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Trump esasperato da Putin e Zelensky

Timido spiraglio da Zelensky sulle concessioni territoriali

Zelensky conferma che la questione territoriale resta il principale punto di attrito nei negoziati con Washington, ma Zelensky ora apre alla possibilità di una "zona franca" in territorio ucraino posta sotto il controllo e la protezione della comunità internazionale

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Volodymyr Zelensky si riprende in un video davanti al cartello della città di Kupiansk, lungo il fronte, nella regione di Kharkiv, 12 Dicembre 2025. Foto Ukrainian Presidential Press Service via REUTERS

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Tempo di lettura: 5 Min.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky conferma che la questione territoriale resta il principale punto di attrito nei negoziati con Washington. L’Ucraina ha presentato agli Stati Uniti una propria versione del piano per mettere fine alla guerra.
Secondo quanto riferito da Zelensky, gli Stati Uniti avrebbero avanzato l’idea di istituire una «zona economica libera» nelle aree del Donbass orientale ancora sotto controllo ucraino, quelle stesse che la Russia pretende di annettere, nel quadro di un compromesso per porre fine alle ostilità.
«Gli americani stanno cercando una formula. Stanno discutendo della questione di una “zona economica libera”. Così la chiamano loro; mentre i russi la definiscono una “zona smilitarizzata”», ha affermato Zelensky, citato dal quotidiano Ukrainska Pravda. «Nella loro visione, le truppe ucraine dovrebbero ritirarsi dalla regione di Donetsk e, in cambio, le forze russe non vi entrerebbero. Non sanno però chi dovrebbe amministrare questo territorio, che chiamano già “zona economica libera” o “zona smilitarizzata”. È, più o meno, questa l’idea di compromesso delineata dagli Stati Uniti».
Zelensky ha anche sottolineato che Kiev potrebbe non accettare tale proposta, perché un «compromesso» dev’essere «equo», aggiungendo che «è necessario proseguire il dialogo e cercare risposte a tutte le questioni in modo che tutto appaia più ragionevole» e che qui «come in tutte le guerre, deve esserci una qualche forma di monitoraggio».
Quindi non esiste ancora un accordo sulla questione dei confini, e Zelensky ha precisato che qualsiasi eventuale concessione territoriale dovrà essere sottoposta a referendum tra i cittadini ucraini.
Nel frattempo, a Washington la Casa Bianca, tramite la portavoce Karoline Leavitt, ha fatto sapere che il presidente statunitense Donald Trump dopo che «nelle ultime settimane l’amministrazione ha speso più di trenta ore a incontrare russi, ucraini ed europei», non ne può più di avere a che fare con «entrambe le fazioni» e di fare «riunioni fine a sé stesse» che non portano a nulla. La portavoce del presidente americano ha poi precisato che a questo punto, «se ci sarà una reale possibilità di firmare un accordo di pace» e i prossimi incontri in calendario risulteranno «degni di nota», gli Stati Uniti invieranno un loro rappresentante.
In un messaggio pubblicato l’11 dicembre sul X, Zelensky ha detto di aver avuto un «approfondito» colloquio col ministro degli Esteri americano Marco Rubio, il ministro della Difesa Pete Hegseth, e gli inviati speciali della Casa Bianca Steve Witkoff e Jared Kushner, esprimendo molto apprezzamento come sempre. Ma Zelensky ha ricordato che l’Ucraina rimane diffidente, memore della «esperienza negativa del Memorandum di Budapest», siglato dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1994 da Stati Uniti, Regno Unito e Russia, che prevedeva che queste nazioni garantissero la sicurezza dell’Ucraina in cambio della rinuncia da parte di Kiev al proprio arsenale nucleare, allora il terzo al mondo per dimensioni. «Tutti ricordano il precedente e le ripetute violazioni da parte russa dei propri impegni» ha osservato Zelensky, «per questo è indispensabile che qualunque documento sulle garanzie di sicurezza contenga risposte concrete alle preoccupazioni principali degli ucraini: quali azioni intraprenderanno gli alleati in caso la Russia decida di aggredire di nuovo».
Quanto alla Russia, il Cremlino ha lasciato intendere il 12 dicembre di non gradire alcune modifiche apportate da Kiev al piano: «Non abbiamo ancora visionato versioni aggiornate del piano americano. Quando lo faremo, è possibile che vi siano diversi aspetti che non ci piaceranno», ha dichiarato alla Tass il consigliere di Putin per la politica estera Yury Ushakov, che ha inoltre ribadito come la posizione di Mosca sulla questione territoriale sia immutata e immutabile: «l’intero Donbass è russo». E per Kiev questo non può che essere inaccettabile. Ma un’apertura dall’Ucraina è però arrivata: il “ritiro” da parti del Donetsk o da altre regioni orientali, secondo Kiev potrebbe essere ammesso, purché non si configurasse come una rinuncia definitiva di sovranità ma solo come parte di un accordo che fornisse solide garanzie all’Ucraina, e con un chiaro meccanismo di verifica da parte della comunità internazionale che tale accordo venisse rispettato dalla Russia.

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