Low carb diet Vs dieta mediterranea, benefici e rischi per la salute

Con l’arrivo dell’estate la prova costume si fa sempre più vicina e tutti sono in cerca di soluzioni per dimagrire. Negli ultimi anni, le diete a basso tenore di carboidrati stanno riscuotendo sempre maggiore popolarità, con testimonianze contraddittorie: c’è chi parla di dimagrimento rapido e senza sforzi, e chi invece prova solo stanchezza, irritabilità e nervosismo.

Per chiarire gli effetti di questo approccio alimentare e gli eventuali rischi per la salute, Epoch Times ha intervistato Giuseppe Sicilia, dottore in Scienze della nutrizione umana.

Dottor Sicilia, in che cosa consistono queste diete a basso tenore di carboidrati? Per esempio, se un individuo assume un quantitativo inferiore ai 200 grammi di carboidrati al giorno si può cominciare a definire una dieta a basso tenore di carboidrati. Esiste insomma una definizione?

In base alla letteratura scientifica, esiste la definizione di dieta a basso contenuto di carboidrati quando si parla di un quantitativo inferiore a 100/120 grammi al giorno, fino ad arrivare a volte alla loro drastica eliminazione.

Comunque, non è detto che facciano bene alla salute, soprattutto se si ricorre alla regola del fai da te. C’è un ampio discorso da fare. Intanto cominciamo a definire la ‘dieta’; la dieta non è un regime alimentare restrittivo, piuttosto è uno stile di vita: il termine deriva dal greco diaita, che significa appunto stile di vita, ossia un connubio tra un regime alimentare adeguato al soggetto e un’attività fisica naturale che permetta al nostro corpo di ossidare quei substrati energetici importanti per il buon funzionamento metabolico.
Secondo me, dobbiamo discostarci dalla definizione di dieta intesa come regime alimentare restrittivo o modificato in base a determinate caratteristiche, molto spesso legate alla moda. Mi spiego meglio: in questo periodo, molte persone incominciano ad avere il problema della prova costume e, drasticamente, incominciano ad adottare delle scelte che non sono sempre in linea con i processi metabolici che tutto l’anno e per tutta la vita caratterizzano ognuno di noi, senza badare alle stagioni. Dunque, mettere in moto questa restrizione di substrati energetici e/o macromolecole – come appunto i carboidrati – diventa un problema per la gestione metabolica e la salute dell’organismo. Io, metterei in moto un altro tipo di informazione.

Primo, la definizione di dieta. Secondo, qual è effettivamente l’esigenza nutrizionale del soggetto che, vista la composizione corporea, deve essere necessariamente caratterizzata dalla presenza di carboidrati semplici e complessi, di proteine e grassi. Ecco, qui sta la differenza. La dieta mediterranea: a dispetto di molti che sostengono che faccia ingrassare, in realtà non è la dieta mediterranea che fa ingrassare, ma piuttosto uno stile di vita stato alterato. Abbiamo azzerato l’attività fisica, altro canale importante per l’utilizzo dei substrati energetici, come il glicogeno muscolare ed epatico.

Spieghiamo ai nostri lettori cos’è il glicogeno

Il glucosio quando viene ingerito si trasforma in glucosio ematico. Quando viene stoccato nell’organismo come riserva energetica, diventa glicogeno muscolare o epatico. Questi due serbatoi servono per soddisfare il fabbisogno energetico, tutti i giorni con picchi di utilizzo in base alle esigenze (la richiesta minima avviene durante il sonno, quella massima durante l’attività fisica). Solo per soddisfare il metabolismo basale, ossia la quantità d’energia sufficiente per poter sopravvivere 24 ore in condizioni di assoluta calma, sdraiato a un certa temperatura, ogni corpo è caratterizzato da questo metabolismo. Se non viene in termini energetici, e non calorici, il corpo ‘mangia se stesso’, per soddisfare il metabolismo energetico legato al metabolismo basale. Il discorso è abbastanza complesso: non si può pensare alla dieta senza carboidrati, a mio giudizio è un errore di fondo. Occorre piuttosto chiarire qual è il concetto di dieta.

Ha appena parlato di dieta senza carboidrati, che è un estremo. Cosa ne pensa invece di un regime alimentare a basso tenore di carboidrati?

