I grassi saturi sono davvero nemici del cuore?

Foto: Felicity Tai, pexels.com
Per oltre mezzo secolo, le autorità sanitarie di tutto il mondo hanno raccomandato di limitare al minimo l’assunzione di grassi saturi per prevenire le malattie cardiache. Negli ultimi anni, però, un numero crescente di scienziati ha contestato questa indicazione, sostenendo che i grassi saturi non sono così dannosi e che le restrizioni al loro consumo devono essere meno rigide.
Le due posizioni si basano su studi diversi, portando a conclusioni opposte sugli effetti dei grassi saturi sulla salute. Le attuali linee guida alimentari si fondano sull’ipotesi “dieta-cuore”, secondo cui i grassi saturi sono i principali responsabili delle malattie cardiovascolari. Questa teoria afferma che il consumo di cibi ricchi di grassi saturi aumenti il colesterolo Ldl, noto come “colesterolo cattivo”, che si accumula nei vasi sanguigni formando placche aterosclerotiche, le quali restringono il flusso sanguigno e causano patologie coronariche. Tuttavia, sia il legame tra colesterolo Ldl e malattie cardiache sia il ruolo dei grassi saturi in queste patologie sono stati messi in discussione.
Le Linee guida alimentari americane ed europee consigliano di limitare i grassi saturi al 10% o meno delle calorie giornaliere, mentre l’American Heart Association raccomanda un tetto del 5-6%.
EVIDENZE A FAVORE DELLA LIMITAZIONE DEI GRASSI SATURI
La tesi a favore della riduzione dei grassi saturi si basa su studi che dimostrano come la loro sostituzione con grassi insaturi riduca il rischio di eventi cardiovascolari, senza però migliorare significativamente la mortalità complessiva. Le ricerche principali risalgono agli anni ’60 e ’70, e costituiscono la base per le restrizioni sui grassi saturi.
Uno studio condotto negli anni ’60 dall’Amministrazione dei veterani di Los Angeles ha coinvolto oltre 800 uomini sopra i 55 anni. Metà dei partecipanti ha sostituito due terzi dei grassi animali con olio vegetale, mentre l’altra metà ha mantenuto la dieta abituale. Dopo sei anni, il primo gruppo ha registrato un calo del 13% del colesterolo Ldl, con 48 decessi per malattie cardiache contro i 70 del gruppo di controllo. Ma la mortalità complessiva è risultata simile e il gruppo con olio vegetale ha mostrato un aumento dei casi di cancro.
Un altro studio, l’Anti-Coronary Club degli anni ’50, ha chiesto al gruppo sperimentale di ridurre i grassi animali, aumentare il consumo di pesce e pollame, assumere olio di mais e cucinare con grassi polinsaturi. I partecipanti hanno mostrato una riduzione del colesterolo e un miglioramento dell’ipertensione, ma il numero di decessi è stato più alto rispetto al gruppo di controllo.
Gli studi di intervento degli anni ’60 e ’70 indicavano un lieve beneficio, ma non statisticamente significativo. Evidenze più robuste provengono da studi di coorte su grandi popolazioni. Una ricerca del 2015 su oltre 120 mila persone ha rilevato che la sostituzione del 5% dei grassi saturi con grassi polinsaturi e cereali integrali riduceva gli eventi cardiovascolari. Uno studio del 2014, pubblicato su Circulation, ha seguito oltre 2.700 individui, associando alti livelli di acido linoleico, un omega-6, a un minor rischio cardiovascolare. È tuttavia giusto sottolineare che gli studi di coorte, non controllando fattori come le scelte alimentari, non dimostrano causalità e possono essere influenzati da bias dovuti a perdite di follow-up.
ARGOMENTI CONTRO IL LEGAME TRA GRASSI SATURI E MALATTIE CARDIACHE
Chi contesta le raccomandazioni di ridurre i grassi saturi sottolinea la scarsità di prove solide a supporto di queste misure. Grandi studi randomizzati controllati dimostrano che la riduzione o la sostituzione dei grassi saturi con polinsaturi non ha effetti significativi o può addirittura essere dannosa. Tra questi, il Women’s Health Initiative Dietary Modification Trial degli anni ’90, che ha coinvolto quasi 49 mila donne in post-menopausa, ha mostrato che ridurre i grassi saturi a meno del 10% non influiva su malattie cardiache o perdita di peso. Il Sydney Diet Heart Study (1966-1973), su 458 uomini con precedenti attacchi cardiaci, ha sostituito i grassi saturi con olio di soia, riducendo il colesterolo Ldl ma aumentando il rischio di morte di oltre il 60% e di malattie cardiache del 70%. Risultati simili sono emersi dal Minnesota Coronary Survey su 9 mila persone: calo del colesterolo Ldl ma aumento di decessi ed eventi cardiaci.
Una revisione del 2020, pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology, ha concluso che alimenti ricchi di grassi saturi come latticini integrali, carne non processata e cioccolato fondente non sono associati a un aumento del rischio cardiovascolare. Le evidenze disponibili non giustificano ulteriori limitazioni di questi alimenti. I benefici attribuiti alla sostituzione dei grassi saturi con polinsaturi potrebbero derivare dagli effetti positivi di questi ultimi, non da un impatto negativo dei grassi saturi. L’effetto dei grassi saturi sul colesterolo Ldl è considerato limitato. La Cochrane Review del 2020, analizzando 15 studi randomizzati, ha rilevato una riduzione del 17% del rischio cardiovascolare con la sostituzione dei grassi saturi, senza però effetti sulla mortalità complessiva. Uno studio del 2021 ha evidenziato che questi interventi non riducono né la mortalità totale né gli attacchi cardiaci.
NON TUTTI I GRASSI SATURI SONO EQUIVALENTI
Non tutti gli acidi grassi saturi hanno lo stesso impatto, e l’attenzione dovrebbe concentrarsi sulle fonti piuttosto che sul consumo totale. L’acido laurico, presente nel cocco, aumenta significativamente il colesterolo Ldl, ma l’olio di cocco non raffinato sembra avere effetti cardioprotettivi. Il burro, ricco di acido palmitico, alza il colesterolo Ldl, ma una meta-analisi ne evidenzia un ruolo protettivo. I latticini, che contengono circa il 70% di grassi saturi, sono associati a effetti benefici per il cuore, grazie ai grassi saturi a catena corta. La carne bovina, spesso ritenuta ricca di grassi saturi, ha un effetto neutro, con il 50-60% dei suoi grassi composto da monoinsaturi e polinsaturi.
Contrariamente a quanto si pensa, la principale fonte di grassi saturi non sarebbero gli alimenti di origine animale, ma quelli processati. Le Linee guida alimentari Usa 2020-2025 indicano che il 42% dei grassi saturi consumati dagli americani sopra l’anno di età proviene da alimenti processati, contro il 27% da latte, carne e pollame. I grassi saturi, aggiunti per migliorare conservazione e consistenza, si combinano spesso con zuccheri: una combinazione particolarmente dannosa. Gli zuccheri ossidano il colesterolo Ldl — formando particelle piccole e dense che favoriscono l’aterosclerosi — e aumentano i trigliceridi nei vasi sanguigni, entrambi fattori di rischio cardiovascolare. Infine, la ricerca suggerisce che il colesterolo Ldl potrebbe non essere il miglior indicatore di rischio cardiovascolare.
Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.
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