Trump rivoluziona la macroeconomia

Tutto quello che Donald Trump fa o non fa causa scompiglio. Questa volta si tratta dei dati economici: il presidente americano potrebbe cambiare il modo in cui vengono calcolati l’avanzo/disavanzo commerciale, il valore della disoccupazione e forse persino il Pil.

Secondo un articolo del Wall Street Journal che cita fonti anonime, il governo di Trump ha chiesto all’Ufficio dell’US Trade Representative di considerare nella contabilità solo la parte delle importazioni del dato di ‘ri-esportazioni’, ignorando la parte delle esportazioni.
Le ‘ri-esportazioni’ riguardano quei beni importati da un Paese, come il Messico, e poi esportati in un altro, come il Canada, senza che vi sia alcun guadagno aggiunto. Tuttavia, il proprietario economico del bene cambia durante il processo, diversamente dal caso di beni in transito, che passano senza lasciare traccia in questo dato.

L’attuale metodologia oppone le importazioni alle esportazioni, e l’avanzo/disavanzo commerciale netto è quindi zero, come è giusto che sia. Invece, quando i dati di import ed export vengono presi separatamente, tendono a gonfiarsi: questo è il motivo per cui le Nazioni Unite raccomandano di tenerli separati.

Se davvero venisse applicato questo cambiamento di cui attualmente si vocifera, l’avanzo/disavanzo commerciale statunitense con il Messico potrebbe anche raddoppiare fino a 115 miliardi e 400 milioni, senza che vi sia alcun cambiamento reale nell’attività economica.

Trump non si è espresso ufficialmente sulla volontà o meno di cambiare il sistema di calcolo, ma è chiaro che mostrare un valore più alto dell’l’avanzo/disavanzo commerciale aiuterebbe a far avanzare alcune delle sue politiche volte a riportare in equilibrio il commercio.

DATI E PROPAGANDA

Non che tutto questo costituisca una novità per un governo. Quando si tratta di calcolare gli indicatori economici, i punti fermi sono pochi: è tutto molto relativo. I politici scelgono i metodi di calcolo in un modo che avvalli la propria propaganda: dato che a livello globale la corrente principale di pensiero è quella a favore del libero commercio, dei varlo più bassi dell’avanzo/disavanzo commerciale erano convenienti per le amministrazioni precedenti, e i sostenitori del libero commercio facevano la loro parte per assicurarsi che i dati sembrassero buoni.

La Camera di Commercio degli Stati Uniti, per esempio, prepara regolarmente degli studi per il Congresso americano che mostrano quegli accordi sul libero scambio che ignorano del tutto le importazioni e si concentrano solo sulla crescita delle esportazioni (comprese le ri-esportazioni). Un rapporto del 2003 che studiava i valori di avanzo/disavanzo commerciale rispetto ai partner del libero commercio, per esempio, escludeva l’accordo Nafta, allo scopo di far sembrare migliore la crescita delle esportazioni.

Le amministrazioni precedenti hanno anche cambiato il modo di calcolare il tasso di disoccupazione, allo scopo di mostrare un’economia forte. Durante la campagna elettorale, Trump ha affermato che l’attuale dato ufficiale della disoccupazione al 5 per cento è «una delle più grandi bufale della politica americana moderna», sostenendo che l’amministrazione Obama non ha fatto così bene come afferma.
Sebbene Trump possa aver esagerato nel sostenere che il vero dato sulla disoccupazione ammonterebbe al 42 per cento, è vero che i dati ufficiali sulla disoccupazione sono molto più bassi di quelli reali. L’Ufficio delle Statistiche sul Lavoro (Bls) ha continuamente rimaneggiato i dati, escludendo i lavoratori scoraggiati dal dato principale sulla disoccupazione, o dalla forza lavoro, di fatto riducendo il dato senza che vi fosse stato alcun cambiamento reale.

In più il Bls può arrotondare a sua discrezione ogni dato che pubblica per ogni trimestre, e anche simulare l’inizio di nuove aziende e l’impiego di lavoratori che ne deriva. Dal 2009, il Bls ha aggiunto 4 milioni e 780 mila posti di lavoro mediante il cosiddetto ‘aggiustamento del dato di nascita/morte delle aziende’, nonostante il numero di nuove aziende, secondo lo US Census, sia andato scendendo.

Lo stesso vale per il dato del Pil, che non usa dati reali raccolti; non usa, per esempio, le dichiarazioni dei redditi.

Come il Bls, anche l’Ufficio delle Analisi Economiche (Bea) può arrotondare i dati del Pil nei suoi modelli. Nel primo trimestre del 2015, per esempio, ha introdotto un secondo arrotondamento, per rendere i dati più realistici: normalmente avviene solo una volta a trimestre, per tenere conto di alcuni fattori come il tempo atmosferico, ma questa volta la Bea ha sentito il bisogno di due aggiustamenti per tener conto degli effetti dell’inverno nel primo trimestre.

Quindi i politici negli Stati Uniti hanno manipolato i dati per mostrare una disoccupazione minore, un commercio migliore e un Pil più alto. Trump, come al solito, va contro tendenza anche sul metodo di arrotondamento dei dati economici: il suo scopo è di mettere in mostra la debolezza dell’economia americana, che attribuisce all’eredità dell’amministrazione precedente. È importante ricordare che nessun dato economico è il riflesso reale della realtà: c’è sempre un ‘aggiustamento’.

E non sono solo gli Stati Uniti a manovrare i dati: lo fanno tutti. Nel 2014, Italia e Gran Bretagna, nella disperazione, hanno inserito nel Pil lo spaccio di droga e la prostituzione. Per la Gran Bretagna questo ha portato a 9,7 miliardi di sterline nel 2009, equivalenti allo 0,7 per cento del Pil.

Per quanto riguarda il commercio, persino l’intero pianeta Terra è messo peggio dell’America, per quanto riguarda i calcoli delle re-esportazioni: secondo il Fondo Monetario Internazionale, il saldo del conto corrente del mondo intero è stato di 247 miliardi e 400 milioni nel 2015. Quindi il pianeta ha esportato più beni e servizi di quanti ne abbia importati. Ma a chi li avrà mai esportati?

Articolo in inglese: The Economic Numbers Conundrum

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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