Il modello Huawei, dallo spionaggio allo sfruttamento dei lavoratori

Di Alessandro Starnoni

Un’azienda ‘kamikaze’. Questa la diagnosi dell’economista cinese Wang Suangyi per il colosso tecnologico Huawei.
«Fondamentalmente – ha affermato Wang in un articolo – il modello aziendale di Huawei può essere inteso come quello di una fabbrica sfruttatrice con la funzione di reparto ‘kamikaze’ del Partito Comunista Cinese».

L’economista ha usato l’espressione «kamikaze» in riferimento alle condizioni di lavoro estreme dei suoi dipendenti, e al particolare ruolo di Huawei nel contesto delle ambizioni economiche del regime cinese.
Sulla carta, Huawei è un’azienda privata e quindi può condurre attività che sarebbero diplomaticamente rischiose o inappropriate per un azienda statale. Infatti, «con la scusa del patriottismo e della localizzazione – ha dichiarato Wang – Huawei ha copiato, plagiato, e rubato» tecnologie dalle aziende straniere, e poi il Partito Comunista ha «cacciato i suoi concorrenti stranieri dalla Cina».
«In questo modo, grazie ai profitti derivanti dal mercato cinese e a diversi tipi di aiuti statali, hanno iniziato a dominare il mercato gobale». Un nodo cruciale di questa strategia, secondo l’economista, è che i prodotti Huawei presentano delle backdoor che possono essere sfruttate dagli hacker del regime cinese.
Huawei è la «lancia» del Partito Comunista, in quanto «ha la responsabilità di comprare e rubare tecnologia».

Tuttavia, dato che la natura perniciosa del modello Huawei sta diventando sempre più evidente agli occhi dei mercati stranieri e dei governi, il gigante dovrà presto affrontare le conseguenze delle sue azioni. Proprio come nel caso del recente arresto della sua direttrice finanziaria Meng Wanzhou da parte delle autorità canadesi, con l’accusa di aver violato le sanzioni imposte dagli Usa nei confronti del regime iraniano.
L’arresto della Meng ha provocato subito forti reazioni dalla Cina comunista, che a sua volta ha arrestato diversi cittadini canadesi, protestato a livello diplomatico e incoraggiato il boicottaggio dell’azienda di abbigliamento Canada Goose tra la popolazione cinese. Secondo Wang, questo mostra quanto il regime consideri importante Huawei per ‘raccogliere informazioni’ e espandere la sua influenza nel mondo.

Le fasi dell’espansione

Chen Lifang, membro del consiglio di amministrazione e vice presidente di Huawei, ha dichiarato ad aprile del 2018, dinanzi a dei nuovi assunti dell’azienda, che la Cina si trova ancora decenni indietro rispetto agli Stati Uniti in molti settori tecnologici: «Nella strumentazione di precisione e per quanto riguarda le apparecchiature di misura elettronica il divario è enorme […] per tutta la strumentazione per i test siamo dipendenti dalle importazioni. Per quanto riguarda la strumentazione bandita dal Wassenaar Arrangement, i nostri compagni che lavorano nell’ombra si sono assunti il rischio e le hanno introdotte nel Paese illegalmente».

Secondo Wang, Huawei avrebbe pianificato tre fasi per raggiungere il livello dei Paesi più sviluppati.

Nella prima fase, negli anni 2000, Huawei ha copiato il software di Cisco, una grande multinazionale americana, per poi venderlo a meno della metà del prezzo originale. Cisco ha intentato una causa contro Huawei, ma il forte sostegno del regime del Pcc ha fatto sì che la compagnia americana non potesse avere successo in tribunale.
Nel frattempo anche la propaganda cinese ha promosso la Huawei definendola un’impresa patriottica e sostenendo che usare prodotti Huawei fosse un gesto di patriottismo.

