Un pericolo spesso sottovalutato per la salute pubblica deriva dalle sostanze chimiche sintetiche presenti negli imballaggi e nelle attrezzature di lavorazione, che contaminano gli alimenti, in particolare quelli ultra-processati. Una revisione pubblicata su Nature Medicine individua le principali fonti e tipologie di contaminanti chimici, collegati a disturbi endocrini, problemi riproduttivi e maggiore incidenza di tumori. La contaminazione resta spesso inosservata, poiché queste sostanze migrano negli alimenti in modo impercettibile attraverso processi ritenuti sicuri. Diversamente da contaminazioni evidenti, come quelle batteriche, i contaminanti chimici si trasferiscono lungo quattro principali vie: trasporto, lavorazione, imballaggio e preparazione.
Durante il trasporto, contenitori e tubazioni rilasciano sostanze chimiche, soprattutto in presenza di sbalzi termici o contatti prolungati. La lavorazione, che trasforma materie prime in prodotti finiti, favorisce la migrazione a causa di macchinari e nastri trasportatori realizzati con materiali sintetici, spesso sottoposti ad alte temperature. Gli imballaggi in plastica costituiscono un’importante fonte di contaminazione per via del contatto diretto e prolungato con gli alimenti. Nella fase di preparazione, il riscaldamento incrementa ulteriormente la migrazione di sostanze chimiche. Tutti i contaminanti chimici trasferiti in cibi o bevande vengono ingeriti. Rappresentano, quindi, un rischio concreto.
Tra i contaminanti identificati, il bisfenolo A diglicidil etere, noto disturbatore endocrino, si trasferisce dai rivestimenti di contenitori metallici durante trasporto e stoccaggio. Gli ftalati, utilizzati nei tubi in cloruro di polivinile, contaminano il latte in fase di lavorazione e trasporto. Anche i detergenti impiegati per la sanificazione possono lasciare residui chimici. I prodotti da fast food risultano particolarmente esposti, a causa di numerosi imballaggi usa e getta e materiali di servizio.
L’esposizione ai contaminanti chimici comporta rischi significativi per la salute. Studi evidenziano un legame con patologie croniche diffuse. Gli ftalati presenti negli imballaggi alimentari sono associati a problemi riproduttivi, come parti prematuri che possono favorire malattie renali e diabete in età adulta. Il di(2-etilesil)ftalato (Dehp), plastificante di origine sintetica, risulta correlato a obesità e diabete, con una probabilità stimata tra il 40 e il 69% di incidenza diretta.
L’acido perfluoroottanoico, un altro contaminante chimico diffuso, è classificato come cancerogeno dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. I bisfenoli, tra cui il bisfenolo A (Bpa), interferiscono con il sistema ormonale: influenzano salute riproduttiva, metabolismo e sviluppo, soprattutto nei bambini e nelle donne in gravidanza.
Soluzioni alternative come rivestimenti biologici, barriere prive di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) e plastificanti più sicuri sono già disponibili, ma presentano limiti in termini di costi, performance e durata. La transizione richiede tempo e l’impegno delle aziende alimentari, ancora legate a tecnologie e impianti tradizionali.
Cereali per la colazione, piatti pronti surgelati, carni lavorate, bevande energetiche zuccherate, pane confezionato, bibite, snack, dolciumi e condimenti rientrano tra gli alimenti più esposti alla contaminazione da contaminanti chimici, a causa dei complessi processi produttivi e delle esigenze di imballaggio.
Nonostante la diffusione di questi contaminanti, risulta possibile limitare l’esposizione con alcune misure pratiche. Ridurre il consumo di alimenti ultra-processati, preferendo cibi freschi e integrali con imballaggi minimi, rappresenta un passo efficace. Per i prodotti confezionati, risulta preferibile scegliere per imballaggi in vetro o acciaio inossidabile, materiali che riducono il rischio di migrazione chimica rispetto alla plastica.
Sostituire i contenitori in plastica per la conservazione con alternative in vetro o acciaio inossidabile limita la migrazione di sostanze indesiderate. Riscaldare i cibi evitando contenitori in plastica e preferire vetro o ceramica, contribuisce a ridurre ulteriormente l’esposizione. L’impiego di utensili e taglieri in legno, vetro o acciaio inossidabile (in sostituzione della plastica) diminuisce il rischio di contaminazione. Preparare pasti in casa e scegliere ingredienti freschi permette di evitare prodotti pronti con imballaggi complessi.
Un sistema alimentare più sicuro richiede una revisione complessiva volta a ridurre l’uso di sostanze sintetiche pericolose. La consapevolezza pubblica costituisce il primo passo per stimolare pressioni verso un’offerta più sicura, anche se la transizione richiede tempo. Tutti gli imballaggi e le attrezzature destinate al contatto con alimenti necessitano di test di sicurezza aggiornati per rilevare contaminanti chimici e microplastiche. Una maggiore conoscenza del problema evidenzia l’urgenza di affrontare una questione collegata a numerose patologie gravi e ancora non diagnosticate.
Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.