Logo Epoch Times
Perché il regime cinese appoggia la jihad?

La sottile alleanza tra il regime cinese e la jihad islamica

Il legame fra regime cinese e jihad è noto e comprovato. Qualunque situazione possa danneggiare l'Occidente è sistematicamente sfruttata dal Partito comunista cinese

top-article-image

Miliziani palestinesi delle brigate Al-Quds al funerale di Sha-aban Al-Dahdoh a Gaza City, 6 Agosto 2014. Immagine di archivio. Foto EPA/MOHAMMED SABER via Ansa.

author-image
Condividi articolo

Tempo di lettura: 6 Min.

Il Partito comunista cinese insiste sull’urgenza di risolvere rapidamente la situazione umanitaria a Gaza. Xi Jinping ha pubblicato un messaggio in occasione della sessione dell’Onu dedicata al “Giorno di solidarietà con il popolo palestinese” in cui sottolinea che la questione di Gaza «influisce sulla giustizia internazionale e sulla stabilità regionale». Per il Segretario generale del Pcc, il metodo da applicare per risolvere la crisi è la “soluzione a due Stati”, e esorta la comunità internazionale ad affrontare le radici della questione, assumendosi responsabilità, correggendo ingiustizie storiche e difendendo equità e giustizia.
Dall’attacco terroristico di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023, Pechino ha fin da subito adottato una linea anti israeliana, espressa in numerose dichiarazioni e condanne contro Israele. L’8 ottobre 2023, in una prima reazione al massacro, il ministero degli Esteri cinese aveva invitato le due parti coinvolte a «rimanere calme e ad astenersi da ulteriori azioni». Senza menzionare in alcun modo Hamas, Pechino aveva poi espresso «profonda preoccupazione» per l’escalation di tensioni e violenza, e aveva rinnovato l’appello alla soluzione a due Stati. Il 9 ottobre il ministero degli Esteri cinese aveva anche aggiunto che la Cina «condanna atti del genere contro i civili», ma il testo evitava (di nuovo) di citare espressamente l’organizzazione terroristica, e ribadiva che «la Cina è amica sia di Israele sia della Palestina».
Il 23 febbraio 2024, durante la quarta giornata di udienze alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, Ma Xinmin, funzionario del ministero degli Esteri cinese ha cambiato tono, affermando: «il popolo palestinese ha il diritto di usare la forza per opporsi all’oppressione straniera e completare la creazione di uno Stato palestinese indipendente». Ma è stato durante una riunione tra l’ambasciatore cinese Wang Kejian e l’ex capo di Hamas Ismail Haniyeh del 17 marzo 2024, che il regime cinese ha espresso chiaramente la «grande disponibilità» di Pechino a mantenere stretti rapporti tra il Pcc e l’organizzazione terroristica.
Recentemente, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che «Paesi come il Qatar e la Cina hanno investito e investono ingenti somme per influenzare i giornali occidentali in chiave anti-israeliana, attraverso bot e pubblicazioni». E ad avvalorare questa tesi ci sono diversi analisti, tra cui Frank Gaffney Jr, secondo cui il Pcc è infatti il principale finanziatore della Jihad, e ha formato con le organizzazioni terroristiche un «asse» per destabilizzare l’Occidente: «La Cina è un vero e proprio banchiere della Jihad» e compra quasi tutto il petrolio iraniano, fornendo a Teheran i soldi per armare Hamas, Hezbollah e gli Houthi, dando così il «via libera» all’attacco del 7 ottobre per indebolire sia gli Stati Uniti che Israele.
Naturalmente il regime cinese non sostiene l’islamismo per affinità ideologica, anzi: in questo caso il motto “il nemico del mio nemico è mio amico” è vero più che mai. Lo conferma anche l’analista Gordon G. Chang, che vede l’avvicinamento tra il regime cinese e le organizzazioni terroristiche un «doppio gioco» messo in atto dalla dittatura comunista in cui la Cina si presenta al mondo come il «pacificatore» che chiede il cessate il fuoco, ma in realtà, oltre a fungere da banca per Teheran attraverso il petrolio, appoggia la Jihad facendo da megafono alla «propaganda per Hamas» su TikTok.
E secondo quanto riportato nell’articolo “China’s Support of Hamas: Evidence and Actions” dall’ex ufficiale dell’Us Air Force Guermantes Lailari, sono stati ritrovati «enormi depositi di equipaggiamento cinese» dall’esercito israeliano a Gaza e utilizzati da Hamas: fucili d’assalto, lanciagranate, radio ed esplosivi. É stato persino scoperto un laboratorio dotato di tecnologia missilistica cinese. Il regime cinese ha negato ogni coinvolgimento diretto, ma è da escludere, dice l’esperto, che le autorità cinesi non fossero a conoscenza che le armi (fatte passare attraverso l’Iran) «sarebbero finite nelle mani di Hamas». L’ex ufficiale americano cita anche una delle tante prove che dimostrano la strana alleanza fra comunisti cinesi e jihadisti a Gaza:  Mohammed Deif, capo dell’ala militare di Hamas. Deif sarebbe stato inviato in Cina nel 1996 dall’Organizzazione per la liberazione della Palestina, dove avrebbe studiato artiglieria, missilistica ed esplosivi a Shijiazhuang, sposando poi due donne musulmane cinesi per poi portarle in patria nel 2000; a Gaza, una delle due mogli avrebbe «fatto  da tramite» per le comunicazioni dirette tra Hamas e il Partito comunista cinese.
In definitiva, ciò che resta inconfutabile è che Pechino non ha mai speso una sola parola di condanna per il massacro del 7 ottobre. Al contrario, ha scelto di stringere la mano a Hamas. Questo perché, più il Medio Oriente si trova nel caos, più gli Stati Uniti vi restano coinvolti e più la Cina può avanzare indisturbata. Ma dietro questa apparente freddezza da superpotenza c’è la verità che Pechino cerca disperatamente di nascondere: il Pcc è alla canna del gas tra economia in caduta libera, demografia al collasso e debito fuori controllo. E in questo momento di massima debolezza, l’ultima cosa di cui la dittatura comunista ha bisogno è un Medio Oriente pacificato e allineato con Washington.
Iscriviti alla nostra newsletter - The Epoch Times