Perché ora anche i giornali inglesi apprezzano Giorgia Meloni?

di Artemio Romano
17 Novembre 2025 15:09 Aggiornato: 17 Novembre 2025 15:09

In una fase storica in cui l’Italia si distingue come uno dei pochi Stati europei a godere di stabilità politica, Giorgia Meloni emerge come una figura carismatica che sta dimostrando di sapersi imporre in una coalizione di tre partiti fra loro alquanto diversi, portando avanti diverse riforme difficili (a partire da quella della magistratura) e un ancor più difficile risanamento dei disastrati conti pubblici italiani. Una stabilità e un’efficacia di governo obiettivamente “rivoluzionarie”, dopo tanti anni di governi deboli e (nei migliori dei casi) inconcludenti. La strada per diventare “un Paese normale”, come spesso si sente dire, è ancora lunga e le cose da fare sono ancora molte, ma i risultati che sta portando Giorgia Meloni sono innegabili.

Non è un caso, quindi, se a tre anni dal suo insediamento a Palazzo Chigi il bilancio del primo capo del Governo italiano donna è apprezzato anche da due prestigiose Testate internazionali che in passato sono state tutt’altro che tenere nei confronti dei governi italiani: il Financial Times e l’Economist. Considerate la frequenza, e a volte la la ferocia, con cui le due blasonate Testate britanniche in passato hanno sparato a zero sui governi italiani – e non solo di Silvio Berlusconi ma anche del secondo governo Prodi e dei governi Renzi e Conte, ad esempio – si può quasi parlare di “miracolo”.

Secondo il Financial Times, dal punto di vista finanziario il governo Meloni ha riportato risultati che fino a pochi anni fa sembravano impensabili: la differenza dello spread tra i titoli di Stato italiani e quelli francesi – ha scritto il quotidiano inglese – è passata da 1,8% nel 2022 a valori sotto la soglia francese. Quanto allo spread con la Germania, a novembre 2025 lo spread si attesta intorno a circa 75-100 punti base, il livello più basso dal 2010, segnando una riduzione di circa 150-180 punti base rispetto al livello di 230-250 punti base registrato nel 2022, quando Giorgia Meloni entrava in carica. L’indice di Borsa Ftse/Mib ha registrato un rialzo di circa il 120% negli ultimi cinque anni. Tutto questo, sempre secondo il Ft, si deve al governo Meloni, che ha reso l’Italia un modello da imitare per il resto d’Europa.

Quanto all’Economist, anche il settimanale che nei primi anni 2000 metteva Silvio Berlusconi in copertina definendolo “inadatto a governare l’Italia”, evidenzia come Giorgia Meloni abbia conseguito un raro risultato nel panorama politico italiano: una stabilità fondata su una coalizione di centrodestra eterogenea e per certi versi fragile, che però il capo del governo è riuscito a mantenere compatta, grazie a una forte capacità di mediazione e alla scelta di una linea di cambiamento netto ma al tempo stesso prudente, comunicando al mondo esterno più una continuità che una rottura rispetto al passato. Questo difficile equilibrio politico, ha creato un governo che pur innovando non si sfascia, in controtendenza rispetto alle continue crisi che hanno sempre caratterizzato quasi tutti i governi italiani, sia della Prima che della Seconda repubblica.
Il settimanale britannico dà anche atto alla Meloni di saper mantenere un profilo “moderato”, in netto contrasto rispetto al terrorismo psicologico iniziale di un pericolo di “deriva fascista”. Giorgia Meloni è molto rispettata in Europa, mantiene posizioni filoeuropee (pur criticando puntualmente l’Ue per gran parte dei suoi numerosi problemi), e mantiene in maniera granitica l’Italia dalla parte dell’Ucraina, tenendo al tempo stesso la nostra nazione lontana da ogni possibilità di coinvolgimento diretto nel conflitto iniziato dalla Russia quasi quattro anni fa.

Ma soprattutto, Giorgia Meloni è “adorata” da Donald Trump, col quale sta costruendo un rapporto di “nuova alleanza” con gli Stati Uniti d’America. E questo rinnovato rapporto, per certi versi ricorda – fatte le debite proporzioni storiche – il rapporto che Alcide De Gasperi seppe costruire, con F.D. Roosevelt prima e Harry Truman poi, durante e dopo la Seconda guerra mondiale. L’intesa Meloni-Trump si fonda infatti su una sintonia politica e culturale che va ben al di là dell’ordinaria diplomazia, e che si basa su dei valori conservatori condivisi e su di una convergenza nelle strategie di politica estera e sicurezza. Trump vede nella Meloni un’alleata chiave per la ricostruzione dell’influenza americana, e la Meloni, naturalmente, non può che vedere in Trump il migliore alleato che l’Italia possa desiderare.
La sfida che accomuna, in parte, i destini di Giorgia Meloni e Alcide De Gasperi, è quella di saper mantenere un difficile quanto indispensabile equilibrio tra il legame unico con l’America e il ruolo dell’Italia all’interno dell’Europa, assicurando stabilità interna e tutela degli interessi nazionali italiani.

Giorgia Meloni rappresenta insomma un caso unico nell’attuale panorama politico non solo italiano ma anche e soprattuto europeo, considerata la controtendenza del suo esecutivo: mentre l’Ue è sempre più burocratica e autoreferenziale, Giorgia Meloni avvia diverse riforme cruciali e da troppi anni “dimenticate” (magistratura, premierato, pubblica amministrazione); dove i governi europei – a partire dalle grandi potenze Francia e Germania – sembrano seriamente impegnati a battere, in peggio, i governi italiani del passato, Giorgia Meloni guida la nazione facendo lo slalom tra i feroci attacchi (spesso personali) degli avversari politici e la dimostrata ostilità di certi ambienti istituzionali; e intanto tiene insieme una maggioranza non facile, mentre cerca – per quanto possibile – di risollevare l’economia italiana dalle scelte scellerate del passato, recente e non.
E tutto questo, dopo tanti anni di scelte interne “incomprensibili” e di cocenti umiliazioni internazionali, non è poco se perfino il Financial Times e l’Economist hanno dovuto riconoscerlo.

 

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