Dipende. Innanzitutto, sono dell’avviso che quando si parla di dieta, nel senso classico della parola, parliamo di un’elaborazione medica sviluppata da un team e non da un solo soggetto. Un processo nutrizionale finalizzato al miglioramento di valori ematochimici – vedi diabete, dismetabolismo – deve essere il risultato di un’elaborazione di un team di specialisti, perché ogni patologia legata alla malnutrizione ha un’eziopatogenesi multifattoriale; per cui occorre avere un’equipe multidisciplinare per risolverla, ecco il mio giudizio.

Ma in realtà cosa significa dieta? Ecco il motivo del mio discorso introduttivo. La dieta dimagrante – parliamo di questo perché molti associano l’idea di dieta al dimagrire – è un altro concetto che non funziona, una bufala mediatica.
Non esiste la dieta per dimagrire, perché per dimagrire sul serio bisogna perdere la quantità di grasso in eccesso. Se un soggetto presenta una quantità di grasso in eccesso, che è concausa di una serie di patologie che possono svilupparsi, allora si deve adottare un regime nutrizionale finalizzato appunto a ridurre la quantità di grasso in eccesso, e non a perdere peso. Perché quando si perde peso con la ‘dieta’, non si sa bene cosa si perde: sicuramente si perde acqua, massa metabolicamente attiva e massa muscolare. Per cui molto spesso ci si trova di fronte a soggetti che dimagriscono alla bilancia, ma in realtà hanno messo in azione un meccanismo particolare, ossia una deplezione strutturale proteica: in sostanza, si perde acqua, muscoli e massa metabolicamente attiva, che costituiscono le componenti del corpo umano che pesano di più (muscoli, ma anche ossa, organi, pelle e capelli).
Il grasso, essendo anidro, pesa meno. Ecco dove sta il problema vero. Poter chiarire queste cose alle persone è molto importante. Per cui quando si parla di dieta, è necessario comprendere che non esiste la dieta uguale per tutti: esiste un regime nutrizionale che prima di tutto soddisfi le esigenze di ognuno; poi, qualora ci dovessero essere problemi particolari, si elaborarerà un meccanismo complesso.

Il concetto di dieta, fa leva sui desideri delle persone che desiderano una soluzione rapida

Esattamente. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda un calo ponderale del 10% rispetto al peso corporeo in un anno. Quando sento alcune persone che dicono di aver perso 10 chilogrammi in due mesi, subentra un fenomeno di contrazione fisiologica del corpo. L’organismo viene in questi casi condizionato negativamente e la risposta si trova nella fisiologia dell’adipocita [la cellula di grasso, ndr], che è un organo essenziale di rifornimento energetico, del grasso per la precisione. Si sviluppò in tempi antichi come riserva energetica, quando l’uomo cacciava ogni giorno e riusciva a mangiare ogni 10/15 giorni. Dal momento che era costretto a mangiare molto cibo in un’unica volta, assorbiva energia di riserva. E quindi scattava il meccanismo dell’adipocita, che a distanza di anni non è cambiato. Il genotipo dell’uomo non è cambiato, ma è cambiato il fenotipo: prima, l’uomo cacciava gli alimenti, adesso ‘gli alimenti cacciano l’uomo’ e lo trovano seduto davanti alla televisione, tablet e cellulare. Ecco dov’è il problema.

L’uomo moderno si muove poco

Sì, si muove poco, addirittura azzerando la motricità di base. Non dico che debba fare necessariamente sport, ma magari una semplice camminata o una semplice vita attiva (per esempio per spostarsi al lavoro o per fare la spesa, salire le scale, lavori domestici eccetera). A questo si aggiunge il fatto che in media generale, il 40% delle persone in Italia non fa attività motoria.
Personalmente, piuttosto che puntare il dito sulla dieta, lo farei sullo stile di vita, che deve essere necessariamente concepito sulla base della nostra natura. L’uomo è fatto per muoversi. Considero l’esercizio fisico come un farmaco, simile a una pompa di drenaggio: l’uomo ha 12/13 chili di linfa nel corpo, che viene movimentata attraverso l’esercizio fisico, favorendo la circolazione dei liquidi nel corpo e tutti i meccanismi metabolici. L’accumulo di ristagni di liquidi nel corpo viene promosso e accelerato da una dieta ipersodica e dalla sedentarietà. L’Oms raccomanda un consumo di 5 grammi al giorno di cloruro di sodio [il sale da cucina, ndr] pro-capite. Basti pensare a quanto al giorno d’oggi se ne ritrova nel pane, nelle conserve, nell’acqua in cui viene cotta la pasta, negli insaccati. Dunque si supera abbondantemente la quota di sale, interdicendo di fatto la pompa sodio-potassio, un meccanismo che controlla l’entrata e l’uscita dei liquidi intra ed extra cellulari.

