Perché la Cina comunista vuole creare un’arma con l’ebola

Di Patricia Adams; Lawrence Solomon

Fin dalla prima epidemia di Ebola nello Zaire nel 1976, i capifila delle armi biologiche del mondo hanno riconosciuto l’importanza di sfruttare la letalità – dell’80% – del virus.

Il vicino comunista della Cina, l’Unione Sovietica, potrebbe essere stato il primo a tentare di creare un’arma biologica che chiamò Ebolapox, che «avrebbe provocato le emorragie e l’alto tasso di mortalità del virus Ebola, causando il vaiolo nero (blackpox), con l’altissima contagiosità del vaiolo (smallpox)», ha dichiarato Kenneth Alibek, ex capo scienziato e primo vice direttore dell’agenzia di guerra biologica Biopreparat dell’era sovietica. Questo programma di armi biologiche è rimasto attivo negli anni ’90, anche dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

La Cina potrebbe non essere stata molto lontana dalla Russia nel cercare di sfruttare il potenziale dell’Ebola. Secondo l’Indian Defence Review, «nel 2003 la potente Accademia delle Scienze cinese ha annunciato a Parigi di voler acquisire un laboratorio per agenti patogeni di classe 4 (P4), in grado di ospitare i virus più pericolosi (Ebola, coronavirus, H5N1 eccetera)».

Nello stesso anno, secondo i documenti del Canadian Security Intelligence Service (Csis) rilasciati al Parlamento canadese, la scienziata cinese Qiu Xiangguo ha iniziato a lavorare presso il National Microbiology Laboratory canadese di classe 4, ad alta sicurezza, a Winnipeg, che avrebbe prodotto scoperte critiche sull’Ebola per l’esercito cinese.

Nel 2012, il Csis ha rivelato che la signora Qiu stava collaborando con un individuo o un’ente che «lavora a stretto contatto con il Pla [Esercito Popolare di Liberazione, ndr] per acquisire tecnologie occidentali». Nel 2013, funzionari dell’Accademia cinese di scienze mediche militari (Amms), nota per lo «sviluppo di armi biologiche», hanno nominato la signora Qiu per un «premio di cooperazione internazionale» cinese per il lavoro svolto in Canada che «ha fornito alla parte cinese la sequenza genetica dell’Ebola, aprendo una porta di convenienza per la Cina», secondo Epoch Times.

Le iniziative cinesi sull’Ebola hanno preceduto di oltre un decennio l’epidemia di Ebola in Africa occidentale del 2014, quando l’Ebola è esplosa nella coscienza pubblica con i timori di un’epidemia negli Stati Uniti e in Europa che ha galvanizzato l’attenzione del mondo. Inoltre, tra tutti gli agenti patogeni letali studiati, l’Ebola era «al primo posto» nella mente della signora Qiu, secondo quanto ha dichiarato l’israeliano Dany Shoham, esperto del programma di guerra biologica della Cina, che ha definito la ricerca sull’Ebola di Qiu come la priorità perseguita con «la massima attenzione».

Quando l’epidemia del 2014 ha colpito, la Cina si è rapidamente posizionata al centro degli sforzi di risposta della comunità internazionale, fornendo 123 milioni di dollari per il fondo di 1 miliardo di dollari richiesto dalle Nazioni Unite per combattere l’epidemia: più della maggior parte dei donatori occidentali tradizionali, come Francia e Canada, e molto più di qualsiasi altro Paese se misurato utilizzando il criterio pro capite delle Nazioni Unite.

Oltre al contributo in denaro, la Cina ha massimizzato la sua capacità di documentare la progressione mortale del virus Ebola in tempo reale, di accettare pazienti in osservazione, di eseguire test e di raccogliere campioni di Ebola, facendo arrivare oltre 1.000 esperti medici e di controllo delle malattie da agenzie come il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, insieme ad attrezzature mediche, laboratori mobili e ambulanze.

