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L’arte di Botticelli ispirata dalla bellezza e da un monaco

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Sandro Botticelli, “Primavera”, 1482 ca. Pubblico dominio.

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Ogni artista ha bisogno di una propria musa. Osservando il capolavoro più rappresentativo di Sandro Botticelli (circa 1445-1510), Nascita di Venere (1485), è facile immaginare che il pittore abbia scelto la scena e il soggetto in base alla sua musa e non il contrario. La sua ispiratrice era Simonetta Cattaneo Vespucci (circa 1453-1476), che appare in molte delle sue opere più significative. Tuttavia, quello che non si può cogliere nei dettagli della sua pittura è la profondità della devozione che l’artista nutriva nei suoi confronti, sentimento manifestato anche nella scelta di ritrarla nel dipinto Ritratto di giovane donna, a quasi dieci anni dalla prematura scomparsa di Simonetta a causa della tubercolosi.

Ritratto di giovane donna, forse Simonetta Vespucci, 1484. La gemma incisa romana sulla sua collana era di proprietà di Lorenzo de’ Medici. Pubblico dominio.

Botticelli e Fra’ Filippo Lippi (1406-1469) erano rispettivamente lo studente e l’insegnante ideali: sin da bambini, sia l’uno che l’altro non nutrivano altra vocazione se non quella della pittura. L’entusiasmo e il potenziale che Botticelli dimostrò all’inizio del suo apprendistato furono subito riconosciuti e ricambiati da Lippi, e i progressi del giovane allievo furono rapidi. A quel tempo era difficile distinguere i dipinti realizzati dai due artisti nei cinque anni che seguirono.

Autoritratto, 1475, particolare da un dipinto di Sandro Botticelli. Pubblico dominio.

La grazia e la serenità che caratterizzavano le donne di Lippi sono presenti nel primo capolavoro di Botticelli, Fortezza. È uno dei sette pannelli raffiguranti le virtù, al tempo commissionati per decorare la sala delle Udienze di piazza della Signoria di Firenze. L’espressione curiosamente introspettiva, quasi malinconica della figura sarebbe rimasta una nota ricorrente del Botticelli nel caratterizzare molte delle sue figure femminili preferite.

Fortezza, 1470, di Sandro Botticelli. Galleria degli Uffizi, Firenze. Pubblico dominio.

Il marito di Simonetta era un lontano cugino di Amerigo Vespucci, il navigatore, ma il destino volle che Simonetta vivesse nel modesto quartiere del Botticelli. La sua bellezza è stata testimoniata non solo dai capolavori dell’arte, ma era ammirata in tutta Firenze, anche dall’illustre famiglia dei Medici. Nel 1475 Giuliano de’ Medici commissionò a Botticelli uno stendardo con l’effigie di Simonetta da presentare a un torneo cavalleresco: il giorno dell’evento arrivò sventolando orgogliosamente lo stendardo, vinse il torneo e dichiarò Simonetta la donna più bella di Firenze. Lei morì l’anno successivo e la città continuò a piangerne la scomparsa per tutto il mese seguente.
Il sentimento affettivo che Botticelli e i Medici condividevano per la dama assicurò l’immortalità di Simonetta in capolavori di ispirazione sia cristiana che pagana: Lorenzo e Giuliano influenzarono l’immaginario rinascimentale promuovendo l’ideale neoplatonico della ricerca dell’armonia e della perfezione in tutte le opere.
L’ambiente culturale che seppero creare permise al Botticelli di realizzare la Primavera, intorno al 1482, che risultò provocatoria per l’omissione di una chiara narrazione religiosa o morale. Venere, con le sembianze di Simonetta, è la figura centrale, circondata da otto figure mitologiche: il figlio Cupido che vola sopra di lei, Zefiro che rapisce Clori la quale diverrà Flora e che qui, con uno splendido abito fiorito, sparge fiori intorno a sé, le Tre Grazie e, a sinistra, Mercurio che preserva una primavera eterna allontanando le nubi.
Nell’insieme, questi personaggi non sono accomunati da alcun episodio o narrazione, e il motivo per cui Botticelli li scelse come diverse rappresentazioni della primavera rimane oggetto di dibattito, ma senza dubbio per Venere si è ispirato a Simonetta.

