato a non segnalare nuovi casi», ha scritto Meng.

Il ricercatore ha accusato i funzionari del governo di nascondere le informazioni per mantenere un clima illusorio di sicurezza e protezione: «Il 19 gennaio il nostro istituto ha organizzato una riunione con tutto il personale. Ma Xiaowei, il direttore della Commissione nazionale cinese per la salute, ci ha dato delle istruzioni: La politica è la prima priorità; poi la sicurezza; la terza priorità è la scienza», ha scritto Meng.

I siti web cinesi hanno recentemente ripubblicato una lettera trapelata che è stata scritta da un medico che lavora in un ospedale di alto livello di Wuhan. La lettera, indirizzata a Ma, era stata originariamente pubblicata sulla bacheca interna del sito web del Cdc cinese.

Il medico ha scritto che dal 12 gennaio un gran numero di pazienti affetti da polmonite si sono recati nel suo ospedale: «Le infezioni che presentano i loro polmoni sono anomale … Sospettiamo fortemente che si tratti del coronavirus».

Tuttavia, tra il 12 e il 16 gennaio la commissione sanitaria di Wuhan non ha segnalato alcun nuovo caso confermato.

Il medico affermava che i risultati delle Tac ai pazienti mostravano infezioni coerenti con i sintomi del nuovo coronavirus, ma: «I nostri superiori non ci hanno permesso di diagnosticare il coronavirus ai pazienti», affermava il medico.

Inoltre, il medico ha precisato che molti di questi pazienti a cui non è stato diagnosticato il virus hanno continuato ad andarsene in giro per Wuhan senza indossare una maschera. Addirittura, anche il personale medico che lavorava in altri reparti dell’ospedale si è rifiutato di indossare una maschera prima che la città fosse messa in quarantena il 23 gennaio.

Il 24 gennaio un insider ha raccontato all’edizione cinese di Epoch Times che il Cdc cinese ha manipolato il numero dei casi confermati limitando il numero dei kit diagnostici distribuiti agli ospedali.

L’insider lavora presso un’organizzazione autorizzata a distribuire questi kit di diagnosi, e ha dichiarato che solo alcuni «ospedali qualificati» possono ottenerli, e che anche in questi casi il numero di kit che gli vengono forniti è inferiore al 10 per cento di quelli necessari per testare i pazienti. «Questo spiega come mai la Cina abbia improvvisamente segnalato centinaia di nuovi casi confermati in un paio di giorni. Stanno manipolando i dati. Il numero reale dei soggetti infetti è molto maggiore».

Emblematico anche il caso della Zhongyuan Huadian Tech, una società di Wuhan che ha inviato una lettera aperta al governo di Wuhan il 22 gennaio, nella quale afferma che l’ospedale di Tongji si è rifiutato di curare il suo dipendente Zhang Xin e suo padre. La società ha quindi citato la risposta dell’ospedale: «Non abbiamo kit di diagnosi, e non accettiamo pazienti senza una diagnosi confermata».

Il media cinese indipendente Significant People ha scritto il 24 gennaio che il Primo Ospedale di Wuhan, l’Ospedale n.6 di Wuhan, l’ospedale della Croce Rossa di Wuhan e il Wuhan Pulmonary Hospital sono stati designati come ospedali per il trattamento del coronavirus, ma che in realtà stanno tutti rifiutando i pazienti a causa dell’insufficiente fornitura dei kit diagnostici.

L’articolo citava diversi funzionari sanitari di Wuhan che hanno risposto affermando che è il Cdc nazionale a organizzare «la distrubuzione dei kit di diagnosi negli ospedali».

 

Articolo in inglese: Chinese Authorities Hide True Scale of Deadly Outbreak From Citizens, Fueling Crisis

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