La Bank of Japan (Boj) ha recentemente abbandonato la sua politica di tassi d’interesse negativi, allontanandosi notevolmente dalla strategia espansiva di quantitative easing che era stata una pietra miliare negli ultimi 17 anni. Nonostante le aspettative, lo yen ha registrato un ulteriore calo anziché un apprezzamento in seguito a questo cambiamento di politica. Contemporaneamente, il mercato azionario giapponese ha registrato una notevole crescita, con l’indice Nikkei che ha raggiunto nuovi massimi in due giorni consecutivi, superando anche brevemente la soglia dei 41 mila punti.
Il mercato è in fermento per le speculazioni sul continuo deprezzamento dello yen e sulla potenziale traiettoria del mercato azionario giapponese in seguito a questi sviluppi. Alcuni analisti di mercato sostengono che di fronte al riallineamento della catena di approvvigionamento globale e al posizionamento strategico del mondo occidentale contro il Partito Comunista Cinese (Pcc), un Giappone consolidato svolge un ruolo fondamentale. Questa prospettiva getta una luce favorevole sulle prospettive economiche del Giappone, e alcune previsioni suggeriscono che l’indice Nikkei potrebbe inaugurare un’età dell’oro, raggiungendo i 100 mila punti.
Le ragioni della persistente debolezza dello yen dopo l’aumento dei tassi della BoJ
Il 19 marzo, nel corso della sua riunione in materia di politica monetaria, la Bank of Japan (Boj) ha annunciato la conclusione delle ampie misure di facilitazione avviate nel 2016. La decisione ha riguardato la fine della politica dei tassi d’interesse negativi, con un adeguamento del tasso da -0,1% a un valore compreso tra lo 0 e lo 0,1%, il proseguimento dell’acquisto di titoli di Stato a lungo termine e la cessazione dell’acquisto di nuovi fondi provenienti e negoziati in borsa (Etf). Questa mossa è stata in linea con le previsioni del mercato.
Il presidente della Boj, Kazuo Ueda, ha sottolineato – nel corso di un incontro con la stampa – che l’obiettivo di inflazione del 2%, fissato all’inizio della politica di allentamento, è stato raggiunto. Ha rilevato l’emergere di un flusso positivo di riscontri tra salari e prezzi, che segnala un consolidamento dell’economia.
Tuttavia lo yen, in genere sensibile alle variazioni dei tassi di interesse, è sceso dello 0,4% rispetto al dollaro, attestandosi a 149,69 a 1 il giorno dell’annuncio. Il 26 marzo si era indebolito a 151,26 yen per dollaro, avvicinandosi al minimo storico dell’anno precedente di 151,9 yen.
Gli analisti di mercato suggeriscono che la Boj potrebbe ancora far leva sul suo quadro di politica di allentamento. Con la riduzione dell’enfasi della Federal Reserve sui tagli dei tassi, il sostanziale divario dei tassi d’interesse tra Stati Uniti e Giappone, pari a circa il 5%, lascia presagire una tendenza prolungata alla vendita di yen a favore dell’acquisto di dollari a scopo di arbitraggio, limitando così qualsiasi rafforzamento immediato dello yen.
Allo stesso tempo, Ueda ha indicato che la banca prevede di mantenere un ambiente finanziario rilassato per il momento, suggerendo che non c’è fretta di aumentare ulteriormente i tassi di interesse.
Inoltre, prevedendo che gli Stati Uniti mantengano tassi di interesse più elevati per un periodo prolungato, Goldman Sachs ha rivisto le proiezioni di riduzione dei tassi della Federal Reserve da quattro a tre quest’anno, a seguito di un rapporto sull’indice dei prezzi al consumo (Cpi) di febbraio che ha segnalato un aumento delle pressioni inflazionistiche.
Mike Sun, consulente d’investimento nordamericano, ha condiviso con Epoch Times alcuni spunti di riflessione, sottolineando la significativa disparità dei tassi d’interesse tra Stati Uniti e Giappone, che facilita le opportunità di arbitraggio virtualmente prive di rischio. Nonostante l’inizio del rialzo dei tassi da parte della Boj e i futuri tagli dei tassi statunitensi, secondo le sue stime questo differenziale persisterà nel breve termine, continuando così la tendenza alla vendita di yen e all’acquisto di dollari e limitando le prospettive di apprezzamento dello yen nel prossimo futuro.
Il deprezzamento dello yen catalizza un’impennata dei titoli giapponesi
La riduzione dello yen ha favorito in particolare i settori di esportazione del Giappone, innescando una ripresa del mercato azionario. Il 22 marzo, quando lo yen è sceso a circa 151,8 a 1 rispetto al dollaro, le azioni dei settori alimentati dalle esportazioni, come quello automobilistico, hanno registrato guadagni significativi, spingendo l’indice Nikkei a superare brevemente la soglia dei 41 mila punti. Nella settimana successiva, l’indice è rimasto costantemente al di sopra della soglia dei 40 mila punti.
Secondo quanto riportato da Nikkei News, le principali società giapponesi avevano inizialmente previsto un tasso di cambio di 130 yen per il dollaro per l’anno fiscale 2023. Tuttavia, la discesa dello yen al livello di 150 è destinata a generare quasi 2 mila miliardi di yen (circa 12 miliardi di euro) di profitti per quasi 20 imprese leader, che spaziano dai settori automobilistico a quello dei macchinari di precisione, elettrico e dell’industria pesante.
