La Commissione per gli affari esteri del parlamento britannico, in un recente comunicato ha criticato con forza le azioni della Gran Bretagna stessa nella guerra civile libica. La Libia è caduta nel caos nel 2011, dopo la campagna aerea guidata dalla Nato che ha rovesciato il despota Muammar Gheddafi. Attualmente ci sono tre governi che si contendono il potere, e le rispettive fazioni armate sono in guerra.
Il comunicato della Commissione indica che prima di intervenire, i ribelli erano composti da una parte significativa di elementi islamisti, e che la minaccia dell’imminente massacro dei civili di Benghazi era stata ingigantita: «Se l’obiettivo primario della coalizione di intervento era l’urgente bisogno di proteggere i civili a Bengasi […] tale obiettivo era stato raggiunto in meno di 24 ore. Malgrado la retorica, l’affermazione che Gheddafi avrebbe ordinato il massacro dei civili di Bengasi non era supportata dai fatti di cui si era a conoscenza».
Il comunicato inoltre critica il governo Cameron per aver mancato di formulare una strategia coerente in Libia e per l’instabilità successiva all’intervento che ha creato spazio alle azioni di gruppi come l’Isis.
Secondo Amanda Kadlec, un’analista della Rand [un think tank statunitense, ndt], probabilmente la ferita fresca dell’Iraq ha trattenuto gli Stati Uniti dall’impegnarsi in un intervento a lungo termine in Libia, che sarebbe stato necessario per evitare la situazione corrente: «Non penso che il problema sia stato l’intervento in sé stesso, sebbene sia stato in parte sconsiderato, ma non ha causato, in sé, l’attuale crisi. A causare la crisi è stata la mancanza di attenzione da parte dei poteri occidentali nel periodo successivo all’intervento».
Secondo la Kadlec, proprio come è stato per l’Iraq, i politici hanno scarsa conoscenza della complessità della storia libica e delle sue divisioni tribali.
L’ECONOMIA DELLA LIBIA
Prima dell’attuale disastro, la Libia era una delle maggiori economie dell’Africa. Nel 2010, nota il report, il Pil della nazione si aggirava intorno ai 66,8 miliardi di euro con uno stipendio medio annuale pro capite di circa 10 mila 900 euro: allo stesso livello di alcuni Paesi europei.
Il rapporto sullo sviluppo umano delle Nazioni Unite del 2010 posizionava la Libia nel ranking come cinquantatreesima nazione del mondo per lo sviluppo umano e come più avanzato Paese africano.
Ma la Libia, una volta promessa economica, dopo la destituzione di Gaddafi ha subito un drammatico crollo: il Pil è sceso a 36 miliardi e 500 milioni di euro nel 2014, l’inflazione è salita al 9,2 percento e il suo piazzamento nel ranking dell’indice di sviluppo umano delle Nazioni unite è crollato al novantaquattresimo posto nel 2015.
Nel 2016, l’Ufficio per la coordinazione degli affari umanitari delle Nazioni Unite ha stimato che 2 milioni e 400 mila persone su 6 milioni e 300 mila di popolazione totale richiedono protezione e assistenza umanitaria.
Ma, sebbene il report abbia assestato un duro colpo ai sostenitori dell’uso della forza militare per prevenire le violenze sui civili, molti libici hanno espresso la loro gratitudine per l’intervento. Rema Abdulaziz, in un articolo scrive infatti: «Se si conoscono i fatti della guerra civile in Libia, si può comprendere perché desideravamo che gli attacchi aerei avvenissero presto».
Abdullaziz inoltre rifiuta le insinuazioni sul fatto che l’intervento sia un pretesto colonialistico o imperialistico occidentale: «Ogni situazione è differente, e Muammar Gaddafi era un maniaco genocida. Le esecuzioni pubbliche e le ‘sparizioni’ erano all’ordine del giorno sotto la sua dittatura; le esecuzioni venivano persino trasmesse durante i programmi televisivi per i bambini».
