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Cucina italiana patrimonio dell’Unesco

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Tempo di lettura: 4 Min.

Il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio Unesco rappresenta una straordinaria opportunità di crescita economica per il Paese, a partire dall’export, che nel 2025 raggiungerà la cifra record di 73 miliardi di euro, nonostante dazi Usa, tensioni internazionali e blocchi commerciali. È quanto emerge da una proiezione Coldiretti su dati Istat diffusa in occasione dell’Assemblea nazionale della più grande organizzazione agricola d’Italia e d’Europa, riunita a Roma con il presidente e il segretario generale, Ettore Prandini e Vincenzo Gesmundo. Per l’occasione i cuochi contadini di Campagna Amica hanno preparato i principali piatti delle tradizioni regionali, una grande sfilata delle ricette che hanno contribuito al riconoscimento Unesco. Nei primi nove mesi dell’anno l’agroalimentare nazionale ha registrato una crescita del 6 per cento sui mercati globali, con l’obiettivo di consolidare e possibilmente aumentare ulteriormente questo risultato entro fine anno. Il prodotto più esportato è il vino, davanti a ortofrutta trasformata, formaggi, pasta e derivati dei cereali, frutta e verdura fresche, salumi e olio d’oliva. La Germania resta il principale mercato di sbocco dei prodotti agroalimentari italiani, con una crescita nel 2025 del 7 per cento, seguita da Francia (+6 per cento), Stati Uniti (-1 per cento), Gran Bretagna (+3 per cento) e Spagna (+15 per cento). L’effetto dazi sull’export negli Usa. Gli Usa rimangono il primo mercato extra Ue, anche se l’effetto dei dazi al 15 per cento imposti dal presidente Trump sull’export europeo si è fatto sentire. Dopo un primo trimestre dell’anno con una crescita media dell’11 per cento in valore, nei primi tre mesi di applicazione dei dazi aggiuntivi al 10 per cento le esportazioni agroalimentari italiane verso gli Usa sono progressivamente diminuite, fino al crollo di agosto (-23 per cento) con l’aumento dei dazi al 15 per cento. A settembre il dato resta negativo, ma risale al -11 per cento. Resta da capire quali saranno gli effetti a lungo termine delle tariffe, con la speranza che l’Ue riesca a riaprire le trattative. Il peso delle barriere commerciali. Il Made in Italy continua a essere penalizzato anche da tensioni e blocchi commerciali, barriere sanitarie e ostacoli burocratici spesso utilizzati strumentalmente contro i prodotti agroalimentari nazionali. Queste misure, ufficialmente motivate dalla necessità di prevenire la diffusione di malattie o parassiti, non trovano spesso riscontro nella realtà e mascherano in molti casi politiche protezionistiche, volte a difendere interessi locali e ad aggirare accordi internazionali sul libero scambio. Per valorizzare al massimo il potenziale dell’enogastronomia italiana – rafforzato dal riconoscimento Unesco – è essenziale superare queste barriere e colmare i gap infrastrutturali del Paese, che ci costano oltre 93 miliardi di euro in export mancato, di cui 9 miliardi solo nell’agroalimentare. «Occorre contrastare l’agropirateria globale, con il falso Made in Italy alimentare che supera i 120 miliardi di euro, sottraendo risorse e posti di lavoro al Paese, senza dimenticare il fenomeno dell’italian sounding anche sul mercato interno», sottolinea il presidente di Coldiretti Ettore Prandini. L’invasione di prodotti stranieri low cost. Dal grano canadese trattato con glifosato all’olio sottocosto proveniente da Tunisia e Grecia, dal riso asiatico ai derivati del pomodoro straniero, gli ultimi mesi hanno visto un aumento di importazioni di prodotti di qualità inferiore, spesso coltivati con pesticidi vietati da anni nella Ue. Questi arrivi hanno provocato un drastico abbassamento dei prezzi pagati agli agricoltori italiani e rappresentano un rischio per la salute dei consumatori e per la tenuta delle filiere nazionali.

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