Ad esempio, la Toyota guadagnerà circa 45 miliardi di yen (circa 274 milioni di euro) per ogni yen per cui la valuta si indebolisce rispetto al dollaro. Nonostante l’aumento dei costi per le industrie che dipendono dalle importazioni, la tendenza generale del mercato è al rialzo, il che alimenta la vitalità del mercato azionario e favorisce sostanziali incrementi retributivi da parte delle aziende giapponesi.
Le trattative sui salari di questa primavera in Giappone sono culminate in un aumento medio del 5,28%, segnando l’incremento più significativo dall’era della bolla del 1991 – 33 anni fa – e riflettendo un periodo di vitalità economica.
Inoltre, la svalutazione dello yen ha effettivamente scontato gli asset giapponesi, attirando gli investimenti stranieri nel mercato azionario del Paese.
Hideto Fujino, fondatore e Chief Investment Officer di Rheos Capital Works, ha presentato sul suo canale YouTube la sua analisi del vivace mercato azionario giapponese, osservando la bassa valutazione delle società e dei titoli. Ha ricondotto la solida crescita del mercato dall’inizio dell’anno al protratto allentamento monetario e alla percezione di sicurezza degli investimenti, prevedendo una crescita continua, anche se con potenziali aggiustamenti dei prezzi.
Nel suo ultimo libro pubblicato a gennaio, Fujino ha formulato una previsione ambiziosa: l’alba di un’era in cui l’indice Nikkei potrebbe salire a 100 mila punti, grazie a una costellazione di fattori che preannunciano un robusto mercato in crescita.
La strategia occidentale di «scoppiamento» ridisegna il panorama economico giapponese
Negli ultimi due anni, il Giappone ha registrato un notevole miglioramento dalla deflazione e un significativo rimbalzo del mercato azionario. Questa ripresa è culminata con il superamento da parte dell’indice Nikkei del record dell’era dell’economia della bolla, pari a 38.915 punti, il 22 febbraio di quest’anno, e con il sorprendente raggiungimento della storica soglia dei 40 mila punti per la prima volta il 4 marzo. Questo slancio durato un anno riflette la crescente fiducia degli investitori nella ripresa economica del Giappone e nelle prospettive di sviluppo future.
Molti analisti ritengono che, dopo oltre tre decenni di aggiustamenti strutturali, l’economia giapponese sia in via di guarigione e pronta a crescere. Ryoji Musha, un importante stratega di investimenti giapponese e presidente di Musha Research, attribuisce alle tensioni geopolitiche il ruolo di catalizzatore della ripresa economica del Giappone.
Egli sottolinea il perno strategico dell’Occidente verso l’accerchiamento del Pcc e una significativa fuga dalle catene industriali cinesi, soprattutto in settori ad alta tecnologia come i semiconduttori. Secondo Musha, questo cambiamento pone il Giappone come principale beneficiario di questi mutamenti globali.
Nello «Strategy Report No. 333» di Musha Research, pubblicato il 5 giugno 2023, Musha analizza il consenso che si registra in tutto lo spettro politico degli Stati Uniti, sia tra i repubblicani che tra i democratici, che vedono il Pcc come una minaccia impellente. Questo consenso ha elevato il contenimento della Cina a una priorità nazionale, alterando essenzialmente la traiettoria del Giappone.
Musha afferma che nello sforzo collettivo di sopprimere e accerchiare il Pcc su vari fronti, la strategia economica di «decoupling» dalle catene industriali dal Pcc da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati richiede un «Giappone forte». A sostegno di questa strategia, il governo statunitense ha fatto due importanti concessioni al Giappone: consentire il deprezzamento dello yen e sostenere la rinascita del Giappone come superpotenza dei semiconduttori.
A seguito di un incontro tra l’allora primo ministro Yoshihide Suga e il presidente Biden nell’aprile del 2021, una dichiarazione congiunta tra Giappone e Stati Uniti ha sottolineato l’impegno alla cooperazione nel settore dei semiconduttori e ad altre iniziative di «scoppiamento» (divorzio economico) dalla Cina.
Poco dopo, è stato costituito il Consiglio per i Semiconduttori del Partito Liberal Democratico al governo, sostenuto da figure chiave del partito come Akira Amari, Shinzo Abe e Taro Aso, che ha stanziato un investimento di 10 mila miliardi di yen (circa 61 miliardi di euro) a questo scopo.
In un passo significativo verso il rafforzamento di questa collaborazione, il tardo primo ministro Shinzo Abe, durante un forum trilaterale ospitato da Taiwan, ha sottolineato l’importanza strategica della sicurezza di Taiwan per il Giappone, facendo eco ai sentimenti di crisi condivisa tra le due nazioni.
La creazione della fabbrica di Tsmc a Kumamoto, in Giappone, ha segnato un momento cruciale, con il progetto di iniziare la produzione entro la fine dell’anno concentrandosi su processi maturi.
A questa iniziativa si aggiunge Rapidus, una fonderia di chip sostenuta dal governo giapponese, che ne avvierà la produzione di massa di tipo avanzato a 2 nanometri a Hokkaido a partire dal 2027.
Riflettendo agli anni ottanta, il Giappone era – un tempo – leader dell’industria mondiale dei semiconduttori, un periodo in cui le aziende giapponesi dominavano le vendite globali. Nonostante i cambiamenti nel panorama del mercato dei semiconduttori in seguito alle dispute commerciali con gli Stati Uniti, il Giappone ha mantenuto un ruolo centrale nei materiali per semiconduttori e nei macchinari di precisione, ponendo le basi per una rinascita di questo settore critico.
Articolo in lingua inglese: Yen’s Decline Boosts Japanese Stock Market, ‘Decoupling’ From China Proves Beneficial