Allora, paradossalmente, succede che si pensa di essere grassi; in realtà si potrebbe essere solo imbibiti d’acqua, perché avendo un’alimentazione ipersodica, l’acqua non entra dentro la cellula: si è in pratica disidratati dentro la cellula, e imbibiti d’acqua a livello extra-cellullare.
Una persona che assume troppo cloruro di sodio, rischia il blocco di questo meccanismo. I sintomi sono il gonfiore agli occhi, così come mani e gambe, oltre a ipertensione associata poiché il comparto extracellulare non permette il corretto ricircolo del sangue. Pertanto non è solo un problema di alimentazione, ma di stile di vita.

Camminare, fare attività fisica o sport associato a un’alimentazione modello mediterraneo è una buona scelta. Questo perché nella fascia mediterranea  (per esempio in Sicilia e in generale nelle regioni mediterranee) si producono alimenti eccezionali, ricchi di antiossidanti e sostanze antinfiammatorie, che generano benessere. Non è vero che le proteine o i carboidrati o i grassi facciano male: l’importante è una distribuzione armonica.
Nella dieta mediterranea il 50-55% del totale calorico giornaliero proviene dai carboidrati complessi; nello specifico, per esempio, i grani antichi siciliani che sono integri e non integrali: la differenza è che il chicco viene molito a una temperatura non superiore ai 60-65 gradi, e tutte le sostanze nutrizionali (come antiossidanti, vitamina E, tocoferoli eccetera) rimangono intatte.
Nella dieta mediterranea la miglior fonte di grassi è l’olio extravergine di oliva; per quanto riguarda invece le proteine, le migliori fonti sono il pesce (in particolare quello azzurro) e quelle vegetali, come quelle derivanti dai legumi.

E la carne non va demonizzata, se si considera la carne da filiera corta e quindi un prodotto autoctono.
Basti pensare ai nostri nonni che avevano gli animali da cortile; per esempio quando la mucca non produceva più latte, veniva mangiata. Stiamo parlando di una mucca vecchia e matura, non di un vitellino alterato che viene messo in commercio in tempi velocissimi.
Ed ecco quindi che si ritorna allo stile di vita, che diventa il perno della salute. Lo stile di vita è caratterizzato da due elementi: la nutrizione, modello alimentare mediterraneo associato a un esercizio fisico regolare. Il primo studioso che portò il concetto di “Dieta Mediterranea” all’attenzione della scienza fu Ancel Keys (1904 – 2004). Il ruolo preventivo della Dieta Mediterranea sulle malattie cronico degenerative era stato evidenziato nel 1957 dallo Studio Cooperativo Internazionale di Epidemiologia della Cardiopatia Coronarica (Seven Country Study), successivamente confermato dagli studi negli anni ’60-‘90 del prof. A. Fidanza e negli anni ’90-2010 dal prof. A. De Lorenzo (dell’Istituto Nazionale per la Dieta Mediterranea e la Nutrigenomica, e direttore della Scuola di Specializzazione in Scienza degli alimenti all’Università di Roma Tor Vergata) che riprese gli studi che si svolsero in quegli anni nella città di Nicotera, in provincia di Vibo Valentia.

Attraverso lo studio pilota del Seven Country study fu stabilito, quale indicatore di uno stile alimentare salutare lo IAM, che stabilisce quanto una dieta si avvicini o si allontani dalla Dieta Mediterranea Italiana di Riferimento. Questo indice si ottiene dividendo il percento dell’energia fornita dagli alimenti che caratterizzano una dieta mediterranea salutare (cereali, legumi, vegetali, frutta, pescato, olio vergine di oliva, vino) per il percento dell’energia fornito dagli alimenti che, pur se mediterranei, non debbono prevalere in questo tipo di dieta (carne, latte, formaggi, uova, grassi di origine animale e margarine, dolciumi, bevande zuccherine, zucchero). Maggiore è lo IAM, più la dieta sarà adeguata alla Dieta Mediterranea di Riferimento. Nonostante i risultati di tali studi indichino come lo stile alimentare cui tendere per una vita sana sia quello della dieta mediterranea, dagli anni Cinquanta a oggi, cioè dal primo studio di Ancel Keys, si è assistito in tutta l’area del Mediterraneo, Italia compresa, a un graduale abbandono di questa dieta a favore di stili alimentari meno salutari.

