Perché gli alimenti ultraprocessati alimentano la fame

di redazione eti/George Citroner
4 Luglio 2025 14:34 Aggiornato: 4 Luglio 2025 14:34

Il consumo di cibi ultraprocessati altera la struttura cerebrale e favorisce l’eccesso alimentare. Lo indica uno studio condotto su circa 30 mila adulti di mezza età, che ha rilevato modifiche nelle aree del cervello coinvolte nel controllo della fame e del desiderio di cibo. Secondo gli autori, questi alimenti aumentano i marcatori nutrizionali e metabolici di malattia e sono associati a cambiamenti strutturali nelle regioni che regolano il comportamento alimentare.

Pubblicata su Nature, la ricerca ha evidenziato differenze misurabili nelle aree cerebrali legate al comportamento alimentare, alle emozioni e alla motivazione. In particolare, è stato osservato un ispessimento della corteccia occipitale laterale bilaterale, coinvolta nel riconoscimento visivo degli oggetti e nell’elaborazione delle forme, suggerendo un’alterazione nella percezione degli stimoli visivi legati al cibo.

Secondo Arsene Kanyamibwa, primo autore e dottorando presso l’Università di Helsinki, un alto consumo di cibi ultraprocessati risulta associato a modifiche strutturali nell’ipotalamo, nell’amigdala e nel nucleo accumbens destro, contribuendo a un ciclo di sovralimentazione. La ricerca ha identificato un possibile meccanismo biologico: l’assunzione elevata di questi alimenti è correlata a livelli più alti di infiammazione sistemica e a marcatori metabolici a rischio, come la proteina C-reattiva, i trigliceridi e l’emoglobina glicata, indicatori noti di problemi di salute.

Studi precedenti hanno dimostrato che cinque giorni di consumo di cibi ultraprocessati possono compromettere la segnalazione dell’insulina nel cervello, ormone essenziale non solo per il controllo glicemico ma anche per il trasporto del glucosio, principale fonte di energia cerebrale. Il cervello, che utilizza il 20% dell’energia corporea pur rappresentando solo il 2% del peso, subisce effetti negativi quando l’insulina non funziona correttamente, ostacolando i centri di controllo dell’appetito.

I cibi ultraprocessati, progettati per essere altamente appetibili grazie a combinazioni di zucchero, grassi e sale, stimolano rapidamente i percorsi della dopamina in modo simile alle sostanze che creano dipendenza, generando segnali che inducono a mangiare di più.

Questi alimenti, che contengono ingredienti chimicamente modificati e additivi come emulsionanti, possono influire sul cervello indipendentemente dall’obesità, alterando i neurotrasmettitori, causando neuroinfiammazione e modificando la flora intestinale. Lo studio ha considerato fattori come contenuto nutrizionale, status socioeconomico, attività fisica, fumo e alcol.

I risultati mettono in discussione l’idea che l’obesità sia dovuta solo a un eccesso calorico. Secondo molti esperti, la qualità del cibo influisce su come e quanto si mangia più del semplice conteggio calorico. I dati indicano che la sensazione di perdere il controllo di fronte ai cibi ultraprocessati non dipende da debolezza personale.

Il sistema di classificazione Nova definisce i cibi ultraprocessati come formulazioni industriali contenenti ingredienti non comuni in cucina, tra cui sciroppo di fruttosio, oli, sale, stabilizzanti e additivi chimici.

I risultati, insieme a ricerche precedenti, evidenziano la necessità di interventi regolatori. Uno studio del 2024 su oltre 114 mila adulti americani, pubblicato su The BMJ, ha collegato il consumo di cibi ultraprocessati – in particolare carni processate, cibi zuccherati per la colazione e bevande dolcificate – a un rischio di mortalità per tutte le cause più alto del 4% e a un aumento dell’8% del rischio di morte per malattie neurodegenerative.

Secondo gli esperti ridurre il consumo di cibi ultraprocessati e rafforzare le normative sulla produzione alimentare sono passi cruciali per migliorare la salute pubblica. Lo studio conferma i collegamenti già noti tra cibi ultraprocessati, obesità, diabete e malattie cardiovascolari, ma aggiunge nuove evidenze su modifiche strutturali cerebrali nelle aree legate a ricompensa, fame e autoregolazione. Questi alimenti, ricchi di zucchero, sodio, grassi e carboidrati ma poveri di vitamine, minerali e antiossidanti, risultano frequentemente associati a esiti sanitari negativi.

Gli autori precisano che, pur avendo individuato associazioni tra consumo di cibi ultraprocessati e cambiamenti cerebrali, lo studio non dimostra una causalità definitiva e gli effetti osservati sono di entità limitata. Data la natura osservazionale della ricerca, l’elaborazione alimentare potrebbe rappresentare solo una parte del problema. Per confermare la causalità saranno necessarie ulteriori prove longitudinali o sperimentali.

Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.


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