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La Speranza era l'ultimo elemento rimasto nel vaso di Pandora

Il Natale è la vera speranza per il mondo terreno

Non è necessario essere cristiani per rendersi conto che si tratta di qualcosa di speciale; anche un ateo può apprezzare che questa è una storia straordinaria che riscalda il cuore

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Raffaello, “Madonna del Granduca", particolare. Pubblico dominio.

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Non è necessario essere cristiani per rendersi conto che si tratta di qualcosa di speciale; anche un ateo può apprezzare che questa è una storia straordinaria che riscalda il cuore
Lo scrivevo un paio di anni fa in un altro articolo sul Natale, ed è sempre vero, come è altrettanto vero che, ancora una volta, il Natale è alle porte!
Sottolineavo che, per me, la cosa importante nella storia del Natale si può esprimere in una frase del Credo niceno: «È disceso dal cielo». Come allora, penso che questa sia la via attraverso cui Dio entra nella nostra vita.
Gli esseri umani desiderano costantemente elevarsi, innalzarsi nel paradiso del proprio ego, esaltati dalla propria presunzione. Eppure, come ci dice il Libro dei Proverbi: «L’orgoglio precede la rovina e lo spirito altero precede la caduta». Significa che abbiamo bisogno di umiltà. Ma naturalmente il Natale ha più di un significato; anzi, i suoi significati sono praticamente inesauribili e, riflettendo sulla situazione preoccupante in cui versa il mondo oggi, potremmo chiederci quale altro messaggio reale di questo giorno riguardi il presente.

Di Ambroz da Pixabay. Pubblico dominio

LA SPERANZA

La speranza, Elpìs, era l’ultimo elemento rimasto nel vaso di Pandora, dopo che tutti i mali e le malattie erano sfuggite per stravolgere e corrompere il genere umano. Che cos’è la speranza? Vaclav Havel, drammaturgo ceco e primo presidente della Repubblica Ceca, ci dà un buon punto di partenza affermando: «La speranza non è la convinzione che qualcosa andrà bene, ma la certezza che qualcosa ha senso, indipendentemente da come andrà a finire». In termini più pratici, la speranza è quella che ci permette di prosperare. Nel libro Working with Emotional Intelligence (Lavorare con l’intelligenza emotiva), Daniel Goleman scrive: «Gli studi sulla competenza dimostrano che i migliori professionisti nel settore dei servizi umani, dall’assistenza sanitaria alla consulenza all’insegnamento, esprimono speranza per coloro che cercano di aiutare. … In lavori come questi, dove lo stress è elevato e le frustrazioni sono comuni … la speranza è fondamentale».
Una caratteristica fondamentale di una persona di grande successo è avere speranza. Pertanto, nel rapportarci con gli altri, abbiamo bisogno di speranza se vogliamo davvero fare la differenza. Lo scrittore britannico G.K. Chesterton osservava che «prima di tutto… tutte le porte si spalancano al coraggio e alla speranza». Attraverso la speranza, possiamo aprire le porte!
E il filosofo J.J. Godfrey in un libro del 1987 A Philosophy of Human Hope (Filosofia della speranza umana), dice che la fiducia è «un atteggiamento assunto nei confronti del presente», mentre la speranza è «un atteggiamento assunto nei confronti del futuro». Parla di un insegnante che diceva ai suoi studenti: «Sto lavorando al vostro futuro. … Sto inviando attraverso di voi messaggi al futuro che io non vedrò mai… Io non vedrò l’anno [2020], ma voi sì. Invierò un messaggio attraverso di voi e sarà un messaggio positivo».

Giorgione, Natività, 1507 ca. Pubblico dominio.

