Profumi e sonorità del Novembre
C'è una bellezza inquietante nel freddo pungente di novembre mentre scuote gli ultimi residui dell'autunno dagli alberi. Evoca un senso di saudade, parola portoghese che significa profonda nostalgia e desiderio di qualcosa che è stato, ma insieme a quel desiderio nostalgico, il paesaggio brullo funge da contrappunto mettendo in risalto le ultime tracce di colore che ancora resistono

Statua di San Martino di Tours. Cattedrale di Saint-Pierre, Angoulême. Pubblico dominio.
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C’è una bellezza inquietante nel freddo pungente di novembre mentre scuote gli ultimi residui dell’autunno dagli alberi. Evoca un senso di saudade, parola portoghese che significa profonda nostalgia e desiderio di qualcosa che è stato, ma insieme a quel desiderio nostalgico, il paesaggio brullo funge da contrappunto mettendo in risalto le ultime tracce di colore che ancora resistono.
Poi, improvvisamente, a metà novembre, succede qualcosa che ci fa tornare in mente quello che stavamo desiderando: è “l’estate di San Martino”, come viene chiamata tradizionalmente da noi in Italia. San Martino di Tours nacque intorno al 316 nell’attuale Ungheria e trascorse l’infanzia a Pavia, dove era stato trasferito il padre. Come figlio di un ufficiale fu costretto ad arruolarsi nell’esercito romano, che abbandonò dopo quasi vent’anni: essendosi convertito da tempo al Cristianesimo decise di seguire la via spirituale fino alla nomina di vescovo di Tours nel 371. Mentre era ancora soldato, durante una ronda notturna, incontrò un mendicante vestito di stracci, impietosito tagliò metà del proprio mantello militare per donarlo al povero. Secondo la leggenda, questo evento ebbe luogo l’11 novembre, nella biografia ufficiale è invece il giorno in cui fu sepolto, ma è rimaso comunque per tradizione il giorno dedicato a San Martino, un periodo di novembre in cui il calore dell’estate torna per ricordare l’atto di carità del Santo.

Anthony van Dyck, San Martino divide il mantello, 1618 ca. Pubblico dominio.
Questi giorni insolitamente caldi che si verificano ogni anno intorno alla metà di novembre, sono conosciuti come l’estate di San Martino e hanno ispirato i versi di Giovanni Pascoli per la poesia Novembre, pubblicata nel 1891.

Giovanni Pascoli nel 1914. Pubblico dominio.
Nato a San Mauro di Romagna nel 1855, la vita del Pascoli fu segnata dal dolore. All’età di dodici anni perse il padre, ucciso con una fucilata da aggressori sconosciuti, e nei sette anni successivi morirono anche la madre, una sorella e due fratelli. Gran parte della sua produzione poetica ha per oggetto la natura, la famiglia e la mortalità, ed è caratterizzata da elementi simbolici e temi sulla perdita; nei suoi versi spesso si ritrovano immagini ordinarie e naturali con le quali però riesce a trasmettere emozioni e riflessioni nascoste e profonde.
La poesia Novembre si apre con lo splendore di giorni che sembrano estivi, tuttavia la bellezza della strofa iniziale è velata dall’amarezza del profumo del biancospino.
Gemmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. E’ l’estate
fredda, dei morti.
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. E’ l’estate
fredda, dei morti.

Foto di Dominik Rheinheimer da Pixabay
Il biancospino, prunalbo, nella tradizione simboleggiava l’amore, la speranza e la fertilità, ma era anche associato alla peste, i suoi fiori infatti producono un odore sgradevole che contiene trimetilammina, sostanza chimica prodotta dalla decomposizione di piante e animali. Nella prima strofa troviamo quindi intrecciate la luce e la promessa di vita con la morte: un piccolo sprazzo d’estate nel freddo invernale evoca il ricordo di un albero che simboleggia l’amore e la nuova vita, nonostante profumi di morte. Sia il cielo che la terra appaiono vuoti, né il biancospino né l’albicocco sono effettivamente in fiore: in estate, tutto è in fiore, mentre il sentore amaro del biancospino evoca un debole ricordo della morte. Ma, ora, non è rimasto che il ricordo della vita nel calore e nella luce del sole. Il vuoto della terra… e cavo al piè sonante… richiama alla mente i morti che giacciono sepolti lì.
L’ultima strofa è pervasa dal silenzio e dalla solitudine: giardini e i frutteti, un tempo brulicanti di vita, ora accolgono solo il cadere fragile delle foglie spinte dal vento: il richiamo al movimento, le ventate, le foglie che cadono, dovrebbe rendere l’immagine più viva e dinamica, ma qui serve solo a ricordare la mortalità di una stagione vissuta come precaria e fragile. La poesia si conclude con un ossimoro: Pascoli oppone due parole con significati contraddittori, estate fredda, come a voler sottolineare ancora una volta l’intrecciarsi della vita con la morte. Come un brivido, nell’ultimo verso – dopo la delicata bellezza dell’inizio della poesia – che riflette la sorpresa di questi brevi giorni caldi tra il primo freddo della stagione e l’annuncio di un freddo ancora più intenso.
Forse più che in qualsiasi altro periodo dell’anno, novembre ci ricorda in modo tangibile la nostra mortalità. Sembra quindi appropriato che questo mese, che inizia con la festa di Ognissanti e il Giorno dei Morti, sia tradizionalmente dedicato alla preghiera per le anime dei defunti e al ricordo dei cari che abbiamo perso. Consapevole della propria mortalità, l’uomo attende con ansia l’estate che dovrà arrivare, immagina le stagioni della vita e nutre la speranza di una gioia eterna nella vita a venire.
La poesia di Pascoli sembra mostrare come la bellezza ci perseguiti: i ricordi di “estati” passate – la bellezza e l’amore del passato – restano in noi così che, quando nuove forme di bellezza risvegliano i ricordi, ricerchiamo quelle cose aspettandoci quasi di vederle ancora davanti a noi.
La bellezza permane. La tratteniamo in noi anche quando non è più visibile, e a volte il freddo sembra richiamarla alla mente in modo ancora più nitido.
La bellezza permane. La tratteniamo in noi anche quando non è più visibile, e a volte il freddo sembra richiamarla alla mente in modo ancora più nitido.