Nascita di Venere, 1484-1486 ca, di Sandro Botticelli. Galleria degli Uffizi, Firenze. Pubblico dominio.

I Medici in seguito commissionarono a Botticelli la Nascita di Venere, da tenere  nella loro casa di campagna, Villa di Castello. A quel tempo, un dipinto di nudo a grandezza naturale di qualsiasi soggetto diverso da Adamo ed Eva era inaudito, l’opera quindi non fu mostrata al pubblico e, poiché l’amata Simonetta ne era la musa ispiratrice, la sua crescente reputazione fu vista come una fonte di ispirazione positiva piuttosto che come uno scandalo. Segnò una svolta nell’arte rinascimentale, consentendo un nuovo apprezzamento della nudità nei temi secolari, tuttavia questa nuova tendenza attirò anche delle critiche.
Nel 1492, la morte di Lorenzo de’ Medici, già noto come Lorenzo il Magnifico, lasciò un vuoto incolmabile nella guida politica e culturale di Firenze: la sua scomparsa permise l’ascesa al potere del monaco domenicano Girolamo Savonarola (1452-1498), il quale aveva una particolare attitudine per i sermoni apocalittici. Questo gli valse un ampio sostegno in tutta la città che, fino a poco tempo prima, aveva portato i canoni artistici a nuovi livelli. Nel mutato clima di austerità religiosa, Savonarola e i suoi sostenitori denunciarono e bruciarono non solo dipinti, ma anche strumenti musicali, abiti pregiati, parrucche e trucchi, specchi e oro: tutto quanto poteva essere considerato frivolo.
Non è provato, ma è opinione diffusa che anche Botticelli abbia partecipato a questi roghi. Al Savonarola, le prediche valsero la scomunica da parte di papa Alessandro VI e, poco dopo, fu impiccato e messo al rogo nella stessa piazza in cui aveva fatto bruciare tanti tesori.
Gli eventi di questo periodo della sua vita riuscirono a scoraggiare Botticelli dal dipingere nuovamente nudi. Le fonti non concordano sulla portata del coinvolgimento e dell’allineamento dell’artista con il movimento di Savonarola, tuttavia, secondo quanto scrive Giorgio Vasari ne’ Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti (1550) – primo e monumentale libro di storia dell’arte italiana – l’influenza di Savonarola fu la causa principale della ricaduta artistica di Botticelli.
Annota il Vasari: «Fra’ Girolamo Savonarola di Ferrara, della cui setta [Botticelli] era un così ardente sostenitore da essere indotto ad abbandonare la pittura e, non avendo alcun reddito su cui contare, cadde in grande miseria. Per questo motivo, persistendo nel suo attaccamento a quel partito… abbandonò il suo lavoro».

Canto XVIII, Ottavo cerchio dell’Inferno, una delle poche pagine interamente colorate della Divina Commedia illustrata da Botticelli. Dante e Virgilio scendono attraverso i dieci abissi del cerchio passando per una cresta. Pubblico dominio

Sebbene Botticelli non avesse abbandonato completamente la pittura, dopo il 1500 la sua produzione fu piuttosto modesta. Negli ultimi anni, dedicò gran parte delle sue energie alla produzione di 92 illustrazioni per la Divina Commedia di Dante, con rappresentazioni dei livelli dell’Inferno squisitamente dettagliate, in uno stile simile alla sua precedente Assunzione della Vergine.
Il suo ultimo impegno nei confronti dell’arte fu la richiesta di essere sepolto ai piedi di Simonetta, circa 34 anni dopo la sua morte. Ancora oggi riposano insieme nella chiesa di Ognissanti a Firenze.