Nella seconda fase, Huawei ha esteso i suoi affari all’estero trascurando sovente le leggi e i regolamenti internazionali. Il principale concorrente cinese di Huawei era in quel momento Zte, un’azienda di telecomunicazione statale, nonché secondo produttore di impianti di telecomunicazione in Cina.
«Abbiamo lottato duramente per competere con Huawei in Africa», ha raccontato a Epoch Times Lu J., un capo progetto della Zte, il cui nome completo è stato omesso per proteggere la sua identità. Secondo Lu, sia Huawei che Zte usano tangenti per farsi largo nel mercato internazionale, ma Huawei è disposta a offrire di più: «Sono molto ‘generosi’».

Huawei e Zte hanno inoltre un vantaggio rispetto alle aziende americane.

Il regime del Pcc sta finanziando i progetti di molte infrastrutture in giro per il mondo. E una delle condizioni per ‘beneficiare’ di questi finanziamenti è che il Paese ospite adoperi strumentazioni costruite in Cina. Così Huawei e Zte si sono spartite un mercato molto grande in Africa, Sud America, e altre regioni in via di sviluppo.

Oltre a fare affari nei Paesi normali, è stato scoperto che sia Huawei che Zte hanno venduto le loro apparecchiature anche a regimi canaglia come l’Iran, i talebani in Afghanistan e altri regimi colpiti dalle sanzioni degli Usa. In quanto azienda statale, Zte non ha potuto evitare di lasciare delle tracce documentali del suo negoziato con l’Iran, mentre non ci sono documenti che collegano direttamente il Paese arabo con Huawei.

La terza fase riguarda l’ulteriore avanzamento dei piani del Pcc, dal costringere le aziende straniere in Cina a consegnare la loro tecnologia, al reclutare esperti e scienziati dall’estero per lavorare nelle aziende cinesi.

Wang ha dichiarato: «In quanto azienda privata Huawei risulta essere indipendente. Investendo negli istituti in Europa e Nord America, e aiutando le università, riceve in cambio tecnologia».

Oltre a istituire programmi di cooperazione con università e istituti stranieri, Huawei sta cercando i centri di ricerca stranieri che possano offrire delle interessanti tecnologie all’avanguardia prodotte localmente: «Alcuni esperti militari del Pcc possono persino fingersi dipendenti Huawei, e formarsi presso le università europee e americane. I dispositivi Huawei giocano un ruolo cruciale negli attacchi informatici del Partito».

I costi umani

Negli ultimi anni ci sono stati molti casi di dipendenti Huawei che si sono suicidati, che sono morti a causa dell’eccessivo carico di lavoro, o che sono stati licenziati per motivi di età o malattia.

«Huawei enfatizza la cultura del lupo. Licenzia in tronco gli impiegati che hanno più di 35 anni», ha dichiarato Wang.

Xie Ting, una giovane vedova, ha pubblicato un lungo post il 25 dicembre 2018 per piangere suo marito Qi Zhiyong, un ingegnere della Huawei di 36 anni che è morto in Kenya per l’eccessivo carico di lavoro. La Xie ha dichiarato che al marito non venivano concesse ferie da 22 mesi: «Una settimana prima di morire, mi ha inviato un messaggio su WeChat dicendomi che forse non sarebbe riuscito a completare l’aggiornamento della rete. Nei due giorni prima di morire ha lavorato notte e giorno».

Tuttavia, dopo la morte di Qi, Huawei ha rifiutato di risarcire Xie e i suoi due figli, entrambi di età inferiore ai dieci anni: «Il responsabile delle risorse umane della Huawei in Kenya, i rappresentanti in Kenya, e il direttore delle risorse umane della sede centrale di Huawei mi hanno invitata a intentare una causa legale per ottenere una compensazione. Ma come può una madre single avere i soldi, il tempo o l’energia per citare in giudizio una simile multinazionale?».

 

Articolo in inglese: Huawei’s ‘Dare to Die’ Business Model

 
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