Il capolavoro enigmatico di Giovanni Bellini San Francesco nel deserto, conservato alla Frick Collection di New York, è considerato il più importante dipinto rinascimentale italiano presente negli Stati Uniti. Descrive il momento fondamentale della vita di San Francesco, quello in cui ricevette le stigmate, l’impronta delle cinque ferite di Cristo nella crocifissione.
Esiste una ricca tradizione storico-artistica che raffigura questo evento, ma l’interpretazione di Bellini non ha precedenti. San Francesco nel deserto, realizzato intorno al 1475-78, riflette il genio dell’artista nell’uso della tecnica emergente della pittura a olio per trasmettere la luce, il colore, l’iconografia religiosa e nel riprodurre il mondo naturale, tutto con grande bellezza e ricchezza di particolari.
Giovanni Bellini (circa 1430-1516), detto il Giambellino, discendente da un’influente dinastia artistica veneziana, insegnò a celebri artisti come Giorgione e Tiziano, che rientrarono nella generazione successiva di grandi pittori. Era figlio di Jacopo Bellini e fratello minore di Gentile, e sia Giovanni che Gentile impararono il mestiere nella rinomata bottega del padre. Gentile in seguito ne prese la direzione e le sue opere godono di ammirazione, ma in realtà Giovanni è considerato il Bellini più talentuoso e innovativo. Andrea Mantegna, altro gigante del Rinascimento, era loro cognato e la sua influenza è visibile nelle prime opere del Giambellino.
Gli studiosi ritengono che la visita dell’artista siciliano Antonello da Messina a Venezia intorno al 1475 possa aver giocato un ruolo fondamentale nel passaggio di Bellini dalla tempera all’olio. Antonello fu uno dei primi artisti italiani a utilizzare questa tecnica, al tempo innovativa, che consentiva di ottenere dettagli più precisi e colori più ricchi i quali, nelle mani di Bellini, risultavano luminosi e saturi.
Di Bellini sono note soprattutto le pale d’altare e le opere devozionali private, in cui risalta la grazia dei personaggi e l’armonia compositiva. Nel progredire della sua maturazione artistica, crebbe anche il suo interesse per lo studio dei paesaggi nella loro essenza fisica, ricorrendo all’uso della luce naturale nei dipinti religiosi. Una costante in tutta la sua opera è la capacità di comunicare poeticamente devozione e contemplazione.

Le raffigurazioni di San Francesco del periodo rinascimentale sono caratterizzate dall’immediatezza dei tempi in cui furono create, essendo il Santo vissuto poco prima dell’inizio del Rinascimento. La vita di Francesco (circa 1181-1226) è nota: nato da una ricca famiglia di mercanti nella città di Assisi, da giovane rinunciò ai suoi beni terreni per vivere una vita cristiana di povertà al servizio dei poveri e di tutte le creature. Fondò l’Ordine Francescano, che continua ancora oggi a svolgere un ruolo influente nella Chiesa cattolica. Nell’estate del 1224, Francesco si ritirò sul Monte della Vernia, meglio conosciuto come La Verna, nell’Appennino toscano. Durante quel ritiro di quaranta giorni di digiuno e meditazione, ebbe la visione di un serafino a sei ali che portava l’immagine di Cristo crocifisso, e nel momento dell’apparizione ricevette fisicamente le stimmate. Alla fine del XV secolo l’episodio divenne per l’arte un soggetto popolare, dove di solito il serafino era presente.
La versione non convenzionale di Bellini raffigura Francesco in un deserto roccioso e austero, ma non mostra un serafino. Recenti esami scientifici del dipinto hanno confermato che, sebbene una parte del bordo superiore della tela a un certo punto sia stata tagliata, è altamente improbabile che contenesse un serafino.

La presenza divina nella rappresentazione è trasmessa invece dalla luce dorata che proviene dalle nuvole nell’angolo in alto a sinistra: raggiungendo Francesco, gli conferisce l’aspetto di una trasfigurazione radiosa. Come anche l’albero di alloro, luminoso e ricurvo, riflette il potere di questa illuminazione. L’intero paesaggio riflette quella luce e Francesco è ritratto a bocca aperta per lo stupore.
Il Santo solitamente è raffigurato in ginocchio mentre riceve le cinque stimmate, ma Bellini lo dipinge in piedi con le braccia aperte. Oggi sono visibili solo due stimmate, sui palmi delle mani, tuttavia l’indagine tecnica ha rivelato una ferita sul piede sinistro. A causa dell’abrasione subita nel corso dei secoli, non è più visibile senza un forte ingrandimento.
Il rapporto speciale e armonioso tra il Santo e il mondo naturale è sottolineato in questo pannello dall’inserimento di meticolosi dettagli paesaggistici: sono presenti animali, come un asino e un coniglio, uccelli, tra cui un airone e un martin pescatore, e piante, come un fico e dei fiori. Dietro la campagna si intravede una città medievale fortificata e nelle vicinanze si trova uno dei pochi segni di vita umana, oltre a Francesco: un pastore che conduce il suo gregge lungo un fiume.
Il dipinto fu commissionato dal nobile e cardinale veneziano Giovanni Michiel e rimase nella città veneta in varie collezioni di famiglie importanti per oltre 330 anni. Dopo un lungo periodo in collezioni private francesi e britanniche, nel 1915 fu acquistato per 170 mila dollari (5,45 milioni di dollari) dall’imprenditore statunitense Henry Clay Frick, che lo collocò nel salotto della sua villa sulla Fifth Avenue a New York – oggi diventata l’omonimo museo – dove ancora si trova, ed è una delle opere d’arte più ammirate da molti visitatori.