Tribunale internazionale sentenzia: il prelievo forzato di organi in Cina è realtà

La giuria indipendente ha stabilito all’unanimità che il terribile crimine è ancora in corso

Dopo un anno di indagini, un tribunale popolare indipendente ha stabilito all’unanimità che in Cina i prigionieri di coscienza sono stati e continuano a essere uccisi per i loro organi «su scala significativa».
La giuria ha concluso inoltre che i praticanti del Falun Gong, una disciplina spirituale perseguitata in Cina, sono stati una delle principali fonti di organi.

Il Falun Gong è una pratica spirituale che consiste in esercizi di meditazione e in una serie di insegnamenti morali basati sui valori di verità, compassione e tolleranza. I suoi aderenti vengono perseguitati dal regime cinese da 20 anni, rinchiusi spesso nelle prigioni, nei campi di lavoro e nei ‘centri di lavaggio del cervello’, dove in molti hanno subito e subiscono torture continue, che hanno lo scopo di costringerli a rinnegare la loro fede. Decine di migliaia di praticanti finiscono per morire nelle prigioni per le torture e – a quanto pare – per il prelievo forzato dei loro organi.

«Il tribunale – afferma la sentenza – non dispone di alcuna prova a sostegno del fatto che le grandi infrastrutture connesse al settore dei trapianti cinese siano state smantellate; e, in assenza di una spiegazione soddisfacente in merito alla fonte degli organi già pronti all’uso, conclude che il prelievo forzato di organi continui ancora oggi».

La giuria ha anche aggiunto, che, pur non disponendo di prove definitive a riguardo, sussiste il «rischio» che anche i musulmani uiguri dello Xinjiang siano soggetti al prelievo forzato di organi quando sono incarcerati nei «campi di rieducazione» delle autorità cinesi. Secondo le stime del Dipartimento di Stato degli Usa e di vari esperti, al momento più di un milione di uiguri e membri di altre minoranze musulmane sarebbero incarcerati in questi campi, dove sono costretti, tra le altre cose, a subire l’indottrinamento politico del regime.

Oltre al presidente del tribunale, Sir Geoffrey Nice, che aveva guidato il processo nei confronti dell’ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic presso il Tribunale Penale Internazionale, la giuria del tribunale popolare consiste di sette esperti internazionali.

Il prelievo forzato di organi è una realtà «innegabile»

Il tribunale ha anche riscontrato, dopo aver considerato tutte le prove disponibili e ascoltato 50 testimoni, che al di là di ogni ragionevole dubbio i praticanti del Falun Gong sono stati vittime di crimini contro l’umanità.

I giudici hanno anche contattato dei rappresentanti del regime cinese, tra cui l’Ambasciata di Londra e dei funzionari del Ministero della Sanità, ma non hanno ricevuto risposta. Tuttavia il tribunale – specifica il presidente Nice – non ha considerato il silenzio del regime come una delle prove a supporto delle proprie conclusioni.

Il tribunale ha ricevuto «una grande quantità di prove» che dimostrano che i tempi d’attesa per gli organi, promessi da medici e ospedali cinesi, sono incredibilmente brevi, tanto da non essere plausibili nei normali sistemi di donazione volontaria di organi. Tra le prove ci sono delle telefonate a medici cinesi e la testimonianza di un medico israeliano, che ha raccontato di un suo paziente a cui era stato garantito un tempo di attesa di due settimane per un trapianto di cuore in Cina.

Inoltre le prove statistiche hanno rivelato che il numero di trapianti condotto effettivamente in Cina, non è coerente con i dati forniti dal sistema cinese di donazione volontaria. Secondo Nice, infatti, in base all’analisi delle infrastrutture e della capacità di 146 ospedali cinesi, una stima prudente è che ogni anno vengano condotti tra i 60 mila e i 90 mila trapianti: un dato molto maggiore rispetto a quello di 10 mila – 20 mila fornito dal regime.

Il tribunale ha anche ricevuto prove consistenti da parte dei sopravvissuti, in merito al fatto che gli allora prigionieri sono stati sottoposti a esami medici, come ad esempio le analisi del sangue. Secondo il giudice Nice è evidente come questi esami venissero effettuati per verificare lo stato di salute degli organi, dato che i soggetti esaminati venivano al contempo anche torturati mentre si trovavano in prigione (segno del fatto che il regime non tenesse certo al loro benessere). Inoltre, continua il noto giudice, agli allora prigionieri non è mai stato dato alcun responso sui risultati degli esami.