Rappresentazione dello Iam (Indice di adeguatezza mediterranea): 

  • gruppi di alimenti appartenenti alla dieta mediterranea: carboidrati (gruppo 1) e alimenti protettivi (gruppo 2)
  • carboidrati (gruppo1): pane, cereali, legumi, patate
  • protettivi (gruppo 2): vegetali frutta pesce vino rosso olio d’oliva.

Iam= % energia da CARBOIDRATI (gr. 1) +PROTETTIVI (gr. 2) / % energia da DERIVATI ANIMALI (gr. 3)+DOLCI (gr. 4)

Gruppi di alimenti non appartenenti alla dieta mediterranea: alimenti derivati da animali (gruppo 3) e alimenti dolci (gruppo 4) 

  • Derivati animali (gruppo 3): latte, formaggio, carne, uova, grassi animali e margarina
  • Dolci (gruppo 4): bevande dolci, biscotti/torte, zucchero 

(Alberti et all. Eur J Clin Nutr 1999) 

Negli anni 60, il rapporto Iam era pari a 8/11. Oggi il rapporto è 1/2: in pratica abbiamo staccato la spina con le nostre tradizioni gastronomiche, incorrendo in problemi quali malnutrizione e patologie cronico-degenerative.

Per ritornare sul tema delle diete a basso tenore di carboidrati, possono avere effetti negativi sulla salute?

Le diete a ridotto consumo di carboidrati creano corpi chetonici nel corpo. Da un lato possono stimolare il cervello a utilizzare maggiormente i grassi come substrato energetico e quindi può essere utile al dimagrimento; d’altro canto, se questa situazione perdura nel tempo, i corpi chetonici possono alterare la funzionalità renale. Questa è la grande preoccupazione.

Comunque ritengo che si possa ‘spingere’, ma sempre sotto controllo di un’equipe, senza pensare: “Mangio più proteine, senza pasta e pane, così perdo chili e dimagrisco”. Non è così che funziona.
Inoltre se una dieta è malfatta, può alterare la funzione del ph, con effetti sulla funzionalità ossea. In questo caso, per tamponare il ph l’organismo utilizza il calcio delle ossa. L’organismo è un laboratorio chimico; partendo da questa considerazione, bisogna tenere in equilibrio il nostro corpo. La parola magica è equilibrio. Con il professor De Lorenzo, ho studiato la composizione corporea di migliaia di persone, scoprendo che se viene adottato un modello alimentare mediterraneo di riferimento, allora avviene un riequilibrio corporeo; in questa situazione lo stato di infiammazione (concausa di alterazione metabolica) viene annullato. Il nostro corpo non deve essere costretto a svolgere azioni metaboliche, solo perché a noi piace seguire una particolare dieta.

A questo punto è giusto parlare di costituzione corporea. Costituzionalmente ogni persona è portatore di un genotipo, di un corredo genetico specifico; quindi è importante rispettare la propria natura, e per farlo occorre saperla leggere, partendo da un’osservazione qualitativa e quantitativa, che si chiama ‘studio della composizione corporea’. Da quel momento si può stilare un corretto piano alimentare.
Un altro fattore è l’ambiente, che è in parte capace di condizionare il genotipo di una persona, e si chiama ‘fenotipo. Quello che voglio dire, è che la dieta non può modificare la costituzione. Lo studio della composizione corporea del soggetto permette quindi di capire quando si raggiungono valori accettabili di distribuzione delle componenti corporee (massa magra, massa grassa, massa metabolicamente attiva, acqua totale, acqua intra ed extracellulare, che rapprendano i valori predittivi di un buono stato di salute).
Altra cosa è dimagrire con la sola riduzione del peso alla bilancia.

 
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