Lukoil accusa il colpo delle sanzioni e vende i propri asset

di Redazione ETI/Tom Ozimek
29 Ottobre 2025 13:00 Aggiornato: 29 Ottobre 2025 13:00

La compagnia petrolifera russa Lukoil ha annunciato l’intenzione di cedere i propri asset internazionali in seguito all’imposizione di sanzioni da parte dell’amministrazione Trump. Tali sanzioni hanno colpito l’azienda e il colosso energetico Rosneft nel tentativo di esercitare pressione sulla Russia affinché ponga fine alla guerra in Ucraina.

L’azienda ha reso pubblica la decisione il 27 ottobre, dichiarando che la mossa è una risposta alle misure restrittive imposte da diversi Paesi, inclusi gli Stati Uniti. Le sanzioni hanno congelato gli asset di Lukoil negli Stati Uniti e hanno vietato alle aziende e ai singoli cittadini statunitensi di intrattenere rapporti commerciali con la società e le sue sussidiarie. Il gigante petrolifero ha dichiarato, tramite un comunicato, che «a causa dell’introduzione di misure restrittive contro l’azienda e le sue sussidiarie da parte di alcuni Stati, annuncia la sua intenzione di vendere i propri asset internazionali». La società ha specificato di aver già avviato la considerazione delle offerte da parte di potenziali acquirenti e che richiederà un’estensione della sua “licenza di liquidazione” dell’Ofac qualora necessitasse di tempo aggiuntivo oltre la scadenza del 21 novembre per completare le transazioni.

Le misure restrittive fanno parte dello sforzo di Donald Trump per spingere Vladimir Putin a sospendere le operazioni militari in Ucraina e concordare un cessate il fuoco. Rappresentano il primo round significativo di sanzioni economiche imposte a Mosca dal ritorno di Trump alla Casa Bianca per il suo secondo mandato. «Ho semplicemente sentito che fosse il momento» ha detto Trump ai giornalisti nello Studio Ovale il 22 ottobre, mentre ospitava il Segretario Generale della Nato Mark Rutte. «Queste sono sanzioni enormi. Speriamo che non rimangano in vigore a lungo. Speriamo che la guerra si risolva».

I provvedimenti riguardano Rosneft e Lukoil, che insieme rappresentano oltre la metà delle esportazioni di greggio della Russia, e circa trenta loro sussidiarie. Queste aprono anche la porta a sanzioni secondarie per le banche e le aziende straniere che continueranno a intrattenere rapporti commerciali con le società inserite nella lista nera, tagliando di fatto l’accesso al sistema finanziario statunitense per i trasgressori.

«Ora è il momento di fermare le uccisioni e di arrivare a un cessate il fuoco immediato» ha dichiarato il ministro del Tesoro Scott Bessent, che supervisiona l’Ofac, in un comunicato del 22 ottobre. «Dato il rifiuto del Presidente Putin di porre fine a questa guerra insensata, il Tesoro sta sanzionando le due maggiori compagnie petrolifere russe che finanziano la macchina da guerra del Cremlino. Il Tesoro è pronto ad adottare ulteriori azioni, se necessario, per sostenere lo sforzo del Presidente Trump per porre fine a un’altra guerra».

Le partecipazioni internazionali di Lukoil sono estese e coprono undici Paesi, includendo raffinerie di petrolio in Bulgaria, Romania e Paesi Bassi e quote in progetti di estrazione in Azerbaigian, Kazakistan, Uzbekistan, Iraq, Egitto, Camerun, Nigeria, Ghana, Messico, Emirati Arabi Uniti e Repubblica del Congo.

Le sanzioni segnano un brusco cambio di rotta rispetto alla precedente strategia di moderazione di Trump, che mirava a perseguire canali diplomatici per porre fine al conflitto. Il Presidente aveva annullato un summit previsto con Putin a fine ottobre, definendo i colloqui una perdita di tempo. La sua amministrazione ha anche fatto pressione su Paesi come India e Cina affinché limitino le importazioni di petrolio russo e ha messo in guardia contro penalità in caso di mancata conformità.
Anche il Regno Unito aveva imposto sanzioni a Lukoil il 15 ottobre, quando il ministro degli Esteri britannico Yvette Cooper aveva dichiarato la necessità di fare pressione per un cessate il fuoco. Il Regno Unito ha colpito inoltre, Rosneft e 44 navi cisterna della flotta ombra, sottoponendole a congelamento dei beni, restrizioni al trasporto e divieto di servizi fiduciari britannici, il che significa che le aziende del Regno Unito non possono più aiutarle a creare o gestire conti o società offshore.

Dal Cremlino, Putin ha condannato le sanzioni statunitensi come un atto ostile, accusando Washington di minare le relazioni tra i due Paesi, che avevano recentemente mostrato segni di miglioramento. «È un fatto ovvio e non rafforza le relazioni Russia-Usa che avevano appena cominciato a riprendersi» ha dichiarato il 23 ottobre, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa russa Tass. «Certamente, l’amministrazione Usa danneggia le relazioni Russia-Usa con tali azioni».

Si prevede che le misure restrittive incideranno sulle finanze della Russia in un momento cruciale. Le entrate derivanti da petrolio e gas rappresentano circa un terzo del budget federale di Mosca, finanziando sia la spesa militare sia i sussidi interni che aiutano ad ammortizzare il colpo economico della guerra.

Putin ha comunque affermato che le restrizioni sulle esportazioni di petrolio russo potrebbero spingere al rialzo i prezzi dell’energia, osservando che, a differenza della Russia, gli Stati Uniti consumano più petrolio di quanto ne vendano. Ha inoltre sostenuto che le sanzioni non avranno un impatto significativo sull’economia russa.