AUTORITÁ IN COMPETIZIONE
Il governo libico è diviso fra due fazioni rivali: il Congresso generale nazionale con sede a Tripoli, la capitale, e la Camera dei rappresentanti a Tobruk. Né il Congresso né la Camera hanno alcun potere come corpi legislativi ormai.
Il Consiglio nazionale di transizione, il quale ha guidato l’opposizione a Gaddafi, ha trasferito il proprio potere al Congresso generale nazionale eletto democraticamente. Il Congresso non era abilitato a imporre il potere dello Stato per tutta la Libia e, nel 2014, il Paese è caduto in violenti scontri fra diverse fazioni armate.
Nel 2014 sono state effettuate le elezioni parlamentari per la Camera dei rappresentanti, assemblea erede del Congresso dissolto a causa della pressione pubblica. Ma nel momeneto in cui si sono intensificati gli scontri a Tripoli, la Camera ha istituito il proprio governo a Tobruk, nella parte est del Paese. Ma dopo averesaminato la legittimazione della Camera alcuni membri hanno ristabilito il ‘defunto’ Congresso nel tentativo di agire come un corpo legislativo rivale nella capitale.
Nel 2015, le Nazioni Unite hanno mediato un accordo di condivisione di potere fra i due schieramenti, con lo scopo di formare un Governo di unità nazionale. Questo governo è approdato a Tripoli a marzo 2016 e ha preso il controllo di alcuni ministeri. Tuttavia, né l’ex Congresso nazionale generale né la Camera dei rappresentanti hanno pienamente accettato la sua autorità.
Nessuno dei governi è in grado di esercitare il pieno controllo sul territorio libico sul quale le cellule armate locali continuano a esercitare una maggiore influenza.
Tutto questo ha generato un vero problema per la sicurezza poiché i ribelli armati hanno preso definitivamente il comando. Ci sono circa mille e 700 gruppi armati attualmente attivi.
LA CADUTA DELLA LIBIA E LA CRESCITA DELL’ISIS
L’intervento in Libia è stato un momento in cui i poteri liberali occidentali hanno esercitato quella che viene chiamata la ‘responsabilità di difendere le regole’. Questa ideologia, sostenuta dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, promuove l’uso della forza militare per prevenire i massacri contro i civili.
Ma la caduta della Libia ha finito per contribuire alla crescita dell’Isis: i libici hanno incominciato a spostarsi in Siria per unirsi ai ranghi dello Stato islamico e combattere il regime siriano di Bashar al-Assad. Un gruppo di libici ha formato la Brigata Battar in Siria e ha giurato fedeltà all’Isis e nel 2014, molti combattenti di questa brigata hanno fatto ritorno in Libia e hanno stabilito una base nella parte est del Paese.
L’Isis ha iniziato a consolidare la propria presenza a Sirte, la città natale di Moammar Gaddafi. Questo gruppo terroristico ha stabilito nella città un rigido sistema di governo, che include esecuzioni pubbliche allo scopo di instillare la paura nella popolazione.
In risposta alla crescente minaccia dell’Isis e di altri gruppi di militanti islamici, che costituiscono una fonte di pericolo per il Paese e per l’Occidente, gli Stati Uniti hanno intensificato gli attacchi aerei a agosto. Inoltre, è stato stimato che nel Paese operino dai 4 ai 6 mila combattenti stranieri.
L’assenza di controlli ai confini della Libia e i conflitti nella regione hanno facilitato inoltre la migrazione di rifugiati richiedenti asilo nell’Unione Europea. Ci sono quasi 37 mila richiedenti asilo e rifugiati registrati in Libia. Inoltre, a giugno 2015, gli sfollati nel Paese superavano le 434 mila persone.
Secondo un comunicato dell’Organizzazione internazionale per la migrazione, solo nel mese di settembre 2015 sono fuggite dalla Libia mezzo milione di persone via mare, alla volta dell’Europa.
Articolo in inglese: Libya Falls Toward Failed State as Rival Governments and Militias Compete for Power
Traduzione di Davide Fornasiero