Logo Epoch Times

Oli da cucina e ossidazione

top-article-image

Foto di Pexels via Pixabay

Condividi articolo

Tempo di lettura: 6 Min.

Per decenni gli oli vegetali sono stati presentati come un’alternativa più sana ai grassi animali saturi. Nuove evidenze, però, suggeriscono il contrario, specialmente per gli oli di semi altamente raffinati e denaturati. Composti prevalentemente da grassi monoinsaturi e polinsaturi, questi oli risultano più soggetti all’ossidazione rispetto ai grassi saturi di origine animale.
A livello molecolare, la vulnerabilità di un acido grasso all’ossidazione dipende dalla sua lunghezza e dalla presenza di doppi legami. I grassi saturi, privi di doppi legami, sono i più stabili. I monoinsaturi, con un solo doppio legame, lo sono meno, mentre i polinsaturi, con due o più doppi legami, sono i più instabili.
L’ossidazione può innescare infiammazioni e produrre composti cancerogeni, come le aldeidi, spiegano gli esperti. La stabilità ossidativa degli oli si valuta misurando il tempo necessario affinché un olio riscaldato generi composti dannosi. In laboratorio, l’olio viene portato a circa 110 gradi Celsius, attivando processi ossidativi che formano ossidanti. Questi si dissolvono in celle di conducibilità riempite d’acqua che ne modificano la conducibilità. Il test termina quando si registra un cambiamento significativo, segno di un’ossidazione rilevante. Un tempo di stabilità più lungo indica maggiore resistenza che consente all’olio di tollerare temperature elevate e riscaldamenti prolungati senza produrre quantità elevate di ossidanti.

PRINCIPALI OLI DA CUCINA, DAL MENO STABILE AL PIÙ SICURO

OLIO DI GIRASOLE E SOIA

Gli oli di girasole e soia, ricchi di acidi grassi polinsaturi (69% nel girasole, 61% nella soia), risultano particolarmente suscettibili all’ossidazione. Secondo gli esperti questi oli diventano instabili con riscaldamenti prolungati, generando rapidamente ossidanti a temperature elevate. Tecniche come l’editing genetico, la selezione varietale e la raffinazione mirano ad aumentarne la stabilità incrementando l’acido oleico, un grasso monoinsaturo più resistente. Gli oli di soia e girasole con maggiore contenuto di acido oleico mostrano infatti una migliore tenuta all’ossidazione quando riscaldati.

CANOLA

L’olio di canola, composto per circa il 60% da grassi monoinsaturi, presenta una stabilità ossidativa variabile, con un periodo di induzione — ovvero il tempo necessario affinché un olio riscaldato inizi a produrre quantità significative di ossidanti — di sei-otto ore. Tuttavia, a temperature di 180 gradi Celsius o superiori, la formazione di ossidanti può iniziare entro 60-90 minuti. Servono ulteriori ricerche per chiarire il profilo ossidativo completo della canola.

OLIVA E AVOCADO

Gli oli di oliva e avocado, con un contenuto di grassi monoinsaturi tra il 60 e l’80%, offrono buona resistenza al calore. Test di laboratorio indicano che a 110 gradi Celsius l’olio extravergine di oliva ha un periodo di induzione di circa 32 ore, mentre l’olio di avocado di circa 10 ore. A 180 gradi Celsius, però, entrambi possono ossidarsi entro 90 minuti. Gli oli extravergine di oliva e avocado non raffinati resistono meglio all’ossidazione rispetto a quelli raffinati, poiché la raffinazione rimuove antiossidanti naturali. Verificare l’autenticità di questi oli è fondamentale, poiché le frodi sono frequenti a causa dei loro prezzi elevati: l’82% dell’olio di avocado risulta adulterato o rancido. Un test per l’olio extravergine di oliva è assaggiarlo: quello autentico, grazie all’oleocantale, provoca un lieve pizzicore o tosse.

PALMA

L’olio di palma, estratto dalla polpa del frutto, contiene circa il 50% di grassi saturi e resiste bene all’ossidazione, con un punteggio di stabilità di 16 ore. L’olio di palma rosso, ricco di vitamina E e beta-carotene (precursore della vitamina A), deve la sua elevata resistenza e il colore arancione-rosso a questi antiossidanti. Il riscaldamento prolungato, però, distrugge il carotene, causando la perdita di colore.

COCCO E PALMISTO

Gli oli di cocco e palmisto, con oltre l’80% di grassi saturi, sono estremamente resistenti all’ossidazione. La loro composizione, dominata da acidi grassi a catena media, comporta però punti di fusione e di fumo inferiori rispetto ad altri grassi saturi. Un test ha mostrato che l’olio di cocco, riscaldato a 110 gradi Celsius, impiega 51 ore per produrre ossidanti significativi. La stabilità dell’olio di palmisto, simile chimicamente a quella del cocco, lo rende un valido sostituto.

SEGO, BURRO E GHEE

Il sego, grasso ottenuto da manzo o agnello, contiene oltre il 50% di grassi saturi a catena lunga. Il burro chiarificato (ghee) e il burro tradizionale superano il 70% di grassi saturi. Il sego si distingue per un’elevata stabilità, con un punteggio di 69 ore per il sego bovino. A 110 gradi Celsius, impiega 69 ore per generare ossidanti rilevanti. I dati sul burro sono scarsi, ma studi indicano che ghee e burro producono poca ossidazione nelle prime 20 ore a 110-120 gradi Celsius. Il ghee resiste meglio a temperature fino a 140 gradi Celsius. Per superare il sego in termini di conservazione, il ghee richiede temperature tra 130 e 140 gradi Celsius. In un confronto a 185 gradi Celsius per cinque ore, il sego ha generato i livelli più bassi di ossidanti perossidici rispetto a strutto, canola, soia e olio di arachidi.
Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.

Iscriviti alla nostra newsletter - The Epoch Times