La ‘crociata’ dell’Isis

Capire l’Isis è complicato. Non lo sarebbe stato però, vari secoli e millenni fa, quando il loro modo di ragionare sarebbe probabilmente risultato più simile al nostro.

Quella combattuta dall’Isis è una guerra vecchio stile, fatta di ideologie religiose mischiate a una cruda carneficina, fatta di opposizioni forti contro un nemico demonizzato, e di un odio distruttivo che non si impone regole.

Oltre alle decapitazioni pubblicizzate in alta definizione, dell’Isis fa orrore l’abbattimento delle statue e la distruzione delle opere d’arte. Una distruzione senza senso di cultura e memoria, ritenute illegittime e inferiori. Non abbiamo mancato di farlo anche ‘noi’ in passato, ma era centinaia e migliaia di anni fa.

L’Isis, insieme al terrorismo per intero, è rimasto a un’epoca arretrata, scegliendo, peraltro, proprio le parti più negative del proprio passato. Non di certo la saggezza e il forte senso cavalleresco della storia mediorientale, ma la brutalità di una guerra che qui da noi, nel 2015, non vuole più nessuno.

Mentre distrugge le opere d’arte, il Califfato ottiene il duplice scopo di far fuori quelle statue di religioni e culture ‘infedeli’ e allo stesso tempo di provocare l’Occidente. È chiaro come il sole che l’Isis non intenda comportarsi come Al Qaeda e il terrorismo tradizionale. Non intende, cioè, nascondersi, mentre prepara il piano di un attentato.

L’Isis, anzi, fa di tutto per pubblicizzarsi. Può sembrare una mossa suicida, perché non ha realmente i mezzi per combattere contro l’Occidente in campo aperto, ma in realtà lo scopo dei terroristi è propagandare la loro ideologica fanatica. In un mondo che sta perdendo i propri valori, il fanatismo è sempre pericoloso, e l’idea di combattere in guerra e di morire può essere persino allettante, per molti giovani che non hanno uno scopo per vivere. Il pensiero di una cosa simile può far rabbrividire le generazioni passate, ma non sorprende più di tanto i giovani.

L’Isis ha infatti un successo notevole fra gli adolescenti occidentali. Oltre alla pubblicità, secondo alcuni commentatori l’Isis vorrebbe addirittura provocare l’Occidente fino a uno scontro aperto apocalittico, giacché questo scenario sarebbe stato predetto da Maometto e segnalerebbe la prossima fine dei tempi.

FERMARE IL FINANZIAMENTO

Ma mentre distrugge le opere d’arte – a volte solo delle copie – ne rivende presumibilmente la maggior parte al mercato nero, allo scopo di finanziarsi. Pare infatti che le opere d’arte trafugate siano la principale fonte di finanziamento dell’Isis.

È assurdo che manchi un coordinamento internazionale per contrastare la principale fonte di finanziamento di quello che, in questo momento, è per il mondo intero il ‘nemico pubblico numero 1’. Sebbene in realtà l’Iran e soprattutto la Cina potrebbero rivelarsi dei pericoli per il mondo molto più gravi dell’Isis, di fatto è il terrorismo islamico la priorità del governo americano e quindi del mondo. Non si capisce, quindi, come mai gli venga dato così tanto campo libero.

In parte è sicuramente dovuto alla riluttanza di Obama nel dichiarare nuove guerre (specie prima delle elezioni) dopo che l’opinione pubblica si è schierata pesantemente, nel tempo, contro la presenza in Iraq. Se ci dimentichiamo un attimo il momento in cui il presidente americano stava per dichiarare guerra alla Siria, possiamo vedere che tra Iraq, Iran e Cuba, Obama si è comportato in modo abbastanza ‘pacifista’.

Per quanto riguarda il problema specifico delle opere d’arte trafugate, secondo alcuni non vi sarebbe una normativa internazionale sulla tutela delle opere d’arte antiche, e quindi i servizi di sicurezza di ogni Paese agiscono per conto proprio e con le proprie leggi. Manca insomma un coordinamento.

Un agente dei servizi di sicurezza, intervistato da Panorama, sostiene che i servizi segreti potrebbero muoversi con un’indagine sul fenomeno, solo se venisse chiarito il legame tra i soldi ottenuti con questo traffico e l’acquisto di armi per rifornire l’Isis.

Certo è che appare ridicolo che ci siano dei problemi legali e burocratici che ci impediscono di fermare la distruzione di una parte del patrimonio artistico mondiale e, al tempo stesso, il finanziamento dell’organizzazione terroristica più temuta del momento.

Cosa aspettano l’America, l’Europa, la Russia e gli altri alleati contro il terrorismo, a coordinarsi tra loro? L’Isis è rimasto ai tempi delle crociate, e noi?

I punti di vista espressi in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non rispecchiano necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

 
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