La fine dell’epidemia in Africa occidentale nel 2016 non ha messo fine all’attenzione dei militari cinesi per il virus Ebola. Al contrario, l’attenzione si è spostata in Canada, dove la signora Qiu è stata elogiata quell’anno per aver collaborato con il Magg. Gen. Zhang Shitao, direttore dell’Accademia cinese di scienze mediche militari. Altri riconoscimenti sono arrivati dal Magg. Gen. Chen Wei, a capo della ricerca dell’esercito cinese sulla biosicurezza, la biodifesa e il bioterrorismo.

Il Magg. Gen. Chen, soprannominato «Lupo Guerriero» e descritto dalla stampa cinese come «il massimo esperto della nostra nazione» in materia di difesa da armi biologiche e chimiche, ha dichiarato che la signora Qiu «ha usato il Laboratorio di Biosicurezza di Livello 4 del Canada come base per aiutare la Cina a migliorare la sua capacità di combattere agenti altamente patogeni […] e ha ottenuto risultati brillanti». Su ordine della signora Qiu, dei ceppi del virus Ebola sono stati spediti dal laboratorio di Winnipeg alla Cina nel 2019.

È improbabile che la Cina stia sviluppando delle capacità legate all’Ebola per proteggere la propria popolazione. La Cina è poco o per nulla suscettibile a un’epidemia di Ebola e non ha nemmeno una storia di Ebola.

Nemmeno gli Stati Uniti – che considerano la Cina comunista come la loro minaccia militare numero 1 – sono un probabile obiettivo immediato per il regime cinese. Gli epidemiologi sono generalmente concordi nel ritenere che il mondo sviluppato non corra il rischio di un’epidemia perché l’Ebola è relativamente facile da contenere una volta che si verifica un focolaio: le avanzate infrastrutture occidentali per i servizi igienico-sanitari e le fognature, insieme alle importanti strutture sanitarie e ai controlli di tracciabilità e quarantena, non forniscono il terreno fertile che potrebbe potenzialmente permettere all’Ebola di insediarsi.

Anche Taiwan, nemico della Cina a est, sarebbe un obiettivo improbabile per un attacco di Ebola, grazie alle sue infrastrutture mediche superiori. Secondo quanto riferito, il sistema sanitario di Taiwan è il numero 1 al mondo e possiede eccezionali capacità di contenimento.

Non è così per l’India, il nemico cinese a sud, le cui regioni altamente popolate, impoverite e con difficoltà infrastrutturali la rendono altamente suscettibile a un’epidemia di Ebola, secondo il signor Shoham. La sua opinione fa eco a quella di Peter Piot, co-scopritore dell’Ebola nel 1976, che durante l’epidemia del 2014 ha dichiarato che un’epidemia di Ebola sarebbe stata «particolarmente difficile» per l’India, così come il dottorando dell’Università di Princeton Nikhil Pandhi, che ha illustrato in modo crudo le fragilità dell’India sull’Hindustan Times.

L’India non ha ancora affrontato la sua vulnerabilità sistemica all’Ebola, una mancanza particolarmente evidente se si considerano le ostilità decennali tra le forze armate dei due Paesi e le lezioni della pandemia Covid-19, in cui la Cina ha imparato che i suoi agenti biologici possono mettere in ginocchio avversari lontani e vicini senza sparare un solo colpo.

 

I punti di vista espressi in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente i punti di vista di Epoch Times.

Patricia Adams è un’economista e presidente della Energy Probe Research Foundation e di Probe International, un think tank indipendente in Canada e nel mondo. È editrice dei servizi di informazione internet Three Gorges Probe e Odious Debts Online e autrice o curatrice di numerosi libri. I suoi libri e articoli sono stati tradotti in cinese, spagnolo, bengalese, giapponese e bahasa Indonesia. Può essere contattata all’indirizzo patriciaadams@probeinternational.org

Articolo in lingua inglese: Why Communist China Is Determined to Weaponize Ebola

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