La Russia si unisce alla Cina nella persecuzione del Falun Gong

di Redazione ETI/Eva Fu
24 Luglio 2025 15:11 Aggiornato: 24 Luglio 2025 15:11

Un tribunale di Mosca ha condannato a quattro anni di carcere una donna accusata di praticare il Falun Gong, in un’inquietante convergenza tra Russia e Cina.

Il 23 luglio, dopo un anno di detenzione, Natalya Minenkova, 47 anni, è stata giudicata colpevole con l’accusa di «svolgere attività in un’organizzazione indesiderata». La sentenza è arrivata il giorno successivo a una perquisizione nell’abitazione di un’altra praticante in Siberia, alla quale sono stati sequestrati telefono e computer. Nell’ultimo anno, in Russia la repressione contro i praticanti di questa disciplina spirituale si è intensificata: da marzo 2024, altri sette praticanti sono stati arrestati o incriminati. Nel novembre scorso, Oksana Shchetkina, di Pyatigorsk, nel sud della Russia, è stata condannata a due anni di carcere per i suoi legami con l’associazione Amici del Falun Gong. A fine giugno, il cittadino russo Zhu Yun è stato condannato a tre anni con la stessa accusa.

La controversa legge del 2015, che criminalizza le «attività di un’organizzazione indesiderata», ha permesso alle autorità russe di colpire oltre cento organizzazioni, inclusi giornalisti e attivisti per i diritti umani. Levi Browde, direttore esecutivo del Falun Dafa Information Center, ha definito «pericolosa e allarmante» la persecuzione di chi pratica la meditazione del Falun Gong. La condanna di Natalya Minenkova arriva a tre giorni dal 26esimo anniversario dell’inizio della persecuzione del Falun Gong in Cina: «la tempistica richiama le strategie di Pechino e segnala un’inquietante convergenza con la sua repressione autoritaria. È indegno della sovranità e della dignità nazionale della Russia piegarsi alle pressioni di Pechino per bandire il Falun Gong e imprigionare i propri cittadini. La Storia non sarà clemente con chi sceglie di collaborare con il Partito comunista cinese, il regime comunista più brutale oggi al mondo». Browde evidenzia poi un «modello preoccupante» legato alla crescente influenza cinese e alla repressione del Falun Gong su scala mondiale. L’arresto della donna appena condannata era avvenuto nel maggio 2024, due settimane prima di un incontro tra Putin e Xi Jinping in cui i due leader avevano sancito una «nuova era» nell’alleanza tra i due regimi. Operazioni simili si sono verificate in Serbia e Malesia nell’ultimo anno, in concomitanza con le visite di Xi, segnalando un «fenomeno di repressione transnazionale legato all’influenza di Pechino. Questi episodi fanno temere che Mosca e altri governi stiano sopprimendo comunità religiose pacifiche per accattivarsi Pechino, usando la repressione come moneta diplomatica».

Ma rispetto alle detenzioni temporanee in Serbia e Malesia, la situazione in Russia appare più grave: Mosca ha dichiarato illegali sette associazioni legate al Falun Gong e ha vietato pubblicazioni come lo Zhuan Falun, testo fondamentale della pratica, oltre a un documento sul prelievo forzato di organi perpetrato dal regime cinese. Nel 2017, alcune città russe hanno vietato una mostra d’arte sulle torture e le persecuzioni subite in Cina dai praticanti, col pretesto di «preservare buoni rapporti internazionali» con la dittatura comunista cinese.

Natalya Minenkova, impiegata in un’azienda di forniture dentali e praticante del Falun Gong da oltre dieci anni, ha affrontato il processo con determinazione. Il 23 luglio ha dichiarato in aula: «Noi diciamo la verità sulla persecuzione del Falun Gong e il Partito comunista cinese ne ha paura. E qui, in Russia, compie le sue azioni sporche attraverso le vostre mani! Le mani di investigatori, procuratori e dei servizi di sicurezza […] Per quanto a lungo e attentamente le forze dell’ordine cerchino prove del “crimine” per cui sono processata, non le troveranno, perché non c’è né crimine né colpa. E le forze dell’ordine lo sanno».

Da tempo impegnata a denunciare la persecuzione del Falun Gong e del prelievo forzato di organi dai praticanti in Cina, Natalya Minenkova ha partecipato a forum medici e scritto lettere per sensibilizzare l’opinione pubblica: «Non posso tacere di fronte agli omicidi. È molto doloroso vedere che il mio Paese, invece di proteggermi dalla persecuzione del Partito comunista cinese e di contribuire a denunciare torture, omicidi e prelievo forzato di organi in Cina, è uno strumento nelle mani del Pcc e perseguita i propri cittadini. Il carcere non è la cosa peggiore che possa capitare a una persona. È molto peggio perdere sé stessi, rifiutandosi di agire secondo la propria coscienza».


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