Giorgia Meloni esce “promossa” dai referendum

di Redazione ETI/Reuters
11 Giugno 2025 11:15 Aggiornato: 11 Giugno 2025 12:24

Il referendum sulla modifica delle norme in materia di cittadinanza e lavoro è stato un fallimento per l’opposizione poiché ha rafforzato il governo. La consultazione, articolata in cinque quesiti referendari, era stata sostenuta da una coalizione di partiti, sindacati e associazioni della società civile. Le proposte comprendevano la riduzione da dieci a cinque anni del periodo di residenza richiesto per ottenere la cittadinanza, nonché un rafforzamento delle tutele per i lavoratori.

Pur registrando la prevalenza del voto favorevole (come è normale, visto che chi è contrario non vota “no” ma evita direttamente di andare al seggio), l’affluenza si è attestata intorno al 30% degli aventi diritto, ben al di sotto del quorum del 50% più uno. Diversi esponenti dell’esecutivo avevano invitato a disertare le urne, mentre l’opposizione sperava che un’ampia partecipazione potesse rappresentare un segnale politico e indebolire dell’attuale maggioranza. Secondo questa logica, quindi, il messaggio inviato dagli italiani è stato opposto rispetto alle intenzioni della sinistra, ossia di approvazione per l’attuale esecutivo.

Non può non saltare all’occhio poi, come la maggioranza degli italiani non abbia risposto all’appello della sinistra relativo alla reintroduzione delle tutele ai lavoratori che le leggi approvate dal governo Renzi una decina d’anni orsono hanno abolito.
«È stata una grande sconfitta per la sinistra, che rafforza il governo», ha commentato infatti il vicepresidente del Consiglio e leader di Forza Italia, Antonio Tajani.

Anche per Lorenzo Pregliasco, analista dell’istituto YouTrend, «si è trattato di un tentativo» fallito «di colpire il governo». Secondo le rilevazioni di YouTrend, circa 12,9 milioni di elettori hanno votato “Sì” ai quesiti sul lavoro. Ma l’analisi del voto ha messo in luce differenze significative tra i quesiti legati al lavoro e quello relativo alla cittadinanza: oltre l’85% dei votanti si è espresso a favore di maggiori tutele per i lavoratori, ma circa un terzo ha votato “no” alla proposta di accelerare le procedure per ottenere la cittadinanza italiana, dato che va a evidenziare una notevole disomogeneità all’interno dell’elettorato di sinistra e centro-sinistra.

Secondo il sondaggista Antonio Noto, «una parte dell’elettorato di sinistra più moderata non condivide le posizioni dei partiti progressisti in materia migratoria. Non è contraria all’accoglienza, ma auspica norme che regolino con maggiore rigore l’ingresso e il conferimento della cittadinanza». Specularmente, i dati dicono che una parte degli elettori di destra abbia scelto di recarsi alle urne, disobbedendo alle indicazioni dei propri leader, ma per inserire nell’urna solo la scheda relativa al quesito sulla cittadinanza. Probabilmente proprio per inviare un messaggio di approvazione alle politiche migratorie attuale esecutivo.

Il fallimento della consultazione referendaria rappresenta un duro colpo per le organizzazioni che si battono per l’integrazione dei migranti. Nonostante la notevole copertura mediatica, promotori hanno denunciato confusione comunicativa e una sovrapposizione del tema cittadinanza con altri dibattiti, come quello sulla gestione dei flussi migratori e degli sbarchi. In questo senso, forse anche l’aver accorpato due temi tanto eterogenei come il lavoro e il diritto di cittadinanza, si è dimostrato un autogol per i promotori.

Secondo un sondaggio dell’istituto Swg diffuso martedì, Fratelli d’Italia è accreditato a oltre il 30%, in forte crescita rispetto al 26% ottenuto alle elezioni del 2022. Il Partito Democratico, principale forza di opposizione, risulta attestarsi attorno al 23%.

 


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