“Pace” a Gaza ma in Ucraina si continua a morire

di Artemio Romano
10 Ottobre 2025 15:51 Aggiornato: 10 Ottobre 2025 16:56

Mentre tutti gli occhi del mondo sono puntati sulla (per ora presunta) pace a Gaza, la Russia continua a martoriare l’Ucraina e a uccidere civili inermi.

Un nuovo attacco russo con droni e missili contro Kiev ha provocato almeno dodici feriti, incendiato un edificio residenziale e lasciato vaste aree della città senza elettricità. L’energia elettrica è stata interrotta in nove regioni e circa seicentomila famiglie in tutto il Paese sono rimaste temporaneamente prive di corrente. L’attacco ha colpito anche le infrastrutture energetiche della regione centrale di Poltava, dove circa 17 mila famiglie sono rimaste senza energia, e dell’area nordorientale di Charkiv, lasciando senza corrente altre 200 mila famiglie. Tutto questo mentre il gelido inverno ucraino è ormai alle porte.

Il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, ha comunicato su Telegram che otto dei dodici feriti sono stati ricoverati in ospedale. In un messaggio precedente, aveva detto che la Russia stava colpendo le infrastrutture della capitale e che interruzioni della corrente e problemi all’approvvigionamento idrico avevano interessato i quartieri situati sulla sponda sinistra del fiume Dnipro.

Il governatore della regione di Kiev, Mykola Kalashnyk ha dichiarato, sempre su Telegram, che circa 110 mila famiglie dei distretti di Brovary e Boryspil sono senza elettricità, dicendo alla popolazione «il nemico è subdolo. Il suo obiettivo non è soltanto distruggere le nostre centrali ma anche la fiducia, seminare il panico e togliere alle persone il senso di sicurezza. Ma non ci riuscirà».
Il capo dell’amministrazione militare di Kiev, Tymur Tkachenko, ha reso noto che nell’attacco sono stati impiegati droni e missili, provocando interruzioni anche alla rete metropolitana e costringendo le autorità locali a introdurre la didattica a distanza in alcune scuole e asili. Nella città sudorientale di Zaporizhzhia, l’ennesimo bambino ucraino è morto.

Volodymyr Zelensky ha detto su X che oltre 450 droni e più di 30 missili hanno preso di mira «ogni elemento che garantisce la vita quotidiana», poiché «le infrastrutture civili ed energetiche sono i principali bersagli dei bombardamenti russi alla vigilia della stagione fredda».
Zelensky non può che rinnovare ormai quotidianamente l’appello agli Stati Uniti, all’Europa e al G7 affinché forniscano sistemi di difesa aerea e impongano ulteriori sanzioni. Sanzioni che per essere efficaci, però, tutti gli Stati europei e non solo loro dovrebbero rispettare. E purtroppo su questo punto non è stato possibile finora costruire alcun consenso.

Secondo quanto dichiarato direttamente da Zelensky, la Russia avrebbe impiegato oltre 450 droni e 30 missili nell’ultimo attacco. Le difese aeree ucraine sono al limite e non riescono a contrastare con efficacia attacchi di tale intensità e frequenza. L’esercito ucraino ha riferito di aver intercettato 405 dei 465 droni e 15 dei 32 missili lanciati nell’attacco. Ma anche “pochi” droni e missili che riescono a passare continuano a distruggere le città ucraine e a ferire e uccidere i civili.

Il ministero della Difesa russo, su Telegram ha giustificato i bombardamenti come una risposta agli «attacchi contro obiettivi civili in Russia». Le autorità della regione russa di Belgorod hanno reso noto, sempre il 10 ottobre, che una donna è rimasta ferita dopo che la sua automobile è stata colpita da un drone ucraino.
Per difendersi, l’Ucraina – a differenza dall’inizio della guerra – lancia a sua volta droni contro la Russia ormai regolarmente, mirando a installazioni petrolifere e obiettivi civili, sebbene gli attacchi siano ben più limitati per intensità e scala. Kiev afferma che l’obiettivo del contrattacco su obiettivi civili russi è tentare di costringere l’aggressore al tavolo delle trattative.

Il presidente degli Stati Uniti, sta valutando ormai da settimane la possibilità di fornire all’Ucraina i missili Tomahawk, pur ribadendo di non voler provocare un’escalation del conflitto con la Russia. Il 6 ottobre ha dichiarato di avere «quasi deciso», senza però aggiungere nulla.

Vladimir Putin, il 2 ottobre ha detto che la fornitura di missili Tomahawk all’Ucraina rappresenterebbe «una nuova e qualitativamente diversa fase di escalation, anche nei rapporti tra Russia e Stati Uniti» e che l’impiego di tali armi richiederebbe il coinvolgimento diretto di personale militare statunitense. Quasi a minacciare di sentirsi autorizzato ad attaccare gli Stati Uniti (e/o la Nato) qualora all’Ucraina venisse fornita questa formidabile arma. I missili Tomahawk fanno insomma molta paura a Putin, e a ragione: hanno una gittata di almeno 1.600 chilometri, hanno una potenza di fuoco enormemente superiore a quella dei droni e permetterebbero all’Ucraina di devastare diversi “obiettivi sensibili” russi, Mosca inclusa.

 

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