Perché il regime cinese vuole che la guerra in Ucraina continui

di Redazione ETI/Alex Fu
9 Luglio 2025 9:47 Aggiornato: 9 Luglio 2025 17:11

Il coinvolgimento del regime comunista cinese nella guerra in Ucraina, seppur sempre negato, risulta ormai sempre più tangibile.

I resti dei droni impiegati nell’attacco del 4 luglio a Odessa risultano infatti riconducibili a un’azienda della provincia di Jiangsu. Si tratta di parti utilizzate nei droni Shahed-136 / Geran-2, forniti alla Russia attraverso la cooperazione con l’Iran. È la seconda volta in un anno che il consolato cinese viene danneggiato da attacchi russi, ma né il governo russo né quello cinese — principale alleato e sostenitore dell’apparato bellico russo — hanno fornito spiegazioni sull’episodio. In risposta, l’8 luglio, il presidente ucraino Zelensky ha emanato un decreto che vieta l’attività in Ucraina delle aziende cinesi coinvolte nella fornitura di droni impiegati nell’attacco del 4 luglio.
In precedenza, il capo del Servizio di intelligence esterna dell’Ucraina, Oleh Ivashchenko, aveva dichiarato che la Cina ha fornito alla Russia attrezzature meccaniche, sostanze chimiche, polvere da sparo e componenti. All’inizio del 2025, risultava che l’80 per cento dei componenti elettronici installati sui droni russi fosse di origine cinese. Pechino continua a negare qualsiasi tipo di sostegno militare alla Russia ma Stati Uniti e Unione Europea hanno adottato sanzioni contro numerose imprese cinesi accusate di alimentare l’apparato militare-industriale russo.

Ma la presenza cinese – nell’ottica dell’Alleanza senza Limiti Russo-cinese – con ogni probabilità è ben più pervasiva di un semplice supporto bellico tattico: secondo alcuni analisti, il Cremlino può permettersi di rifiutare il cessate il fuoco proprio grazie al decisivo supporto fornito dal Partito comunista cinese: la crescente dipendenza dell’apparato militare russo da quello cinese, segnerebbe in questo senso il passaggio da una collaborazione tattica a un’integrazione sistemica tra i due regimi, in un progetto strutturato e comprensivo di forniture di armi, supporto logistico e condivisione di informazioni.

Sul piano strategico, l’eventualità di un successo russo in Ucraina, ottenuto anche grazie/soprattutto all’alleato cinese, potrebbe ovviamente incentivare la dittatura cinese a concretizzare la conquista militare (che di fatto minaccia da diversi anni) dei mari Cinese Orientale e Meridionale e/o di Taiwan, con il prevedibile sostegno di Mosca. Una simile evoluzione costringerebbe Stati Uniti e Nato a gestire simultaneamente due conflitti su larga scala. E in pratica comporterebbe l’inizio della Terza Guerra mondiale.

In questo contesto, il danneggiamento del consolato cinese a Odessa è da considerare un semplice errore: un episodio di “fuoco amico”.  non una frattura nei rapporti tra Cina e Russia, della quale peraltro non esiste traccia alcuna. Anzi: per alcuni analisti, la cooperazione militare tra i due Paesi si configurerebbe ormai come un’alleanza militare sul piano operativo, in cui la Russia si basa sul supporto cinese per proseguire una guerra che da sola forse avrebbe già perso, mentre la Cina utilizza il contesto bellico per testare equipaggiamenti e acquisire esperienza utile alla modernizzazione delle proprie forze armate che, va ricordato, non hanno alcuna significativa esperienza di combattimento. A conferma di questo, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, durante un recente incontro con la diplomazia europea, ha dichiarato esplicitamente che Pechino non può accettare una sconfitta della Russia nel conflitto in corso, poiché ciò permetterebbe agli Stati Uniti di concentrare tutte le risorse strategiche sullo scenario asiatico. Una presa di posizione insolita: il fatto che il Partito comunista cinese getti la maschera in quel modo è raro, ma conferma l’estremo interesse strategico del regime nel mantenere Mosca in una posizione di forza. E nel tenere viva la guerra in Ucraina.

 


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