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Tra il 2019 e il 2023 sono stati registrati 36 casi di danni ai cavi sottomarini

Xi Jinping sta per ordinare l’invasione di Taiwan?

Gli analisti della sicurezza considerano gli attacchi informatici e il sabotaggio dei cavi sottomarini come le fasi preliminari di un attacco armato

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Immagine generica. Manifestazione militare di Taiwan, Kaohsiung, 9 gennaio 2025. Foto Ann Wang/Reuters

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Tempo di lettura: 3 Min.

Secondo alcuni analisti, il regime cinese sta sabotando sistematicamente i cavi sottomarini che collegano Taiwan al resto del mondo.
Le prime tensioni risalgono a febbraio 2025, quando la nave cinese Togo Hong Tai 58 è stata ritenuta responsabile del danneggiamento del cavo sottomarino Taiwan–Penghu numero 3. Nell’agosto 2025, un tribunale taiwanese ha condannato il capitano dell’imbarcazione, Wang Yuliang, a tre anni di reclusione, segnando la prima condanna inflitta a un capitano di una nave cinese per un episodio di questo tipo. Il Parlamento di Taiwan ha approvato il 16 dicembre una serie di emendamenti alle leggi sui cavi sottomarini per prevenire futuri incidenti.
Ma la dittatura comunista ha declinato ogni responsabilità, sostenendo che il sabotaggio sarebbe invece da attribuire esclusivamente a due cittadini taiwanesi; successivamente, l’ufficio di pubblica sicurezza di Weihai ha annunciato una ricompensa fino a 250 mila yuan – definita dal governo di Taipei «anticostituzionale» –  per informazioni utili alla loro cattura, accusandoli di contrabbando. Ma secondo alcuni esperti le prove raccolte dalla guardia costiera di Taiwan bastano a smentire la propaganda del regime cinese sul generico “contrabbando”, mentre la guardia costiera di Taipei dispone di diverse prove schiaccianti, tra cui la rotta della nave.
E i dati del Control Yuan di Taiwan, indicano che l’episodio di febbraio non è un caso isolato. Tra il 2019 e il 2023 sono stati infatti registrati 36 casi di danni ai cavi sottomarini. Danneggiare cavi interrati sul fondale marino è tecnicamente complesso, e l’elevata frequenza di interruzioni nello Stretto di Taiwan, nettamente superiore alla media mondiale, fa pensare a un intervento umano deliberato piuttosto che a guasti accidentali. Inoltre, vengono costantemente individuate navi sospette, sia battenti bandiera cinese che mongola, ma di fatto gestite da operatori cinesi, attive proprio nelle aree in cui i cavi vengono danneggiati.
Sebbene le interruzioni dei cavi possano verificarsi in condizioni normali, queste infrastrutture diventano obiettivi prioritari in caso di escalation militare. Nel peggiore degli scenari, la distruzione dei cavi sottomarini potrebbe interrompere istantaneamente oltre metà del traffico dati di Taiwan, sovraccaricando le reti civili e i sistemi di emergenza e paralizzando le comunicazioni governative.
Li Chung-chih, esponente del think-tank taiwanese Dimes Center, ha definito gli incidenti come «sabotaggi mirati» che potrebbero provocare uno «shock» all’intera economia mondiale. Gli analisti della sicurezza considerano gli attacchi informatici e il sabotaggio dei cavi sottomarini come le fasi preliminari di un attacco armato. Una valutazione condivisa anche durante una conferenza della Fondazione del Collegio di difesa della Nato lo scorso giugno.
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