Al tribunale sono state fornite anche testimonianze dirette del prelievo forzato di organi, afferma Nice, tra le quali quella di un ex chirurgo al quale è stato ordinato di eseguire dei prelievi di organi nel momento in cui il lucroso business era appena agli inizi.

Il dottor Enver Tohti, ha infatti raccontato di aver rimosso due reni e un fegato da un prigioniero del braccio della morte. E prima del prelievo la vittima era ancora viva: «Quello che ricordo è che con il mio bisturi ho provato a penetrare nella cute, c’era sangue. Questo indicava che il cuore batteva ancora […] Allo stesso tempo esercitava una certa resistenza sul mio bisturi, ma era troppo debole», ha affermato.

Il 17 giugno Tohti ha riferito a Ntd (media partner di Epoch Times) che ancora oggi si sente perseguitato dal rimorso per le sue azioni: «Vado in chiesa, in moschea, nei templi per pregare per lui, nel caso fosse musulmano, cristiano o buddista».

Ha inoltre affermato come a suo avviso il giudizio del tribunale possa fornire agli avvocati ulteriori prove con le quali denunciare i crimini nascosti del regime comunista cinese: «È un verdetto collettivo, il governo cinese è colpevole».

Il tribunale invita all’azione

Il tribunale ha concluso che le prove dimostrano che il regime cinese ha commesso crimini contro l’umanità. Non ha potuto però determinare se abbia commesso anche il crimine di genocidio, così come definito dal diritto internazionale, dal momento che non è stato possibile dimostrare l’intento di distruggere un intero specifico gruppo (o una parte).

Il tribunale ha affermato che i governi e gli organismi internazionali «devono fare il loro dovere», a seguito del fatto che è ormai stabilito che il regime cinese ha commesso crimini contro l’umanità: «Le persone in potere di avviare indagini e procedimenti presso tribunali internazionali o presso l’Onu, hanno ora un dovere: verificare se è stato commesso un genocidio».

In caso contrario, il tribunale ha esortato i cittadini ad agire congiuntamente per fare pressioni sui governi «in modo che quei governi e gli organismi internazionali non possano non agire».

Infine, il tribunale ha osservato che i governi e chiunque stia interagendo con il regime cinese, compresi i medici, le istituzioni mediche, le imprese e le istituzioni educative, «dovrebbero ora riconoscere di star […] interagendo con uno Stato criminale».

Il regime cinese ha ripetutamente negato le accuse di prelievo forzato di organi.

Secondo Sky News, l’ambasciata cinese a Londra ha dichiarato: «Il governo cinese segue sempre i principi guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul trapianto di organi umani e negli ultimi anni ha rafforzato la sua gestione del trapianto di organi».

In una dichiarazione, Susie Hughes, direttrice esecutiva e cofondatrice del gruppo etico dei trapianti The International Coalition to End Transplant Abuse in China (Etac), ha chiesto una risposta urgente per porre fine a questi orrendi crimini: «Non si tratta più di sapere se sta accadendo o meno il prelievo forzato di organi in Cina, quella fase è da tempo finita. Abbiamo bisogno di una risposta urgente per salvare le vite di queste persone».
«A tal fine, dobbiamo pretendere che la Cina risponda dei suoi crimini contro l’umanità, dobbiamo interrompere immediatamente ogni collaborazione correlata ai trapianti con la Cina, e impedire ai nostri cittadini di farsi coinvolgere nel turismo dei trapianti in Cina».

Ethan Gutmann, opinionista esperto di Cina e autore di una relazione approfondita sul prelievo forzato di organi, indaga sul problema da più di un decennio. A Ntd ha riferito che per lui il giudizio del tribunale è stata una notizia «dolceamara»: «Il China Tribunal, per certi versi, è in ritardo di cinque, sei, sette o anche dieci anni. Questo sarebbe dovuto accadere sin dall’inizio. Così tante persone sono morte a causa di questo errore di valutazione, e per questa mancanza di coraggio dell’Occidente».

Annie Yang, una dei numerosi praticanti del Falun Gong che hanno raccontato al tribunale delle torture subite per la loro fede, nonché degli esami medici durante la detenzione, ha confidato a Ntd che a suo avviso il giudizio del tribunale rappresenta uno sviluppo significativo, che potrebbe essere utilizzato per costringere la gente e i governi ad agire: «Le persone hanno bisogno di coraggio per parlare, per parlarne, per farlo sapere alla gente. Solo così puoi fermare questa persecuzione, il prelievo forzato di organi, e questo crimine».

 

Articolo in inglese: Forced Organ Harvesting in China Has Taken Place ‘on a Significant Scale,’ Independent Tribunal Finds

 
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