Yutong e i bus incidentati

Un tamponamento, una tragedia e infine un incidente. Sono gli avvenimenti che ruotano intorno ai bus elettrici cinesi Yutong E-12.

Ma il noto incidente del 3 ottobre che ha visto il decesso di 21 persone – compreso il conducente – e 15 feriti, ha attirato l’attenzione anche per via della sua dinamica.

Quanto desta sospetti è stata l’ipotetica assenza di frenata, che solitamente in questi veicoli di ultima generazione è anche assistita. In effetti, potrebbe essere addirittura questa tecnologia, della frenata graduale, ad aver favorito un possibile malfunzionamento e blocco dei freni.

Il bus – come indicano i dati del Gps – negli ultimi momenti prima di precipitare dal cavalcavia, procedeva ad una velocità di 36 km/h e poi di 6 km/h.

Le perizie indicano che l’autista ha tentato una manovra disperata – i segni sullo sterzo e le mani – per rallentare un veicolo che ‘non voleva’ (tentando, a quanto pare, un appoggio sul guardrail, per decelerare e/o fermare il veicolo). Questo si evince anche dagli accertamenti sui freni, i quali non hanno riportato alcun segno, oltre alla mancanza di frenate sull’asfalto.

Ma, secondo l’amministratore delegato di La linea, società che ha acquistato il bus, da quanto ha notato nel video di sorveglianza di una videocamera fissa sul cavalcavia, le luci dei freni si accendono. Poi rallenta appoggiandosi al guardrail, per poi ribaltarsi e precipitare. Il bus, commenta, era già apparso nel filmato ad una velocità inferiore ai 50 km/h prima della possibile frenata.

Da tenere presente che le luci dello stop possono anche accendersi, ma il sistema frenante potrebbe ugualmente sperimentare (anche momentanei) malfunzionamenti.

In aggiunta, il baricentro in queste vetture è più alto: anche se si è appoggiato, probabilmente ciò ha anche scatenato un impatto che lo ha fatto oscillare, continuando questo movimento grazie anche ai pacchi batterie posti sul tetto dell’E-12, un peso aggiunto. Oltre a considerare la sua altezza (di oltre 3 metri).

I guardrail, inoltre, se in condizioni precarie, possono aver difficoltà nell’arginare, con conseguente apertura. E attualmente vi sono circa 600 mila chilometri di strade italiane con guardrail che presentano standard di sicurezza ormai superati.

Ma, anche se queste barriere fossero aggiornate, un bus elettrico – data la sua altezza e soprattutto il peso – non è trattenuto in modo adeguato da queste ultime.

Un altro video registrato all’interno della vettura – derivante dalla ‘scatola nera’ del veicolo – non mostra immagini nitide. Tuttavia, sia la linea Spa che la Yutong possono accedere alle stesse, salvate nel ‘cloud’, in qualsiasi momento. La Procura ha fatto richiesta di consultazione, mentre le due società – compresi tecnici cinesi – già vi hanno fatto accesso.

In queste scatole nere – anche presenti nella ‘nuvola’ – vi sono tutte le informazioni riguardanti il bus, registrate dall’istante in cui è azionato. Se vi fossero anomalie, queste dovrebbero anche essere riportate.

Quanto ha favorito al disastro è stato anche lo stesso guardrail – il quale anni addietro era stato già segnalato come fuori norma – che versava in condizioni di degrado.

Il veicolo elettrico poteva stare scivolando; le ruote si erano ormai bloccate. Oppure il sistema di frenata non funzionava. E poi la collisione. Fino a quando un tratto del guardrail – già in condizioni precarie – presentava un’apertura. Altra componente nel successivo ‘volo’ del mezzo. Che dopo essere precipitato ha preso fuoco. L’incendio è stato innescato dal danneggiamento delle batterie.

E a complicare la situazione vi è il motore, i cui incendi negli e-bus sono più ardui da spegnere.

Tra i superstiti di questa disgrazia Alexander Lomakyn, 38-39 anni che racconta a Repubblica i momenti che ha vissuto allora. Aveva sentito uno scoppio. In seguito si è visto attorno le vittime in diverse condizioni: chi aveva perso la vita, altri che sono rimasti feriti; lui si è coperto la testa tra le mani, provando a proteggersi.

