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L'amministrazione Trump avvisa il regime cinese

Washington: pronti a reagire alle provocazioni cinesi contro il Giappone

«Le azioni della Cina minacciano la pace e la stabilità nella regione», ha dichiarato l’ambasciatore statunitense in Giappone George Glass

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Foto: Evelyn Hockstein/Reuters.

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«Le azioni della Cina minacciano la pace e la stabilità nella regione», ha dichiarato l’ambasciatore statunitense in Giappone George Glass, in risposta alle provocazioni del regime cinese quando il 6 dicembre due caccia cinesi J-15 avevano puntato i radar contro due F-15 giapponesi nei cieli di Okinawa. «L’alleanza tra Stati Uniti e Giappone adesso è più forte che mai. Il nostro impegno verso l’alleato giapponese è incrollabile. Rimarremo in contatto su questa questione».
Ma la dittatura comunista cinese ha scaricato completamente la responsabilità su Tokyo. Come riporta l’agenzia del regime Xinhua infatti, secondo il portavoce della Marina cinese Wang Xuemeng la “colpa” ricadrebbe interamente sui caccia giapponesi, che si sarebbero «avvicinati troppo e avrebbero ripetutamente interferito» con le esercitazioni di volo cinesi nello stretto di Miyako.
Ormai il clima di tensioni tra la Repubblica Popolare Cinese e il Giappone si fa sempre più pesante, soprattutto dopo l’intervento della premier giapponese Sanae Takaichi del 7 novembre in Parlamento. In quell’occasione la Takaichi aveva definito un eventuale attacco cinese a Taiwan una «minaccia esistenziale» per la sicurezza del Giappone (Taiwan dista appena 110 chilometri dall’isola giapponese di Yonaguni), lasciando aperta la porta a una possibile risposta militare di Tokyo. Parole che il regime cinese non ha evidentemente gradito, dato che da sempre mira a conquistare l’isola «anche con la forza» se necessario.
A peggiorare la situazione è stata poi la reazione del (tutto fuorché) diplomatico cinese a Osaka Xue Jian, che ha dichiarato senza mezzi termini di voler «tagliare la gola» al primo ministro giapponese per le sue dichiarazioni. A gettare altra benzina sul fuoco ci sono poi i due bombardieri nucleari russi Tu-95 che, insieme ai bombardieri nucleari cinesi H-6 hanno sorvolato il Mar del Giappone e l’Oceano Pacifico occidentale il 9 dicembre.
Le «provocazioni» del regime cinese sono state condannate dal presidente taiwanese Lai Ching-te, che ha annunciato un piano di rafforzamento della difesa: un budget di 40 miliardi di dollari per preparare Taiwan a una possibile invasione cinese entro il 2027. In risposta alle provocazioni del Pcc, i deputati statunitensi Gregory Meeks e Ami Bera, hanno chiesto al presidente Trump di alleggerire i dazi sul Giappone (oggi al 15%) per contrastare la «crescente coercizione economica e militare» del regime cinese. Ridurre i dazi manderà un «segnale chiaro» alla dittatura comunista: «gli Stati Uniti non accettano che la Cina passi inosservata dopo queste provocazioni e sono pronti a sostenere i propri alleati».

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