Il Natale però non è un’astrazione filosofica o teologica, ma la celebrazione di un evento reale accaduto a persone apparentemente normali. Il nostro punto di partenza sarà quindi quello di guardare da vicino la storia. Maria e Giuseppe erano persone comuni, come la maggior parte di noi con bollette da pagare, il lunario da sbarcare e, in situazioni economiche difficili, doverci arrangiare per cavarcela. Per Maria e Giuseppe, ci fu l’imperatore Augusto che aveva ordinato alle diverse genti di tornare nella loro città natali per essere censite e tassate. L’impossibilità di trovare un posto nelle locande e la sistemazione di Maria e Giuseppe nella stalla ci dice quanto fosse difficile la vita in quei tempi (e quanto fosse rischiosa o, se non altro, piuttosto antigienica); e la storica furia omicida di Erode aggiunge il senso di pericolo imminente: la vita per lui valeva poco e le conseguenze per aver contrariato un tiranno potevano essere fatali.

Guido Reni, La strage degli innocenti, 1611. Pinacoteca Nazionale di Bologna. Pubblico dominio.

Ci piace immaginare, dato che non ci sono prove né in un senso né nell’altro, che la Natività sia avvenuta nel cuore dell’inverno ma, ed è qui che entra in gioco la speranza, il Bambino era stato annunciato in anticipo, la sua nascita era stata pianificata secondo i disegni di Dio. Inoltre, alcuni segni proclamavano l’importanza di questo Bambino: in cielo, la stella sopra di lui, e sulla Terra, semplici e umili pastori sapevano cosa stesse accadendo e, più di loro, i saggi provenienti dall’Oriente che arrivarono per testimoniare la nascita di questo bambino. E stranamente, anche le azioni malvagie e “senza speranza” di Erode dimostrano il potere del bene: Erode stesso infatti credeva che quel quel Bambino minacciasse la sua autorità e il suo potere, altrimenti perché avrebbe ordinato lo sterminio e fatto di tutto per eliminarlo?

Raffaello, Madonna del Granduca, 1506-1507. Palazzo Pitti, Firenze. Pubblico dominio.

In un certo senso, quindi, la storia della nascita di Gesù è simile alla nascita di ogni essere umano che viene al mondo: è accompagnata dalla convinzione che un bambino possa fare la differenza, compiere azioni buone e rendere il mondo un posto migliore. È il trionfo della vita sulla morte. Ma c’è un altro aspetto, unico, nella nascita di Gesù e lo possiamo vedere nella storia della sua intera esistenza e di quello che ha realizzato. Mi riferisco in particolare agli effetti della sua vita dopo aver lasciato la Terra: la fine del paganesimo nell’Impero Romano; la morte dell’impero stesso in seguito alla conversione al cristianesimo; il conseguente abbattimento delle barriere tra uomini e donne, tra schiavi e uomini liberi; l’abolizione definitiva della schiavitù (cosa sconosciuta nel mondo antico); e il riconoscimento dell’anima di ogni essere umano come qualcosa di prezioso di per sé, di inestimabile. Sono cose queste che oggi tendiamo a dimenticare, ma sono state le conseguenze a lungo termine dell’affermarsi del Cristianesimo e della speranza che ha accompagnato la nascita di quel bambino.

Illustrazione del 1909 tratta da A Christmas Carol, cena di Natale della povera famiglia Cratchit. Le feste, la famiglia e i momenti felici rendono più facile sopportare i freddi e bui giorni invernali. Pubblico dominio.

Questo vediamo e proviamo a Natale: la vita vince sulla morte e abbiamo tutte le ragioni per festeggiare. Essere come bambini ci permette di essere aperti, curiosi e innocenti, qualità che naturalmente danno origine alla speranza. Anche allontanarsi dalle preoccupazioni degli adulti è necessario per la speranza, perché senza di essa si finisce per crollare: prendersi una pausa è rigenerante per lo spirito e la comunità. Un proverbio russo dice “Nel regno della speranza non c’è inverno”, cioè possiamo sopportare l’inverno freddo e buio perché il Natale ci dà la speranza di superarlo.
Il messaggio grande e importante del Natale è questo: la vera luce del mondo è arrivata e, attraverso quella luce, tutti noi abbiamo speranza: speranza nei bambini, speranza nel fatto che ogni essere umano è speciale e speranza nell’idea che esiste un grande piano divino di cui tutti noi facciamo parte. Perché allora non celebrarlo, credendo che tutto avrà un senso.