Marcia indietro a Bruxelles: obiettivi di Co2 irrealizzabili e sì ai motori a combustione

di Redazione ETI
27 Agosto 2025 18:34 Aggiornato: 28 Agosto 2025 8:37

Gli obiettivi dell’Unione europea di riduzione delle emissioni di Co2 dei veicoli, inclusa una diminuzione del 100% per le automobili entro il 2035, non sono realizzabili. Lo hanno dichiarato oggi, senza mezzi termini, le associazioni dei produttori automobilistici e dei fornitori di componenti europei.

Ursula von der Leyen incontrerà il 12 settembre i dirigenti del settore automobilistico per discutere del futuro di un settore industriale che deve affrontare la duplice sfida della concorrenza cinese nei veicoli elettrici e dei dazi statunitensi. In una lettera indirizzata alla von der Leyen, l’amministratore delegato di Mercedes-Benz Ola Kaellenius, e Matthias Zink, Ad della divisione powertrain e chassis di Schaeffler Ag, si sono impegnati a raggiungere l’obiettivo Ue di emissioni nette zero entro il 2050. Ma quanto all’oggi, hanno sottolineato come i produttori europei si trovino quasi totalmente dipendenti dalla Cina per le batterie, oltre a denunciare un’infrastruttura di ricarica disomogenea e costi di produzione più elevati, lamentandosi infine dei dazi degli Stati Uniti.

«Rispettare i rigidi obiettivi di C02 per auto e furgoni nel 2030 e nel 2035, nel mondo di oggi, non è semplicemente più fattibile» hanno scritto i rappresentanti del settore automobilistico europeo. Norme cogenti e sanzioni salatissime, fanno notare, non bastano a realizzare una “transizione” che, nei fatti, è diventata una rivoluzione immediata imposta dall’alto. I costruttori europei, naturalmente, non rinnegano i veicoli elettrici «ma deve esserci spazio anche per ibridi plug-in, estensori di autonomia, veicoli con motore a combustione interna ad alta efficienza, idrogeno e carburanti decarbonizzati». I due capi delle associazioni hanno inoltre chiesto una revisione della normativa sulle emissioni di anidride carbonica per camion e autobus.

Lo scorso marzo, la Commissione aveva concesso ai costruttori automobilistici più tempo per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di Co2 inizialmente previsti addirittura per il 2025. Ma evidentemente non è sufficiente. Tutt’altro: diversi esponenti (tutti tedeschi) del Partito Popolare Europeo – il gruppo parlamentare centrodestra cui appartiene Ursula von der Leyen stessa – hanno persino invocato la revoca da parte di Bruxelles della messa al bando dei motori a combustione interna, attualmente fissato per il 2035.

Manfred Weber, presidente del gruppo Ppe al Parlamento europeo, infatti, in passato ha più volte sollecitato l’abbandono del divieto, sostenendo che l’Ue dovrebbe adottare un approccio «tecnologicamente neutrale» per consentire la permanenza di auto a combustione, al fine di evitare costi eccessivi per i consumatori e perdite di posti di lavoro a favore della Cina. Jens Gieseke, ha a sua volta criticato aspramente il divieto, definendolo una «ideologia proibizionista» che ostacola l’innovazione e potrebbe portare a un “effetto Havana”, con gli europei costretti a guidare vecchie auto a combustione per decenni; come Weber, chiede un approccio tecnologicamente neutrale che preservi migliaia di posti di lavoro. Poi il deputato Dennis Radtke, che ha definito la messa al bando uno «sbaglio» che va urgentemente corretto per tutelare competitività e posti di lavoro. Sulla stessa linea dei colleghi, infine, anche il deputato Jens Spahn.


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