Orsini: il governo ha capito che anche dalla ripresa dell’industria dipende il futuro dell’Italia

Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, durante la Festa di Atreju a Roma, 13 dicembre 2025. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Con la legge di Bilancio «la politica industriale ha riguadagnato il posto che le spetta nel dibattito politico». Lo ha detto il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, in un’intervista al quotidiano “Il Corriere della Sera“. «Non possiamo dire che l’industria non sia stata ascoltata. Avevamo chiesto otto miliardi l’anno per tre anni. Il Governo ha capito che anche dalla ripresa dell’industria dipende il futuro dell’Italia e gli stanziamenti nel triennio sono arrivati a oltre 15 miliardi. Le risorse per iperammortamento e Zes Unica – ha continuato – sono fondamentali per rilanciare gli investimenti. La politica industriale ha riguadagnato il posto che le spetta nel dibattito politico. Il vero tema però è la forte preoccupazione che viene dal pericolo più grande: la deindustrializzazione del nostro Paese e dell’Europa. L’industria italiana ed europea sono sotto attacco». Il presidente ha spiegato: «Da una parte la Cina inonda di prodotti a basso costo tutto il continente. Dall’altra Trump che fa di tutto per attrarre le nostre imprese. Serve un Piano. Lo abbiamo già condiviso con il governo, lo abbiamo chiamato “Rilancio Italia”, servirà a mettere in campo un’azione nel medio periodo coordinata su più fronti».
Quanto all’Europa: «Ancora non ci siamo. Sembra solo interessata a introdurre regole e norme per rendere tutto ancora più difficile a chi vuole fare impresa». L’inadeguatezza dell’Europa rischia di diventare un alibi: «Lo dico da europeista convinto: questa Europa non la riconosciamo. Anche la revisione dello stop al motore endotermico nel 2035 è insufficiente». Orsini ha spiegato cosa vorrebbe da Bruxelles: «Tre cose: mercato unico dei capitali, difesa unica europea, mercato unico dell’energia. Così le nostre imprese potrebbero svoltare». Difficile raggiungere questi obiettivi se resta il voto all’unanimità: «Non sta a me dire il “come” che è oggetto del confronto politico ma il “cosa” sia necessario per le nostre imprese». La nostra è l’energia più cara del continente: «Questo è un punto cruciale. Sul tema abbiamo portato proposte concrete al governo. Ma è proprio l’Europa a non aver dato il via libera alla cartolarizzazione sugli oneri di sistema».
All’ex Ilva la situazione è drammatica. Si allarga il fronte di chi chiede la permanenza dello Stato nell’azionariato: «Auspico che all’ex Ilva sia riconosciuto un valore strategico per l’industria nazionale, con le implicazioni che ne discendono. Lo Stato rimanga per vigilare dall’interno su una difficile fase di risanamento. Queste due condizioni, insieme con tempi sostenibili per la decarbonizzazione, potrebbero favorire la discesa in campo di attori industriali disponibili a entrare in cordata al fianco dei fondi (due le offerte vincolanti in campo, da parte dei fondi Flacks e Bedrock)». Realtà italiane: «Me lo auguro», ha concluso Orsini.
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