Il tentato golpe contro Trump

Di Jasper Fakkert

In riferimento alle indagini sulla sua campagna elettorale, il presidente Trump ha dichiarato che si è trattato di un vero e proprio tentativo di colpo di Stato. Queste le sue parole all’agenzia Reuters il 10 aprile: «È stato un tentato golpe, è stato un tentativo di spodestare un presidente».

Ed effettivamente, ha ragione.

Negli ultimi due anni sono venuti a galla numerosi dettagli su come l’intelligence americana e le forze dell’ordine statunitensi siano state utilizzate contro Trump durante le elezioni presidenziali del 2016.
Lo scandalo in questione è divenuto noto con il nome di ‘Spygate’ e si riferisce alla presunta collusione tra Trump e la Russia (di cui alla fine non è stata trovata alcuna prova), un’accusa che è stata utilizzata per tentare di impedire a Trump di diventare presidente, e, in seguito, per cercare di spodestarlo.
Più precisamente, durante le elezioni del 2016, le indagini di controspionaggio condotte dall’Fbi hanno gettato ombre sulla campagna elettorale di Trump, e, in seguito al suo insediamento nel gennaio 2017, la stampa e i politici hanno diffuso una marea di accuse infondate secondo le quali il presidente avrebbe cospirato con la Russia per vincere le elezioni, fino a proporre la possibilità di impeachment per il neoeletto.

Il cosiddetto ‘dossier Steele’ ha svolto un ruolo cruciale nella creazione di questa falsa narrazione.

È stata proprio la campagna di Hilary Clinton, assieme al Comitato Nazionale dei Democratici a ingaggiare Fusion Gps – tramite lo studio legale Perkins Coie – affinché producesse il dossier. La Fusion Gps ha dunque ingaggiato l’ex agente dell’MI6 Christopher Steele e collaborato con l’ex consulente della Cia Nellie Ohr, moglie dell’alto funzionario del Dipartimento di Giustizia Bruce Ohr.

Il cofondatore di Fusion Gps, Glenn Simpson, e Steele hanno diffuso le false informazioni servendosi di diversi canali, tra cui il Dipartimento di Giustizia, il Dipartimento di Stato, e molti giornalisti di accreditate testate statunitensi, come il New York Times, il Washington Post, Yahoo News e la Cnn.

Inoltre, in base alle dichiarazioni dell’allora presidente del Comitato dell’Intelligence della Camera, Devin Nunes, non esisteva alcun documento ufficiale dell’intelligence che giustificasse l’apertura dell’indagine di controspionaggio condotta dall’Fbi sulla campagna di Trump.

L’ex direttore della Cia, John Brennan, ha ammesso pubblicamente di aver trasmesso informazioni private dei cittadini americani ottenute dalla Cia all’Fbi, seguendo il protocollo che si applica ai cittadini non americani.
«Sono servite come base dell’indagine dell’Fbi per determinare se la cospirazione o cooperazione fosse avvenuta», ha dichiarato Brennan il 23 maggio 2017 durante un’audizione del Congresso.

Per di più, gli affiliati della campagna di Trump, come Carter Page e George Papadopoulos sono diventati il bersaglio di una serie di insolite riunioni che hanno visto la partecipazione di alcuni collaboratori dei servizi segreti che volevano cercare di incastrarli.

È anche noto che gli agenti chiave dell’Fbi che erano coinvolti nell’indagine sono accaniti oppositori di Trump. Un caso emblematico è quello del messaggio che uno dei responsabili del caso, Peter Strzok, ha inviato a Lisa Page, che al tempo era consigliere speciale del vicedirettore dell’Fbi Andrew Mc Cabe, affermando: «impediremo» a Trump di diventare presidente.

E sebbene Bill Priestap, allora direttore della divisione per il controspionaggio dell’Fbi, stesse ufficialmente supervisionando le indagini, sembra che McCabe abbia avuto frequenti incontri, nel suo ufficio, con gli agenti coinvolti nel caso.

È stato il coinvolgimento ad alti livelli dell’Fbi che ha permesso di sovvertire la normale procedura Fisa (Foreign Intelligence Surveillance Act). Trisha Anderson, l’ex secondo avvocato più importante dell’Fbi, ha testimoniato durante le indagini del Congresso, ad agosto del 2018, di aver firmato la richiesta del mandato Fisa per il consulente della campagna elettorale di Trump, Carter Page, senza neanche leggere le carte, dal momento che erano coinvolti i pezzi grossi dell’Fbi.

Il suo capo, l’allora general counsel dell’Fbi James Baker, ha ammesso personalmente, di fronte agli investigatori del Congresso, quanto sia stata insolita l’indagine sulla campagna elettorale di Trump.
«Ho osservato il tutto con molta diffidenza, sì. Ero scettico nei confronti di tutte queste cose. Ero preoccupato per tutto questo. L’intera situazione era spaventosa, era un romanzo e stavamo cercando di capire cosa fare, era tutto molto strano», ha dichiarato Baker difronte ai parlamentari ad agosto del 2018.

Lo spionaggio è proseguito fino all’insediamento di Trump, poiché il mandato di sorveglianza Fisa per Carter Page è stato rinnovato tre volte per periodi di 90 giorni. È ancora ignoto se siano stati rilasciati o meno mandati Fisa per altri membri della campagna elettorale o della squadra di transizione di Trump.

Tra gli altri metodi utilizzati per spiare la campagna di Trump sono state adoperate le cosiddette lettere di sicurezza nazionale, che consentono all’Fbi di acquisire i dati dei clienti di banche, compagnie telefoniche, fornitori di servizi Internet e altri, e la cosiddetta pratica dello smascheramento, che ha comportato la divulgazione delle identità dei membri della campagna Trump nei registri dell’intelligence.

In particolare, dopo che Trump ha licenziato il direttore dell’Fbi James Comey il 9 maggio 2017, è stata l’Fbi di McCabe a ricontattare Steele, in quello che è sembrato un tentativo di rinvigorire o creare nuove indagini su Trump.

Questo è successo dopo che l’Fbi aveva ufficialmente troncato i rapporti con Steele a causa dei suoi contatti non autorizzati con i giornalisti, e dopo che il suo dossier era stato screditato pubblicamente in seguito alla pubblicazione dello stesso da parte di Buzzfeed News a gennaio.

Trump ha dichiarato di augurarsi che il procuratore generale risalga «alla fonte da cui è iniziata tutta questa storia». E sembra che sia proprio quello che intende fare il procuratore generale William Barr.

Durante i due giorni di testimonianze a Capitol Hill, Barr ha affermato di fronte ai parlamentari di ritenere che la campagna elettorale di Trump sia stata spiata, e che ora sta esaminando il comportamento dei funzionari che hanno lavorato all’indagine sulla presunta cospirazione con la Russia.
«Esaminerò sia le origini che l’operato delle attività di intelligence relative alla campagna elettorale di Trump del 2016. Penso che lo spionaggio di una campagna elettorale sia una faccenda molto seria… e credo che lo spionaggio sia avvenuto».

Jasper Fakkert è caporedattore dell’edizione americana di Epoch Times

Articolo in inglese: The Attempted Coup Against Trump

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