Uno scoppio, da notare, non si sente quando un bus si appoggia sulla barriera, se è stato causato da questo. L’idea che ci sia stato uno scoppio potrebbe essere derivante dalla percezione personale, o da come sono stati trasmessi e riportati i racconti. Ma è anche risaputo che in questi veicoli possono avvenire dei cortocircuiti alle batterie, provocando la successiva esplosione delle stesse, generata anche dal surriscaldamento creatosi per effetto chimico. Per questo è consuetudine applicare dei rivestimenti idonei, in questi tipi di vetture, che agevolano il contenimento di eventuali surriscaldamenti delle batterie, che tra l’altro possono innescare anche una fuoriuscita di gas, altra componente che insieme ad un cortocircuito può contribuire all’esplosione dei pacchi batteria. In questi e-bus di solito sono anche presenti sistemi anti-incendio, proprio perché la considerano, tra le altre, una variabile importante per la sicurezza.

Prima dell’incidente del 3 ottobre, diversi conducenti hanno segnalato malfunzionamenti al sistema dei freni; non si riusciva a controllare in modo fluido il veicolo.

Un autista – coinvolto in un tamponamento del 16 giugno, contro un tir – con contratto a tempo determinato e poi non rinnovato, ha dichiarato di aver osservato un’accelerazione, quando invece si doveva decelerare, con la frenata assistita del mezzo, e poi frenare; una versione che non è stata accertata e le perizie assicurative non avrebbero rilevato alcuna disfunzione ai freni. 

Questo incidente, avvenuto sulla strada statale Romea (che collega Mestre e Ravenna), è stato portato alla luce dai media dopo questi ultimi avvenimenti.

Dopo il 3 ottobre, un altro incidente del 14 ottobre, che ha visto un tamponamento, è stato raccontato dal conducente e attribuito a un malore.

Tuttavia, questo non spiega l’incidente stesso, avvenuto in modo simile agli altri. Il veicolo avrebbe dovuto frenare. Dato che questi bus sono dotati di sistemi anti-tamponamento.

Infatti il mezzo si è schiantato contro un edificio – 15 i feriti, compreso il conducente – cambiando corsia; manovra che può indicare una frenata di fortuna.

Le tratte con questo bus – Yutong – sono state momentaneamente sospese.

Altri particolari da considerare riguardano la formazione degli autisti, iniziata solamente dopo la tragedia di Mestre. Inoltre le istruzioni d’uso dei bus (elettrici) sono in lingua cinese.

Il modello E-12 – Yutong – ha una capienza di 87 posti. Sia da seduti (33 posti), sia in piedi; più uno per persone in sedia a rotelle. Ha un’autonomia pari a 400 km. Un’altezza di 3,30 metri (2,40 metri all’interno) e una lunghezza di 12,17. Il bus è dotato di un sistema anticollisione automatico. Le batterie hanno una potenza di 422,87 kWh del tipo Lfp (litio – ferro – fosfato), si trovano sul tetto della vettura e nella parte posteriore (posizioni scelte, sembra, anche per questioni di sicurezza), sono raffreddate a liquido. In Europa le batterie necessitano di un’idonea omologazione, per la successiva vendita dei mezzi. Secondo la Yutong queste (batterie) sono omologate secondo gli standard di sicurezza europei Eu Ece R100.

Il bus consuma meno di un kilowatt per chilometro e può essere ricaricato in tre ore e mezzo.

L’azienda costruttrice – Yutong – monitora i bus da remoto, anche per la diagnostica relativa alla manutenzione. In aggiunta, vi sono sia telecamere esterne che interne al bus.

Tre anni fa la Yutong era stata ‘cacciata’ da un appalto, per la città di Torino. Infatti il Gruppo torinese trasporti (Gtt) aveva riscontrato delle incoerenze. E quel contratto da 53,6 milioni di euro (inclusi ricambi e manutenzioni) e 100 bus (ogni bus costa circa mezzo milione di euro) è stato annullato.

Sembra, per motivi burocratici più che tecnici. Come anche ha riferito l’assessore a Viabilità e Trasporti della giunta Appendino di allora. La direzione Gtt ha comunicato che Yutong era stata espulsa dalla gara di appalto poiché i presupposti giuridici dell’azienda ausiliaria italiana non presentava le caratteristiche sia giuridiche sia amministrative. Questa, la Ares Automotive, doveva fare da intermediaria nella gara di appalto.

Tra gli elementi che hanno fatto riflettere la commissione vi era una proposta di Ares: montare i veicoli nel viaggio (in nave) dalla Cina all’Italia. Questa decisione era intesa a ridurre le spese. Ma Gtt non ha gradito, proseguendo con il secondo (solo due hanno partecipato) concorrente: Byd – altra azienda cinese.

In seguito la Yutong ha cambiato la società ausiliaria, rendendola in grado di gareggiare per l’appalto.

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