Terrore e genocidio in Sudan

Di Anders Corr

L’autore dell’articolo, Anders Corr, ha conseguito una laurea/master in scienze politiche presso l’Università di Yale (2001) e un dottorato in government presso l’Università di Harvard (2008). È direttore di Corr Analytics Inc., editore del Journal of Political Risk, e ha condotto ricerche approfondite in Nord America, Europa e Asia. I suoi ultimi libri sono The Concentration of Power: Institutionalization, Hierarchy, and Hegemony (2021) e Great Powers, Grand Strategies: the New Game in the South China Sea (2018).

 

La guerra civile in Sudan è una delle più caotiche al mondo. Al crocevia di rivalità etniche, religiose e globali, comprende islamisti arabi contro africani indigeni, società civile contro dittatori, russi contro ucraini e iraniani contro americani.

Ma perché la cosa dovrebbe interessarci?

Beh, Osama bin Laden ha lavorato in Sudan dal 1991 al 1996. Alcuni dei suoi collaboratori islamisti sono ancora lì. E il caos nel Paese lascia spazio ad Al-Qaeda, al gruppo terroristico Isis e al terrorismo iraniano per espandersi dal Mar Rosso all’Oceano Atlantico.

Gli americani e gli alleati hanno interesse a fermare il genocidio in Sudan perché è la cosa giusta da fare. Abbiamo interesse a ostacolare gli attori maligni, compresa la Russia. Abbiamo interesse a sostenere una società civile democratica che fornisce assistenza umanitaria ai bambini affamati. E questa società civile potrebbe un giorno diventare un alleato stabile dell’Occidente.

Certo, il contesto politico è complesso. La Russia e l’Iran sostengono parti opposte in Sudan, dove l’Ucraina e l’Iran si schierano con l’esercito mentre la Russia sostiene i ribelli. Entrambi i principali gruppi armati del conflitto violano gravemente i diritti umani, ma i ribelli e la loro violenza genocida contro le piccole comunità di contadini sono di gran lunga peggiori. Conosciuti come Forze di Supporto Rapido (Rsf), i ribelli si finanziano controllando la maggior parte del commercio dell’oro del Sudan, a cui partecipano Russia ed Emirati Arabi Uniti (EAU).

Da aprile, l’Rsf ha conquistato la maggior parte di Khartoum, la capitale, che ora è bloccata dalle Forze armate sudanesi (Saf). L’Rsf ha occupato anche la seconda città del Paese, dove, secondo le notizie diffuse l’8 marzo, sono in corso omicidi, stupri, saccheggi e incendi dolosi che hanno aggravato una crisi di rifugiati. La Rsf, guidata da arabi, è accusata di genocidio contro minoranze di «africani neri», una ripetizione del genocidio Janjaweed del 2003.

Dall’aprile 2023, il generale Mohamed Hamdan Dagalo (alias Hemedti) dell’Rsf guida la lotta contro il Saf del generale Abdel Fattah al-Burhan. I due leader si sono precedentemente uniti per eseguire colpi di Sato nel 2019 e nel 2021 contro le amministrazioni civili.

Sebbene entrambi commettano violazioni dei diritti umani, ad agosto il generale al-Burhan ha almeno chiesto elezioni democratiche per fermare la guerra. Ha resistito alla richiesta iraniana di ospitare una base navale in Sudan, nel tentativo di rimanere in buoni rapporti con gli Stati Uniti e Israele. Egitto e Turchia lo sostengono.

Tuttavia, l’influenza iraniana e islamista all’interno del Saf complica fatalmente l’impegno degli Stati Uniti e degli alleati. Gli interessi islamisti in Sudan, noti come «Kizan», sono integrati nelle forze armate e in passato hanno sostenuto Hamas, Hezbollah e Al Qaeda.

Fino al dicembre 2020, gli Stati Uniti hanno designato il Sudan come Stato promotore del terrorismo. In quell’anno, il governo civile sudanese ha pagato alle vittime statunitensi di terrorismo 335 milioni di dollari e ha iniziato a normalizzare le relazioni con Israele. Tragicamente, il colpo di Stato del 2021 ha riportato il Paese nel caos.

Il 6 marzo, il Wall Street Journal ha riportato la notizia di operazioni militari ucraine contro mercenari russi operanti in Sudan. A settembre, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha incontrato il generale al-Burhan in quello che sembra essere un partenariato militare in via di sviluppo e un commercio di armi tra i due. Con l’aiuto delle forze ucraine, la leadership del Saf è fuggita da Khartoum per Port Sudan in autunno. Le truppe ucraine aiutano il Saf anche con tecnologie di visione notturna e droni.

L’Iran ha fornito droni letali al Saf, che ha attaccato indiscriminatamente aree civili a Khartoum. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno criticato sia l’Rsf che il Saf, anche per aver interferito con le spedizioni di aiuti nonostante la fame estrema. Il Saf sta bloccando le spedizioni di aiuti dal suo porto verso i territori controllati dai ribelli, nonostante lo sviluppo della carestia. Secondo le Nazioni Unite, la guerra ha causato quasi 11 milioni di sfollati e 18 milioni di persone soffrono gravemente la fame. Oltre 13.000 persone sono state uccise.

Gli Emirati Arabi Uniti avrebbero fornito armi all’Rsf da giugno, in violazione di un embargo sulle armi imposto dalle Nazioni Unite. A gennaio, un rapporto delle Nazioni Unite ha trovato prove «credibili» di voli cargo settimanali degli Emirati Arabi Uniti nel vicino Ciad, che hanno consegnato non solo aiuti umanitari ma anche munizioni, droni, obici, lanciarazzi multipli e missili antiaerei avanzati.

La società civile sudanese ha ragionevolmente cercato una transizione democratica dalla guerra civile. L’opzione migliore per tenere il Sudan lontano dal terrorismo, dall’Iran e dalla Russia in futuro è quella di sostenere questa società civile ora e di fare pressione sul Saf affinché rispetti delle tappe verificabili che costringano il Paese verso la democrazia. Questo dovrebbe includere la liberazione del governo da ogni residua influenza iraniana e terroristica e l’obbligo di proteggere meglio i civili durante i combattimenti.

 

I punti di vista espressi in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente i punti di vista di Epoch Times.

Articolo in lingua inglese: Terror and Genocide in Sudan

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