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Addio a Nicola Pietrangeli, un tempo il più grande era lui

Il grande Nicola Pietrangeli è morto all’età di 92 anni

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Foto: screenshot da video

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Tempo di lettura: 6 Min.

Video: Reuters
Nicola Chirinsky Pietrangeli era nato l’11 settembre 1933 a Tunisi, allora protettorato francese, dove suo padre Giulio, tennista amatoriale italiano, aveva conosciuto e sposato Anna De Yourgaince, rifugiata di origini russe.
La guerra e lo sradicamento avevano segnato la sua infanzia. «Non avevo ancora dieci anni. Ero bravissimo a riconoscere gli aerei da guerra solo dal rumore», aveva ricordato nella sua autobiografia del 2023.
Dopo l’occupazione alleata della Tunisia durante la Seconda guerra mondiale, suo padre era stato internato, e il giovane Nicola aveva iniziato a colpire palline da tennis su un campo all’interno del campo di prigionia.
Successivamente espulsa dalla Tunisia, la famiglia si era stabilita a Roma, dove lui aveva imparato l’italiano. Fino ai 19 anni era stato molto più bravo nel calcio che nel tennis, e aveva fatto parte della squadra giovanile della Lazio. Aveva scelto infine il tennis, uno sport che riteneva gli avrebbe permesso di viaggiare di più. E nel tennis aveva scalato rapidamente tutte le classifiche.
Spesso Pietrangeli era stato definito un latin lover, un’etichetta che Pietrangeli aveva sempre respinto. Ma è pur vero che aveva privilegiato il piacere al rigore. «Sebbene avessi sempre conosciuto Nicola Pietrangeli, non gli avevo mai chiesto se alla fine si fosse pentito di non aver dedicato tutta la sua attenzione ed energia al tennis», aveva detto il grande giornalista sportivo Rino Tommasi alla rivista A Million Steps, «non gliel’avevo mai chiesto perché conoscevo la risposta: Nicola non poteva vivere diversamente, non avrebbe mai detto no a una festa, a una cena, a una donna per giocare una partita migliore».
Pietrangeli non aveva mai perso il gusto per i riflettori. Negli ultimi anni era diventato noto per le sue valutazioni schiette sul tennis moderno e sulle sue stelle.
Nel 2024, dopo la vittoria dell’Italia in Coppa Davis, aveva detto dell’allora numero uno del mondo, Jannik Sinner, che era «sulla strada giusta» per battere tutti i suoi record, ma aveva aggiunto: «Uno rimane impossibile da battere: le mie 164 partite di Coppa Davis».

«GIOCAVO A TENNIS PERCHÈ AMAVO FARLO»

Prima che il tennis diventasse professionistico, nel 1968, e molto prima degli immensi guadagni del tennis moderno, Pietrangeli era un maestro sulla terra battuta, e il più grande giocatore italiano. «Era davvero un mondo completamente diverso, molto meno professionale» diceva Rafael Nadal nel 2024, «eppure produsse grandi campioni come Pietrangeli, che hanno aiutato il nostro sport a crescere e migliorare in ogni aspetto, dentro e fuori dal campo».
Pietrangeli non è stato solo il primo italiano a vincere un titolo del Grande Slam in singolare: era anche un fenomeno culturale. Portò il tennis nella coscienza nazionale in un’epoca in cui era ancora considerato uno sport d’élite. Con il suo fascino da divo del cinema, l’eleganza cosmopolita e un rovescio che sembrava librarsi nell’aria, rendeva il gioco tanto raffinato quanto la sua vita era esuberante.
La Federazione Italiana Tennis lo ha definito «il padre del nostro movimento tennistico».
Nonostante il talento straordinario, ammetteva apertamente di non essere mai stato un fan dell’allenamento rigoroso. Ma quando giocava lui, il tennis era più passione, non profitto, e carisma e gioia di vivere avevano la precedenza sulla disciplina. «Sento spesso dire: “Se ti fossi allenato di più, avresti vinto di più”. È vero, ma mi sarei divertito molto meno» aveva detto durante la presentazione del documentario Nicola vs Pietrangeli nel 2024. Pietrangeli era stato un vip, un protagonista del jet set degli anni Sessanta: frequentava star del cinema, registi e celebrità. Tra i suoi amici più stretti c’era il grande Marcello Mastroianni, Brigitte Bardot e Claudia Cardinale.
In campo Pietrangeli aveva vinto due Roland Garros in singolare  nel 1959 e nel 1960, un doppio  nel 1959 e uno di doppio misto nel 1958. Ed era un grande campione, era forte sia sulla terra rossa che sull’erba; oltre alle quattro finali a Parigi era arrivato in semifinale a Wimbledon nel 1960: a fermarlo era stato nientemeno che Rod Laver, uno dei più grandi campioni della storia del tennis.
Nel corso della carriera, aveva conquistato un totale di 48 titoli, tra cui due Internazionali d’Italia, nel 1957 e nel 1961. Ma aveva dato il meglio di sé in Coppa Davis, dove giocò 164 partite vincendone 120, un record ancora imbattuto.
Nel 1986 Nicola Pietrangeli era entrato nella International Tennis Hall of Fame, il primo italiano a ricevere un simile onore. «Pietrangeli aveva colpi classici, un piano di gioco tradizionale e un’economia di sforzo che lo rendevano un sublime giocatore da terra battuta» dice la Hall of Fame.
Il secondo stadio più grande del Foro Italico è stato intitolato a lui nel 2006, un riconoscimento più unico che rato per un atleta ancora in vita.
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